“Per difendere Università e Scuole dall’invasione dell’industria bellica”


LA CONOSCENZA NON MARCIA. Per difendere Università e Scuole dall’invasione dell’industria bellica, dalla logica militare, dalla collaborazione con il genocidio del popolo palestinese.

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PREMESSA

Assistiamo a una crescente invasione del settore dell’istruzione e della ricerca da parte della filiera militare industriale e del suo dispiegamento ideologico. Il processo di militarizzazione dei luoghi del sapere sembra procedere secondo tre direzioni. In primo luogo verso la costruzione della cosiddetta “cultura della difesa” con la finalità ideologica di far apparire la guerra possibile e la sua preparazione necessaria anche e soprattutto alle giovani generazioni.

Il secondo obiettivo è quello del reclutamento, attraverso PCTO, e le iniziative di orientamento e di tirocinio universitari. Infine, attraverso la presenza dell’industria militare, si potenzia la realizzazione dell’obiettivo neoliberista di una formazione subordinata all’interesse dell’impresa. Progetti in corso, come quello dell’applicazione alla formazione tecnica e professionale della riduzione del percorso di studio a 4+2 (due di ITS) consentendo una completa compartecipazione alla costruzione dei curricula e all’insegnamento di Ministero e imprese private, vedono una partecipazione importante di imprese del comparto militare-industrale. In primis, ovviamente della Leonardo, con le sue Fondazioni[1]

La necessità da parte delle classi dirigenti della militarizzazione dei luoghi della formazione è ora rafforzata dalla svolta bellicista impressa dal programma Rearm Europe. La relazione ‘Preparedness Union Strategy: reinforcing Europe’s resilience in a changing world’ del marzo 2025 richiede ‘preparedness’ (Ndr. essere preparati di fronte alla guerra) nei programmi d’istruzione scolastica e nell’aggiornamento del personale educativo[2].

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Riteniamo necessario contrastare tale dinamica, le cui pericolose implicazioni sono emerse durante i due anni della fase attuale del genocidio della popolazione palestinese. I rischi per l’umanità rappresentati dalla commistione tra istruzione ed industria bellica sono esemplari nel caso israeliano, ma rappresentano un pericolo concreto anche alle nostre latitudini: la sempre più rapida militarizzazione della scuola e della società nel nostro Paese (e negli altri Paesi europei e non) può essere interpretata come una israelizzazione dei nostri territori, un’importazione del modello di società israeliana, militarizzata fin nei suoi più profondi gangli, che coinvolge in particolare il mondo dell’infanzia e della scuola, come denuncia il film Innocence.

Dunque il tema del riarmo e della militarizzazione è fortemente connesso a quello dell’occupazione e del genocidio palestinese, e questa lettura apre a molteplici approfondimenti, tra cui la colonizzazione/riconfigurazione militare dei territori (spaziocidio), la violenza simbolica usata per controllare e piegare le soggettività non conformi (Innocence), la violenza epistemica che annienta le memorie e i saperi.

Per questa ragione la campagna “la conoscenza non marcia” si propone di intervenire direttamente nel rapporto strutturale che lega il progetto sionista (in cui l’istruzione ha un ruolo importante[3]), la militarizzazione della società e l’istruzione pubblica. Il definanziamento dell’Università italiana, connesso alla ripetuta introduzione di nuove forme contrattuali di precariato della ricerca e della docenza, spinge a rendere prassi normale il reperimento di risorse presso agenzie private e pubbliche che hanno come proprio core business l’intelligence e l’industria bellica.

A titolo esemplificativo, possono essere citati i seguenti casi: Elbit Systems è una delle aziende più importanti per la fornitura di tecnologia militare dell’esercito israeliano (compresi i materiali utilizzati nei più recenti attacchi a Gaza), ed è stata coinvolta in numerosi progetti finanziati dall’UE (nell’ambito del programma Horizon 2020, in particolare). Allo stesso modo, la Israeli Aerospace Industries (IAI), un importante produttore israeliano di proprietà statale nel settore della difesa e aerospaziale, è coinvolta in numerosi progetti nel programma Horizon Europe attualmente in corso .

