Risuona forte da Cernobbio l’invito di Renato Brunetta a ripensare l’Europa: un’Unione che torna a crescere e si ricompatta, ponendo investimenti equi e sostenibili davanti a ogni altra priorità. In gioco c’è la capacità di evitare l’irrilevanza e di proiettare il continente verso un futuro di benessere condiviso.
La sfida dell’urgenza europea
«Non c’è più tempo», ha scandito Renato Brunetta nel salone di Cernobbio, tracciando una linea netta tra un’Europa protagonista e un’Europa marginale. L’urgenza risiede nella capacità di distillare un messaggio chiaro, una “compressione semantica” che indichi poche, decisive priorità. In cima alla lista compare il rilancio della domanda interna: occorre un bilancio comunitario di dimensioni adeguate a trasformare il risparmio europeo in propulsione per l’economia domestica, smettendo di alimentare debito altrui e rimettendo in moto crescita, competitività e coesione sociale.
Secondo il presidente del Cnel, puntare su un cosiddetto “debito buono” significa finanziare progetti che moltiplicano valore e occupazione, riducendo al contempo la dipendenza dall’estero. Se l’Unione adottasse un bilancio robusto, capace di catalizzare investimenti in infrastrutture, transizione digitale e formazione avanzata, il capitale europeo smetterebbe di rifugiarsi nei Treasury statunitensi e verrebbe impiegato per alimentare industrie, ricerca e servizi nei nostri territori. Ne deriverebbe un riequilibrio nei rapporti con gli Stati Uniti e un rafforzamento dell’attrattività del continente per talenti e imprese di ogni dimensione.
Crescita e coesione: i pilastri di un nuovo corso
Crescita e coesione non sono slogan ma parametri operativi che, secondo Brunetta, devono tornare a guidare ogni iniziativa europea. La prima richiede investimenti mirati nel capitale umano, nella ricerca applicata e nelle tecnologie verdi, così da innalzare la competitività globale del continente senza tradire gli obiettivi climatici. Formare competenze avanzate, valorizzare l’innovazione e promuovere un’imprenditoria attenta all’ambiente significa restituire dinamismo all’economia reale e generare posti di lavoro di qualità, capaci di trattenere i giovani all’interno delle loro regioni. È in quest’ottica che lo sviluppo diventa sinonimo di sostenibilità e non più di consumo indiscriminato di risorse.
La seconda colonna del disegno, la coesione, riguarda la distribuzione equa dei benefici della crescita. Nessun cittadino, nessuna regione e nessun territorio possono rimanere esclusi dall’avanzamento economico, pena la frattura irreversibile del tessuto politico e sociale europeo. Ciò implica politiche in grado di colmare i divari infrastrutturali, digitali e formativi che separano il Nord dal Sud, le aree urbane dalle zone più marginali. Canali di finanziamento comuni e criteri di riparto trasparenti garantirebbero quell’equilibrio invocato dai principi di solidarietà e sussidiarietà sanciti nei Trattati fondativi dell’Unione.
Dalla pandemia alla ripartenza: lezioni dal Next Generation EU
Covid-19 ha rappresentato uno stress test senza precedenti per l’apparato istituzionale e produttivo europeo. La crisi sanitaria ha scoperto crepe profonde, rendendo evidente che un modello basato esclusivamente su rigidità fiscali e tagli lineari non sarebbe stato in grado di assorbire urti di simile portata. L’improvvisa paralisi di catene del valore, sanità e occupazione ha dimostrato quanto le fragilità strutturali fossero radicate. Solo abbandonando le logiche di austerità fine a se stessa, ha sottolineato Brunetta, l’Unione può disporre degli strumenti per proteggere cittadini e imprese di fronte a shock globali sempre più frequenti.
Il programma Next Generation EU ha offerto la conferma che un’azione concertata, finanziata con strumenti comuni, può trasformare un momento di difficoltà in un’occasione di rinnovamento. Con l’emissione di debito condiviso e la destinazione delle risorse a transizione verde, digitalizzazione e resilienza sociale, l’iniziativa ha rafforzato al contempo l’unità politica e il potenziale economico europeo. La lezione è chiara: quando la solidarietà si traduce in investimenti condivisi, l’Europa diventa capace di guidare il cambiamento invece che subirlo e invita a rendere strutturali strumenti di finanziamento congiunto, superando una volta per tutte la paura del rischio condiviso.
Governance e visione comune
Per tradurre ambizioni in risultati servono meccanismi decisionali agili. Oggi, ha rilevato Brunetta, il principio dell’unanimità blocca dossier cruciali e rende l’Unione europea vulnerabile ai veti incrociati. Superare questo scoglio significa dotarsi di una governance che premi la responsabilità condivisa, assicurando al tempo stesso il necessario contrappeso democratico. Con maggioranze qualificate e un coordinamento rafforzato, l’Europa avrebbe gli strumenti per reagire velocemente a emergenze economiche, energetiche o geopolitiche, evitando quell’impasse che troppo spesso spalanca la porta a soluzioni nazionali disallineate e, di conseguenza, a pericolose asimmetrie di mercato.
Le linee guida esistono già, ha ricordato il presidente del Cnel, citando gli approfonditi lavori di Mario Monti, Enrico Letta e Mario Draghi. Sintetizzano un salto culturale che il capo dello Stato, Sergio Mattarella, ha riassunto in un messaggio inequivocabile: “Svegliati, Europa”. Si tratta di mettere a sistema riforme strutturali, misure per l’integrazione dei mercati e investimenti nei beni comuni continentali. Solo così l’Unione potrà proporsi quale punto di riferimento globale per un modello di sviluppo basato su inclusione, cooperazione e multilateralismo, capace di coniugare competitività ed equità.
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