Sono ore di fibrillazione per un comparto, quello dei dispositivi medici, che genera un mercato da quasi 19 miliardi di euro (export inclusi), forte di 4.648 aziende in Italia che occupano 130.520 dipendenti.
“È urgente che nella prossima Legge di Bilancio venga eliminato in via definitiva il payback relativo agli anni 2019-2024 e per il futuro”. A chiederlo è Fabio Faltoni, presidente di Confindustria dispositivi medici, alla vigilia della scadenza dei pagamenti del payback 2015-2019 stabilita dal decreto Economia 95/2025.
Parliamo di una ‘tagliola’ da circa 520 milioni di euro a carico delle imprese del settore. “Nonostante l’avvio delle procedure da parte di alcune Regioni, la pubblicazione dei provvedimenti avviene con criteri non uniformi e senza lo scorporo dell’Iva, elementi – riflette Faltoni – che generano incertezza e mettono le aziende nell’impossibilità di calcolare con precisione le risorse effettivamente dovute. In particolare, le piccole e medie imprese, pur formalmente coperte dal fondo di garanzia, sono costrette a esporsi finanziariamente in un contesto già reso instabile dai dazi statunitensi e da uno scenario macroeconomico che non favorisce né programmazione né investimenti futuri”.
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L’Associazione delle imprese chiama in causa il Governo. “Auspichiamo che, una volta superata questa tranche di pagamenti, venga convocato il tavolo di lavoro sulla governance del settore, istituito presso il ministero dell’Economia e delle Finanze. È necessario discutere misure concrete, a partire dalla revisione e dall’attualizzazione dei tetti di spesa, fino a un nuovo modello di Governance dei dispositivi medici, che sappia promuovere innovazione, sostenibilità e una programmazione più coerente con i bisogni reali del Servizio Sanitario Nazionale, senza scaricare sui fornitori oneri insostenibili”, conclude il numero uno di Confindustria Dispositivi Medici.
Il monito di Confimi Industria Sanità
Anche Massimo Pulin, presidente di Confimi Industria Sanità, lancia un appello alle istituzioni: “Le banche non concedono prestiti in tempi utili: le aziende che entro domani devono versare alle Regioni le quote payback 2015-2018 non hanno liquidità immediata: rischiamo il collasso”.
“Mentre Veneto ed Emilia Romagna, all’indomani dell’entrata in vigore della legge hanno mandato subito una richiesta di pagamento aggiornata dalla nuova normativa che prevede uno sconto del 25%, la maggior parte delle Regioni lo ha fatto a inizio settembre; poche altre hanno delegato alle pmi il calcolo della quota”, precisa Pulin.
Questi ritardi hanno costretto parte della filiera a rivolgersi solo nell’ultima settimana agli istituti di credito per riuscire a coprire l’importo richiesto, scontrandosi con i tempi della burocrazia. “È urgente che il Mef, come promesso durante i tavoli sul payback, attivi subito una comunicazione all’Abi perché raccomandi di sveltire le procedure di finanziamento”, conclude Pulin, che aggiunge: “Chiediamo alle Regioni che sia valutata come una manifestazione di pagamento la comunicazione delle pmi alle Regioni dell’attesa del mutuo, così come già ipotizzato durante l’ultima riunione di venerdì scorso con l’Emilia Romagna”.
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