L’Europa sta entrando in una nuova era per la spesa nella difesa. La proposta della Commissione europea per il quadro finanziario pluriennale 2028-2034 prevede un bilancio di quasi 2 trilioni di euro, con stanziamenti significativamente più elevati per la sicurezza, il sostegno all’Ucraina e le capacità di difesa. Anche i bilanci nazionali della Nato sono in aumento.
Questa rapida mobilitazione ha suscitato crescenti richieste di classificare gli investimenti in armamenti come sostenibili o idonei per un’etichetta ESG. Mentre la Commissione europea ha recentemente chiarito, con un documento ufficiale, che le normative sulla finanza sostenibile non vietano espressamente di investire nella difesa, tale prospettiva rimane inaccettabile per le banche etiche.
“La finanza non è mai neutrale. In un mondo di crisi crescenti, in cui i fondi pubblici sono suddivisi tra la difesa e gli investimenti urgenti necessari per l’azione per il clima e gli obiettivi sociali, l’allocazione del capitale è fondamentale. La finanza sostenibile non può includere le armi. Mantenere l’integrità dei criteri ESG – e la credibilità della finanza come forza positiva – dipende dalla chiarezza di questa distinzione. L’attuale dibattito politico in Europa rischia di normalizzare il ‘warwashing’, ovvero il rebranding del finanziamento delle armi come investimento socialmente responsabile” ha affermato Martin Rohner, direttore generale della Global Alliance for Banking on Values (Gabv), la rete delle principali banche sostenibili al mondo, in un editoriale pubblicato da Reuters. Secondo la Gabv, infatti, “le banche basate sui valori escludono tutte le forme di finanziamento delle armi e comprendono che il finanziamento delle armi utilizzate nei conflitti è incompatibile con lo sviluppo sostenibile”.
L’appello delle banche etiche
In tale scenario coalizione di 12 istituti finanziari ha pubblicato un position paper, sostenuto dalla Gabv, in cui chiede al legislatore europeo di chiarire la definizione di “armi controverse” utilizzata nella regolamentazione della finanza sostenibile dell’Unione Europea e di ampliarla per proteggere gli investitori, i cittadini e l’integrità della finanza sostenibile. Queste organizzazioni sono leader di lunga data nel settore bancario etico, sociale e green in Germania, tra cui quattro membri della Global Alliance for Banking on Values (Gabv): GLS Bank, SozialBank, Triodos Bank e UmweltBank.
La posizione della Gabv
La Gabv – già nella sua Dichiarazione di pace di Milano, pubblicata nel 2024 – esorta le istituzioni finanziarie a disinvestire dall’industria bellica, respingendo l’idea che il finanziamento di armi e armamenti rientri in qualsiasi definizione di finanza sostenibile. “Le banche basate sui valori – sottolinea l’Alleanza – esistono per utilizzare la finanza come una forza positiva. Gli investimenti che consentono o traggono profitto da armi note per infliggere danni indiscriminati o duraturi sono fondamentalmente in contrasto con un modello bancario al servizio dell’economia reale e che promuove la dignità umana, l’inclusione sociale e la rigenerazione ecologica”.
Le armi controverse
Secondo le Linee Guida dell’Autorità Europea degli Strumenti Finanziari e dei Mercati (ESMA) sui nomi dei fondi che utilizzano termini ESG o relativi alla sostenibilità, i fondi di investimento che fanno riferimento alla sostenibilità devono escludere le società coinvolte in “armi controverse”. Tuttavia, l’attuale interpretazione dell’ESMA – secondo gli autori del documento – definisce i settori esclusi in modo troppo restrittivo, consentendo, di fatto, ai fondi ESG di investire in settori che molti considererebbero controversi. Nel dettaglio le armi elencate come controverse includono solo mine antiuomo, munizioni a grappolo e armi chimiche/biologiche. La lista lascia lacune significative, tra cui armi nucleari, munizioni contenenti uranio impoverito, armi incendiarie (ad esempio, fosforo bianco), armi laser accecanti e munizioni a frammentazione non rilevabili. La coalizione sostiene che questo ambito sia troppo limitato rispetto agli standard umanitari internazionali e alle pratiche comuni del settore. “Consentire che le armi utilizzate nei conflitti siano incluse nei fondi ESG e sostenibili – si legge nel documento – mina evidentemente la credibilità della finanza sostenibile”. Da qui l’invito ai responsabili politici dell’UE, alle autorità di vigilanza e agli stakeholder del settore a “sviluppare una definizione solida e coerente di armi controverse in tutte le normative pertinenti, comprese le linee guida per l’etichettatura dei fondi del Regolamento sulla divulgazione della finanza sostenibile (SFDR)”.
I criteri minimi
Le banche firmatarie sostengono che le armi dovrebbero essere considerate “controverse” quando causano danni sproporzionati e indiscriminati ai civili, generano sofferenze eccessive e/o lasciano effetti duraturi anche molto tempo dopo la fine dei conflitti: criteri radicati nel diritto internazionale umanitario e in decenni di pratiche di investimento etico. Esortano pertanto l’UE ad adottare una definizione giuridica completa di armi controverse che, come minimo, integri le categorie di armi trattate nei seguenti trattati internazionali: Convenzione sulle armi chimiche (CWC), Convenzione sulle armi biologiche (BWC), Convenzione sulle munizioni a grappolo (CCM), Convenzione sulla messa al bando delle mine antiuomo (Trattato di Ottawa), Trattato sulla proibizione delle armi nucleari (TPNW), Convenzione su alcune armi convenzionali (CCW) e relativi protocolli.
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