Lo scambio di servizi tra due società infragruppo potrebbero prevedere l’applicazione dell’IVA e altre volte “no”. Il caso riguarda la C 726.
In occasione di una causa risalente al 2023, la numero C 726, la Corte di Giustizia ha chiarito il trattamento dell’IVA in caso di prestazioni effettuate da una società di servizi infragruppo. Nel caso specifico si evidenzia il rapporto tra l’azienda “madre” e l’impresa “figlia”.
Nell’esempio in considerazione il fisco prevede di applicare la detrazione IVA sul corrispettivo pattuito tra le due realtà imprenditoriale. Tuttavia occorrerà rispettare le linee guida prevista dalla normativa fiscale attualmente in vigore.
Il caso dei servizi infragruppo e il trattamento IVA
La causa in questione riguardava proprio uno scambio di servizi infragruppo che vedeva, la società madre con iscrizione in Belgio e specializzata in noleggio gru, con l’obiettivo di concludere dei contratti con i fornitori per poi delegarli alle “figlie”, tra cui un’impresa con sede in Romania.
Quest’ultima provvedeva sia al noleggio che alla vendita delle gru, ma soltanto all’interno del territorio rumeno. L’impresa madre a sua volta, si era assunta ogni rischio e responsabilità delle trattative, anche se l’attività veniva esercitata dall’azienda rumena.
Chiarite entrambe le posizioni, l’Organizzazione per lo Sviluppo Economico e la Cooperazione specifica che qualora l’impresa madre avesse svolto un’attività remunerativa, la società figlia avrebbe dovuto provvedere al pagamento successivamente alla ricezione della fattura trasmessa dalla prima alla fine dell’anno fiscale.
L’obbligo di pagare l’Imposta sul Valore Aggiunto sta dunque alla “prima”, consapevole degli oneri tributari previsti dalla legge rumena.
Fattura di perequazione
Prima di inviare la fattura era indispensabile determinare la percentuale dell’utile ricavato (almeno il 2,74%) o della rispettiva perdita (-0,71%). Dal caso è emerso che la società figlia aveva incassato più di quanto ammessa dalla normativa per potersi definire “in positivo”.
Il problema è stato in merito alle fatture scambiate tra le attività imprenditoriali, dove la “rumena” le prime due documentazioni le aveva trasmesse correttamente (prevedendo l’IVA), nella terza invece vi era una esenzione dell’imposta per presunte “operazioni di non ammissibilità“.
La Corte ha dunque applicato multe e sanzioni specificando che la detrazione IVA poteva essere concessa e inserita in fattura, proprio perché si trattava di una prestazione di servizio da parte di una società “infragruppo”.
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