Molte università israeliane, come l’Istituto israeliano di tecnologia (Technion), hanno da tempo contribuito all’istituzionalizzazione dell’apartheid, all’occupazione dei territori e alla sistematica discriminazione nei confronti dei palestinesi, esercitando un ruolo crescente nella repressione del dissenso attraverso tecnologie via via più sofisticate. Inoltre, le università europee spesso stipulano contratti con aziende tecnologiche come HP, anch’essa indicata come fornitore di tecnologie per il controllo sulla popolazione palestinese.

Alcune università, come ad esempio la Ariel University, operano direttamente nello scenario coloniale agendo direttamente come agenti dell’oppressione e dell’espulsione del popolo palestinese, essendo collocati su territori occupati illegalmente in Cisgiordania.

Poiché sappiamo che la progettualità e la ricerca dual use sono estremamente problematiche, date le difficoltà di stabilire se un prodotto scientifico sia o meno indirizzato per scopi militari, nei suoi diversi utilizzi, il principio di precauzionalità deve guidare sempre l’operato dell’università pubblica di fronte all’offerta di partnership con le istituzioni di quei Paesi che implementano sistematicamente politiche e pratiche coloniali (apartheid, occupazione militare, restrizione di movimenti e libertà, espropriazione illegale di terre, discriminazione) e genocidiarie.

Tali tipi di accordi, inoltre, trasformano la ricerca scientifica, svolta in strutture pubbliche, in un mandato a favore di ristretti gruppi economici e sociali – e dei loro interessi geopolitici – che hanno il settore militare come proprio campo privilegiato di investimento e accumulazione.

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L’esempio più classico è quello di Leonardo Spa, ex Finmeccanica, il cui rapporto con lo Stato di Israele si dispiega sia nella fornitura di armamenti che nella strutturale presenza di propri stabilimenti e dipendenti su territorio israeliano[4].

In questo quadro, ci interessa sottolineare anche il ruolo di primo piano delle università Israeliane: da un lato, nell’utilizzazione di saperi di ambito umanistico e sociale (archeologia, storia, scienze sociali) utilizzati nella produzione di una narrazione unica e deformata del passato, volta a legittimare l’occupazione dei territori a danno della popolazione palestinese[5]:); dall’altro, nel supporto all’industria bellica, che nel suo operato più recente ha sistematicamente cancellato la memoria di quei territori attraverso la distruzione di siti e musei[6].

Va ricordato inoltre che numerose università israeliane hanno stabilito programmi con aziende leader nel settore militare (Iai, Rafael, Elbit) che progettano gli F-16, i carri armati Merkava, gli elicotteri apache usati in tutte le recenti campagne militari contro la striscia di Gaza (2008-2009, 2012, 2014, 2021), puntualmente sanzionate come “crimini di guerra” dal consiglio dell’ONU per i diritti umani. Queste aziende sanciscono il rapporto con l’accademia mediante l’elargizione di borse di studio e ingenti investimenti per la ricerca.

Il BDS – Movimento di Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni – denuncia le complicità delle università israeliane non solo nella costruzione di infrastrutture e nella colonizzazione israeliana del territorio palestinese[4], ma anche nella creazione di un’ideologia pervasiva razzista che contribuisce alla sottomissione del popolo palestinese e sostiene i crimini commessi dall’esercito israeliano.

Dall’analisi che il BDS ha condotto sulla relazione che unisce l’accademia e le forze militari israeliane emerge una commistione che si verifica a più livelli.

Gli esempi sono tanti: la Bar Ilan University collabora a stretto contatto con lo Shin Bet, i famigerati servizi di sicurezza interna israeliani. La Ben Gurion University ospita l’Homeland Security Institute, le cui partnership includono le principali aziende produttrici di armi e il Ministero della Difesa israeliano.

L’esercito sta costruendo un campus tecnologico accanto al campus della BGU, ma anche alla Hebrew University of Jerusalem è presente una base militare (costruita in parte su territorio palestinsese occupato). Quest’ultima supporta economicamente gli studenti-soldato coinvolti nel genocidio, così come lo Weizmann Institute of Science che, inoltre, offre un master per i militari e ha aperto un’accademia pre-militare per gli studenti dell’ultimo anno delle scuole superiori. Questo istituto collabora con i principali produttori di armi israeliani, tra cui Elbit Systems e Israel Aerospace Industries.

