CERNOBBIO – In un contesto globale scosso da trasformazioni rapide, la voce del presidente di Intesa Sanpaolo, Gian Maria Gros-Pietro, risuona dal Forum Ambrosetti ricordando che crescita e solidarietà devono coesistere, sostenute da investimenti tecnologici e da un’attenzione concreta ai lavoratori più vulnerabili.
La doppia sfida: sostegno e produttività
«Le due dimensioni devono procedere di pari passo: assistenza a chi resta indietro e capacità di generare nuova ricchezza». Con questa sintesi, Gian Maria Gros-Pietro ha aperto il suo intervento a Cernobbio, sottolineando la necessità di un’economia in grado di conciliare protezione sociale e ambizione produttiva. Secondo il presidente, le attuali condizioni del mercato del lavoro italiano non riescono a incentivare i talenti a restare nel Paese né a offrire ai giovani prospettive sufficienti per costruire famiglia e acquistare una casa. Il nodo centrale, ribadisce, è trasformare ogni posto di lavoro in un elemento capace di valorizzare competenze e creare benessere diffuso.
La ricetta proposta poggia su un presupposto tanto semplice quanto impegnativo: senza margini adeguati, le imprese non possono finanziare né welfare aziendale né formazione, e di conseguenza rischiano di perdere competitività. Intesa Sanpaolo – ricorda il suo presidente – ha già imboccato questa strada, impegnandosi in percorsi di qualificazione interna e nell’applicazione di nuovi modelli organizzativi. Sostenere chi rimane privo di reddito non è un gesto di mera beneficenza, bensì un investimento nella stabilità dell’intero sistema produttivo, perché solo una base occupazionale solida permette di alimentare i consumi e, con essi, la crescita.
Investimenti digitali e capitale umano
La transizione tecnologica, spiega Gros-Pietro, impone di «cavalcare l’onda» invece di subirla. Per questo il gruppo bancario ha già inserito in organico 3.500 professionisti specializzati nelle tecnologie digitali, un numero destinato ad aumentare rapidamente. Non si tratta di un semplice aggiornamento software: è un cambio di paradigma che investe processi, servizi e modalità di relazione con imprese e consumatori. L’obiettivo dichiarato è mantenere l’Italia all’altezza dei partner con cui compete, creando un ecosistema in cui l’innovazione generi produttività e, al contempo, nuove opportunità per lavoratori oggi esposti al rischio di obsolescenza.
Crescere più velocemente lungo questa rotta, insiste il presidente, significa rafforzare il tessuto produttivo nazionale, spesso composto da medie imprese manifatturiere che di per sé eccellono nella qualità dei loro prodotti. Tuttavia, senza un innesto digitale profondo, la capacità di espandersi su mercati esteri rischia di ridursi. Investire in algoritmi, automazione e competenze trasversali non serve soltanto a tagliare costi; serve soprattutto a creare margini per retribuzioni migliori, che trattengano i laureati e consentano ai giovani di progettare il proprio futuro. Solo così, conclude, l’Italia potrà trasformare il cambiamento in vantaggio competitivo duraturo.
Dazi e competitività internazionale
Nell’analisi di Gros-Pietro, i nuovi dazi imposti sui mercati globali rappresentano un ostacolo, ma non un colpo mortale per l’industria italiana. Molte aziende, specializzate in beni di fascia medio-alta, possono permettersi di ritoccare i listini senza perdere completamente la clientela. Gli economisti interni al gruppo bancario hanno elaborato due scenari: se i maggiori costi venissero trasferiti ai compratori, il Prodotto interno lordo potrebbe subire un rallentamento limitato, stimato intorno a un –0,2 %. Una frenata, sì, ma ben lontana da una caduta.
In una visione più drastica, prosegue il presidente, le imprese potrebbero decidere di assorbire per intero l’impatto doganale pur di difendere le quote sul mercato estero. In tal caso i margini di profitto si ridurrebbero, ma rimarrebbero comunque superiori a quelli registrati nel 2019, prima della pandemia. Ecco perché, pur riconoscendo che l’assenza di dazi sarebbe stata preferibile, Gros-Pietro rivendica la solidità di un sistema produttivo pronto a reagire con rapidità, spostandosi verso nuovi mercati o diversificando la gamma dell’offerta. Il vero traguardo resta, tuttavia, un’economia capace di generare redditività tangibile per ogni lavoratore.
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