In arrivo un piano da 50mila euro per studenti universitari, una misura per contrastare l’emigrazione studentesca
Il governo regionale della Sicilia ha approvato un ambizioso programma di incentivi economici fino a 50.000 euro destinato agli studenti universitari. La misura nasce dall’urgenza di frenare la fuga di capitale umano e rafforzare l’attrattività degli atenei siciliani. L’iniziativa si rivolge in particolare alle famiglie con un ISEE inferiore ai 20.000 euro, prevedendo borse di studio, alloggi gratuiti e agevolazioni sui servizi universitari.
Il piano prevede borse di studio fino a 20.000 euro per studenti meritevoli, contributi per l’alloggio, sgravi sulle tasse universitarie e servizi di sostegno psicologico e didattico. Questi strumenti, finanziati da fondi regionali e cofinanziamenti statali, si inseriscono nella Missione 4 del PNRR, dedicata a istruzione e ricerca, con particolare attenzione all’inclusione sociale e territoriale. L’obiettivo dichiarato è duplice: ridurre il tasso di abbandono, che supera il 30% nei primi due anni, e incentivare l’iscrizione presso gli atenei locali.
Nonostante l’entità degli incentivi, il problema strutturale del Mezzogiorno resta la scarsa occupabilità post-laurea. Ogni anno oltre 30.000 laureati lasciano il Sud Italia, e più del 70% non fa ritorno, secondo il Rapporto Svimez 2024. In assenza di opportunità professionali concrete, gli incentivi rischiano di ritardare, ma non fermare, l’esodo di giovani talenti verso il Centro-Nord o l’estero.
Le discipline STEM e socio-umanistiche registrano i livelli più alti di migrazione post-laurea. Nel settore scolastico, per esempio, più dell’80% degli insegnanti assunti al Nord proviene dal Sud. Questa dinamica dimostra come l’investimento nella formazione universitaria rischi di avvantaggiare altri territori, a scapito di quello di origine, se non si interviene anche con politiche mirate al lavoro.
Il rischio della competizione territoriale
Un ulteriore effetto collaterale potrebbe riguardare la competizione intra-meridionale. L’attrattività del piano siciliano rischia di drenare iscritti da regioni confinanti come Calabria e Basilicata, accentuando squilibri territoriali senza generare benefici strutturali per il Sud nel suo complesso. Inoltre, il limite ISEE fissato a 20.000 euro, pur mirando a tutelare le fasce più fragili, potrebbe escludere una parte della classe media che affronta comunque difficoltà significative.
L’iniziativa si intreccia con i principi sanciti dalla Costituzione italiana, in particolare gli articoli 3 e 34, che garantiscono uguaglianza sostanziale e diritto all’istruzione. La sfida sarà garantire che le misure non si trasformino in strumenti disomogenei, accessibili solo a una parte della popolazione, ma diventino un reale motore di inclusione sociale e territoriale.
La necessità di incentivi post-laurea
Perché il piano possa produrre effetti duraturi, è indispensabile affiancare agli incentivi allo studio misure concrete per l’inserimento lavorativo. Collaborazioni tra università e imprese locali, agevolazioni fiscali per chi assume giovani laureati e bandi regionali per borse di ricerca rappresentano strumenti chiave per trasformare il percorso accademico in opportunità di crescita sul territorio. L’esempio della Regione Emilia-Romagna, che ha introdotto incentivi per l’assunzione di under 35 in settori innovativi, dimostra la fattibilità di questo approccio.
Il piano siciliano rappresenta una svolta importante nella politica universitaria regionale e offre un sostegno concreto a migliaia di famiglie. Tuttavia, senza un intervento parallelo sul fronte occupazionale, rischia di tradursi in un rinvio dell’esodo giovanile. La sfida per la Sicilia è trasformare l’investimento nell’istruzione in un volano di sviluppo economico e sociale, in grado di trattenere sul territorio le competenze formate.
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