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Anche Technion ha numerose partnership e borse di studio sponsorizzate dai principali produttori di armi, come Elbit Systems e Rafael, ha inoltre avviato numerosi programmi accademici congiunti con l’esercito israeliano e svolge un corso sulla commercializzazione dell’industria bellica israeliana. La Tel Aviv University gestisce centri congiunti con l’esercito e l’industria bellica israeliana e ospita l’Istituto per gli studi sulla sicurezza nazionale (INSS).

Questa università ha istituito un corso di hasbara (propaganda) riguardo al genocidio in corso nella Striscia di Gaza e ha finanziato “assistenza” per i soldati coinvolti nel genocidio a Gaza. L’Open University of Israel gestisce il programma “Academic Commandos” con l’esercito israeliano dal 1999 e assicura un trattamento economico preferenziale ai soldati combattenti attivi. La Haifa University ospita tre college militari e tiene corsi presso la base militare israeliana di Glilot, considerata un’estensione dell’università. Ha fornito equipaggiamento e ha istituito un fondo “di emergenza” per fornire assistenza economica agli studenti-soldato che non possono seguire le lezioni perchè stanno compiendo il genocidio a Gaza.

E’ ampiamente dimostrato che le università israeliane collaborino allo sviluppo di sistemi d’arma, dottrine militari, discorsi ideologici, alla normalizzazione della pulizia etnica coloniale e alla discriminazione degli studenti palestinesi. Pertanto, l’accademia è complice del regime israeliano di occupazione militare, colonialismo di insediamento, apartheid e ora di genocidio.

Come emerso durante le mobilitazioni studentesche del 2024/2025, la questione palestinese mostra delle connessioni ampie, che travalicano gli apparati militari per includere fondazioni ed enti di ricerca con grosse responsabilità nella difesa di interessi geopolitici e coinvolgimento nella filiera militare-industriale. L’esempio di Med-Or è illustrativo di tale tendenza in Italia. Med-Or è una creatura di Leonardo presentata per promuovere ricerca e sicurezza: diversi rettori di atenei italiani hanno accettato di entrare nel Consiglio Scientifico della Fondazione. La fondazione vanta, inoltre, circa 90 collaborazioni attive con università, tra cui i politecnici di Torino e di Milano, le università di Genova, Bologna e Roma “Sapienza”.

Come riportato dall’ Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, Med-Or è attiva da sempre in Israele, «paese fondamentale con cui rafforzare collaborazione e iniziative comuni, soprattutto alla luce dei cambiamenti in corso nella regione del Mediterraneo allargato anche a causa della guerra in Ucraina, che ha radicalmente modificato il quadro securitario e geopolitico dell’area» e quindi «partner privilegiato per la Fondazione Med-Or, anche per rafforzare la sua capacità di studio e di riflessione strategica sui principali eventi in corso a livello internazionale». Nonstante le accuse di Genocidio al governo di Israele, Med-Or sta implementando la sua azione in quel paese, in sinergia con l’Institute for National Security Studies (INSS) di Tel Aviv, legato a doppio filo alla Tel Aviv University.

Oltre al settore industriale e geopolitico, si assiste ad una crescente militarizzazione della società, che possiamo riscontrare nelle decisioni di alzare al 5% del Prodotto Interno Lordo le spese militari, a danno della spesa pubblica per sanità, istruzione, ricerca, amministrazioni locali e, in generale, l’assistenza sociale. Su un piano culturale, la logica di “armare” le menti e le braccia dei cittadini europei sta rapidamente assumendo un piano discorsivo di normalità, ed è pericolosamente contenuta in alcuni passaggi della “Risoluzione del Parlamento europeo del 2 aprile 2025 sull’attuazione della politica di sicurezza e di difesa comune – relazione annuale 2024 (2024/2082(INI)” che “invita” nell’articolo 164: “[…] l’UE e i suoi Stati membri a mettere a punto programmi educativi e di sensibilizzazione, in particolare per i giovani, volti a migliorare le conoscenze e a facilitare i dibattiti sulla sicurezza, la difesa e l’importanza delle forze armate…” e “chiede”. nell’articolo 167: “…. di mettere a punto programmi di formazione dei formatori e di cooperazione tra le istituzioni di difesa e le università degli Stati membri dell’UE, quali corsi militari, esercitazioni e attività di formazione con giochi di ruolo per studenti civili…”. [7]

