Alessandria, città ponte tra Piemonte, Lombardia e Liguria, conosce bene il peso delle politiche economiche e delle loro ricadute sul tessuto produttivo locale. Proprio partendo da quanto scritto da Marco Palombi nel suo testo sul fallimento del “Salva Italia” e sull’austerità europea degli anni 2011-2015, possiamo osservare come molte delle dinamiche denunciate allora siano ancora oggi vive e attuali. Se allora la parola chiave era “sacrificio”, oggi il problema resta quello della crescita insufficiente e del credito ancora difficile per le imprese.
Il “Salva Italia”, pensato come misura emergenziale per frenare la speculazione, finì per aggravare la recessione: 300 miliardi di PIL bruciati, consumi crollati, disoccupazione giovanile alle stelle. Quelle ferite non si sono mai davvero rimarginate e la storia di quegli anni ha segnato una generazione. Oggi, a distanza di oltre dieci anni, l’Italia si trova in una posizione diversa ma ancora fragile.
Secondo gli ultimi dati, il PIL crescerà di appena 0,6% nel 2025 e 0,8% nel 2026: numeri troppo modesti per incidere sul debito, che resta vicino al 140% del PIL. Dopo una contrazione dello 0,1% nel secondo trimestre, l’economia mostra segnali di resilienza, ma non di vera accelerazione. La fiducia dei mercati finanziari è migliorata: lo spread con i Bund tedeschi si è ridotto sotto i 100 punti base e il FTSE Mib ha guadagnato oltre il 20% dall’inizio dell’anno. Tuttavia, questo ottimismo non si traduce in un miglioramento reale per famiglie e imprese.
Il settore dei servizi continua a crescere, anche se con rallentamenti, mentre la manifattura fatica a ritrovare slancio. La disoccupazione generale è scesa al 6%, la giovanile al 18,7%, ma restano livelli che testimoniano un mercato del lavoro debole, fatto di contratti precari e bassi salari.
Il nodo cruciale resta il credito: le banche, pur più solide rispetto al 2011, continuano a concedere prestiti con cautela, e le PMI, soprattutto nel Nord-Ovest e nel tessuto produttivo alessandrino, denunciano difficoltà di accesso ai finanziamenti. Questo frena investimenti e innovazione, replicando una delle criticità già evidenziate all’epoca del “Salva Italia”.
Sul fronte dei conti pubblici, l’Italia si avvicina all’uscita dalla procedura di deficit eccessivo, con un disavanzo previsto al 3,3% nel 2025 e al 2,8% nel 2026. Ma la riduzione del deficit non può bastare se non è accompagnata da una strategia di crescita. Austerità e tagli hanno già dimostrato di non essere la soluzione: servono politiche mirate a rafforzare la domanda interna, sostenere i giovani e rilanciare le imprese.
La lezione del passato è chiara: regole rigide e uniformi applicate a economie diverse hanno generato squilibri, penalizzando Paesi come l’Italia. Oggi il rischio è di ripetere lo stesso errore con una crescita anemica e un debito che resta insostenibile. L’Europa e l’Italia devono scegliere: continuare con la logica del rigore oppure puntare su un modello più equilibrato, che privilegi sviluppo e coesione sociale.
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Nota GEO
Alessandria, situata in una posizione strategica tra Piemonte, Lombardia e Liguria, riflette in piccolo le grandi difficoltà economiche del Paese: piccole e medie imprese che lottano per sopravvivere, giovani che emigrano, salari stagnanti. Parlare oggi dell’economia italiana significa parlare anche del futuro di territori come il Monferrato, che hanno bisogno di credito accessibile, innovazione e politiche inclusive per non rimanere indietro.
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