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Negli ultimi anni è diventata sempre più evidente ed invasiva la presenza delle forze armate e dell’industria militare nei luoghi della formazione. Nessun ordine di scuola è risparmiato: dalla scuola dell’infanzia alla scuola secondaria di secondo grado, fino agli Istituti Tecnici Superiori.

L’Osservatorio contro la Militarizzazione delle Scuole e delle Università[8] ha documentato un numero impressionante di casi e di modalità di intervento. Progetti di ampliamento dell’offerta formativa (educazione alla legalità; educazione alla pace [!]; contrasto al cyberbullismo; contrasto alla violenza di genere ecc. ecc.) affidati, non si capisce perché, non a psicologi/e o a pedagogisti/e ma a militari. Visite in caserma. Cerimonie di alzabandiera a inizio di anno scolastico. Partecipazione a manifestazioni militari (come nel caso incredibile della ricostruzione del viaggio in treno della salma del milite ignoto[9], stages in caserma o presso industrie belliche. PCTO in collaborazione con militari o con aziende del complesso industriale-militare. Persino corsi di educazione alimentare affidati ad ufficiali della US Navy in Sicilia[10].

Infine, occorre considerare la NATO, per il suo ruolo nei principali scenari bellici e dietro le politiche di riarmo.

Anche grazie alla sua presenza capillare (in Italia quasi 150 basi o comandi militari), riesce a condizionare la libertà democratica e la sovranità politica e militare dei Paesi alleati, quindi anche le iniziative degli eserciti nazionali, spesso chiamati a promuovere attività nelle scuole e nelle università.

Se nelle scuole agisce quasi esclusivamente attraverso iniziative di propaganda con attività didattiche svolte da militari negli edifici scolastici oppure con visite delle scolaresche e PCTO di studenti (l’ex alternanza scuola lavoro) presso le basi militari, soprattutto nei territori in cui sono localizzate le principali basi, negli Atenei la presenza diretta della NATO si legittima attraverso accordi quadro siglati con varie Università (ad es. per lo svolgimento di tirocini nei comandi e nelle basi dell’alleanza atlantica) oppure con iniziative e programmi fra i quali citiamo il Nato Model Event dell’Università di Bologna e l’esercitazione “Mare Aperto”, svolta in collaborazione con la Marina Militare e che coinvolge ogni anno circa 14 Atenei italiani.

Oltre che nella didattica e nell’orientamento, la presenza della NATO nelle Università avviene anche nella ricerca, ad esempio attraverso il NATO SPS Programme.

Gli obiettivi della narrazione della NATO nei luoghi fondamentali dell’apprendimento sono quelli di giustificare il suo ruolo in Occidente raccontandosi come strumento fondamentale per garantire sicurezza e pace, creando così generazioni di studenti ben disposti nei suoi confronti, oltre che lavorare d’anticipo sulle loro menti in vista di un reclutamento futuro.

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Diversamente dalla narrazione che la NATO cerca di veicolare, gli sforzi che chiede agli alleati in termini di risorse per il riarmo fanno scivolare anche il nostro Paese lungo il crinale di una guerra mondiale, che va necessariamente scongiurata, oltre che di una crisi sociale ed economica.

OBIETTIVI della CAMPAGNA “LA CONOSCENZA NON MARCIA”.

Date tali premesse, e per difendere l’Università e la Scuola dall’invasione dell’industria bellica e dalla logica di morte e di sopruso connessa con lo strumento bellico, “LA CONOSCENZA NON MARCIA” chiede:

La smilitarizzazione dell’istruzione e la separazione netta tra spazio scolastico/universitario e ambito militare, e pertanto il divieto

  1. Di sviluppare progetti in collaborazione con industrie militari delle filiera bellica, e con istituzioni che collaborano col regime coloniale e genocidario di Israele, con organizzazioni internazionali come la NATO che intervengono negli scenari di guerra in corso e nelle iniziative di riarmo;

2. Di ricevere finanziamenti dalla filiera militare industriale (siano esse aziende pubbliche o private);

3. Di partecipare, da parte dei singoli docenti, a organizzazioni che abbiano finalità di tipo militare o che la cui attività sia in qualche modo legata all’industria bellica (come la Med-Or).

4. Di ottenere finanziamenti, partnership e qualunque forma di collegamento con aziende e filiere produttive i cui interessi collimano con quelle di governi che mettono in atto forme di occupazione militare illegale, discriminazione razziale e persecuzioni.

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5. Di sviluppare corsi di laurea, master universitari e scuole di specializzazione in collaborazione con le forze armate, o che prevedano la presenza nelle aule universitarie delle forze dell’ordine. Ovvero il partenariato universitario non può guardare a questi soggetti che sono demandati ad altri compiti e la cui presenza all’interno delle università rappresenterebbe una normalizzazione della militarizzazione delle vite, dei territori e della risoluzione delle controversie che dovrebbero invece costituire l’ultima ratio della vita associata. Gli estensori della campagna sono ben consapevoli che si tratta di istituzioni dello Stato in legittimo dialogo tra loro, tuttavia si ritiene che per la differenza delle loro funzioni, la presenza militare e poliziesca non debba essere parte del settore educativo.

6. Di sviluppare eventi in collaborazione con le forze armate, e di tenere eventi in collaborazione con le forze dell’ordine all’interno delle scuole di ogni ordine e grado su tematiche educative e su argomenti che esulano dai compiti specifici delle forze dell’ordine.

7. Di attivare accordi di collaborazione con le forze dell’Ordine, le accademie militari e gli enti che abbiano un ruolo nel settore bellico, andando tali ambienti contro l’educazione dei ragazzi e le ragazze del nostro Paese ad una cultura della pace sancita dalla costituzioni perché contrari a quanto affermato nell’articolo 11 della nostra Carta fondativa.

8. Considerato quanto detto sopra a proposito della NATO e visti l’art.11 della Costituzione e le recenti esperienze belliche innescate dalla NATO in vari contesti internazionali, riteniamo che sia giunto il momento per la NATO di uscire dall’istruzione del nostro Paese, nonché dalla ricerca pubblica.

9. In linea con l’obiettivo BDS di promuovere il disinvestimento da Israele da parte di istituzioni accademiche internazionali, il divieto di investimento in Università di paesi genocidari, a cui l’università partecipa attivamente.;

ATTUAZIONE

La campagna “la conoscenza non marcia” sostiene tali obiettivi attraverso la proposta di una legge nazionale che si basi su alcuni principi cardine:

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Terza Missione, docenza e ricerca

Iniziative di Terza Missione e Finanziamento della ricerca e della docenza non possono avvenire in collaborazione e/o finanziamento con imprese o fondazioni legate alla produzione e vendita di armi; alla distruzione dell’ambiente; a condizioni di lavoro contrarie alla dignità umana o comunque a fini incompatibili con i valori della Costituzione della Repubblica.

Relazioni esterne ed internazionali

Fidando nella libertà accademica e nella forza del dissenso, per sua natura inscindibile dall’attività di ricerca, l’Università intrattiene relazioni con università, istituti culturali, enti di ricerca di paesi di tutto il mondo, indipendentemente dal regime politico di quei Paesi.

Ciononostante, nel caso che un’istituzione in rapporto ufficiale con l’Università che implicitamente o esplicitamente appoggino progetti sotto accusa per genocidio, pulizia etnica, e progetti di colonizzazione, gli organi dell’Università individuano il modo di manifestare il dissenso della comunità accademica, se necessario fino ad interrompere i rapporti.

Si tratta di principi contenuti, in forma simile a quella qui citati, nel Codice Etico dell’università per stranieri di Siena, assunto qui a precedente sul quale basare la visione nazionale. A questi proponiamo di aggiungere il comma 8, dell’articolo 4 del nuovo Statuto della Università di Pisa approvato (a febbraio 2025) nel pieno delle proteste studentesche per il genocidio in atto in Palestina :

[L’ateneo] non sostiene e non partecipa ad alcuna attività finalizzata alla produzione, allo sviluppo e al perfezionamento di armi e sistemi d’arma da guerra.

NATURA INTERNAZIONALE DEL PROBLEMA

Tale campagna vuole rinforzare questi principi che orientano la produzione di sapere verso una demilitarizzazione della cultura. In questo senso si intende segnalare la natura internazionale del problema.

Oltre 70 istituzioni accademiche in Germania hanno adottato politiche che regolano, in modi e forme diverse, la partecipazione a progetti legati alla difesa. Inoltre, Technical University of Denmark (DTU): Nel 2024, il DTU ha annunciato la cessazione delle collaborazioni con università straniere coinvolte in progetti militari, esprimendo preoccupazioni etiche riguardo alla militarizzazione della ricerca accademica. Australian National University (ANU): Nel 2024, l’ANU ha deciso di interrompere gli investimenti in aziende produttrici di armi, come Lockheed Martin e BAE Systems, in risposta alle proteste studentesche.

Negli Stati Uniti, nonostante l’appoggio governativo incondizionato ad Israele, alcune università hanno prodotto una rottura: ilsole24ore nel maggio 2024 riporta che la Sonoma State University, parte della California University, sulla base della pressione degli studenti e delle studentesse in protesta, ha interrotto le collaborazioni con le università israeliane. L’aprile precedente il Pitzer College aveva interrotto i rapporti con alcune realtà accademiche in Israele, in particolare con la Haifa University, poiché la collaborazione sarebbe stata in contrasto con i core values of “social responsibility” and “intercultural understanding”.

ATTUAZIONE della campagna “la conoscenza non marcia” NEI RAPPORTI CON le università e gli enti di ricerca israeliani.

L’interruzione dei rapporti delle università italiane con le università israeliane, e gli Enti di ricerca pubblici e privati israeliani nonché la rescissione di ogni forma di attività istituzionale universitaria italiana con lo Stato di Israele e con tutti quei soggetti ad esso riconducibili, che non siano apertamente e dichiaratamente motivati dalla volontà di organizzare iniziative per ripristinare l’autodeterminazione del popolo palestinese nella sua totalità ; a promuovere lo smantellamento delle strutture materiali, ideologiche e legislative coloniali che sostengono il regime di apartheid e sarà attuato il “diritto al ritorno”.

[1] https://osservatorionomilscuola.com/2025/07/10/militarizzazione-istruzione-leonardo-spa-scuole-universita/.

[2] [si veda A. Angelucci, https://www.roars.it/sullattenti-e-competenti-arriva-lunione-delle-competenze/]

[3] [4] Nel 2020 BDS Italia ha pubblicato un primo dossier sui rapporti in campo militare e della sicurezza tra Italia e Israele: un intero capitolo è dedicato al ruolo del mondo accademico di Israele nel settore della ricerca militare e ai rapporti tra centri di ricerca italiani ed equivalenti israeliani. https://bdsitalia.org/index.php/risorse-embargo/2614-dossier-embargo-militare

[4] (Fonte: (https://osservatorionomilscuola.com/2025/03/23/libro-bianco-roma-tre-etica-israele-filiera-bellica-report/, p. 9-10).

[5] Maya Wind, Torri d’avorio e di acciaio

[6] (fonte https://www.unesco.org/en/articles/gaza-unesco-grants-enhanced-provisional-protection-saint-hilarion-monastery?hub=102070

[7] ( https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/TA-10-2025-0058_IT.html.).

[8] https://osservatorionomilscuola.com

[9] https://antoniomazzeoblog.blogspot.com/2022/10/educazione-e-retorica-di-guerra-alla.html

[10] [https://osservatorionomilscuola.com/2025/03/31/educazione-alimentare-scuole-siciliane-marines-sovrappeso-sigonella/].

– © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO


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