Che piaccia o meno ai leghisti, la scuola italiana sta diventando sempre più ricca di bambini e ragazzi che arrivano da ogni parte del mondo. Secondo gli ultimi dati disponibili (anno scolastico 2022-2023), degli oltre otto milioni di alunni che frequentano la scuola in Italia, dalla scuola dell’infanzia alle superiori, 914.860 non hanno la cittadinanza italiana. Il numero è aumentato in un anno di oltre 42 mila unità, passando dal 10,6% del totale degli alunni nell’anno scolastico 2021-2022 all’11,2% nel 2022-2023. In circa vent’anni, la percentuale di alunni senza cittadinanza italiana nella scuola è aumentata quasi di quattro volte. Tra i banchi sono attualmente rappresentati quasi duecento Paesi, con un problema che è rimasto sul tavolo dagli anni Novanta: i corsi di italiano L2 (seconda lingua appresa) nelle scuole sono realizzati in modo eterogeneo nei diversi territori e le esperienze efficaci di plurilinguismo restano spesso isolate, non riuscendo a trovare risorse ed energie per replicarle.
A consegnarci questa fotografia è il rapporto “Chiamami con il mio nome” appena presentato da Save The Children. Quest’anno, per la prima volta, quasi mille docenti di italiano specializzati per l’integrazione scolastica degli alunni stranieri verranno inseriti, in modo strutturato, all’interno delle scuole statali. Con un decreto ministeriale (71/2024) voluto dal ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, è stata disposta “l’assegnazione di un docente dedicato all’insegnamento dell’italiano per stranieri per le classi aventi un numero di studenti migranti che si iscrivono per la prima volta al sistema nazionale di istruzione ovvero che non sono in possesso di competenze linguistiche di base nella lingua italiana almeno pari al livello A2 del Quadro comune europeo di riferimento per la conoscenza delle lingue pari o superiore al 20 per cento degli studenti della classe”. Le condizioni perché un docente di italiano per studenti stranieri venga assegnato alla classe sono, quindi, che all’interno della stessa vi sia un numero di studenti con un livello della lingua italiana che non sia almeno A2 del 20 per cento.
In totale i maestri e professori saranno 937, di cui 751 destinati al primo ciclo e 186 al secondo ciclo. La distribuzione è determinata dall’incidenza stessa degli alunni con cittadinanza non italiana: in testa la Lombardia (oltre il 25% del totale nazionale), seguita da Emilia-Romagna (12,5%), Veneto (10,5%) e Lazio (9,1%). Il maggior numero di insegnanti di italiano per stranieri sarà destinato alla Lombardia (182), al Lazio (99), alla Toscana (82), all’Emilia-Romagna (70) e al Veneto (65). Una novità che trova il plauso di Raffaella Milano, direttore dei Programmi Italia-Europa di Save The Children: “Sicuramente questa manovra servirà soprattutto per gli studenti che arrivano in Italia da altri contesti, ma non è sufficiente. Questo piano che salutiamo con favore va accompagnato da interventi che guardino l’orientamento e la presenza del mediatore, fondamentale per l’incontro con le famiglie. Servono un insieme di misure che vanno messe in campo con un investimento che conviene a tutti, che ha un ritorno per lo sviluppo del Paese”.
La scuola italiana resta, infatti, segnata da profonde disuguaglianze nei percorsi educativi tra gli studenti senza e con background migratorio. Questi ultimi ottengono punteggi più bassi degli studenti di origine italiana alle prove Invalsi di italiano e matematica, ma più alti in inglese. Mentre tra i ragazzi con background migratorio di prima generazione la dispersione implicita raggiunge il 22,5%, molto distante rispetto all’11,6% dei coetanei di origine italiana, il dato migliora notevolmente tra gli studenti di seconda generazione (10,4%). Tuttavia, tra gli allievi senza cittadinanza più di un quarto non completa il percorso di istruzione secondaria di secondo grado. “Le cause delle disuguaglianze che colpiscono le studentesse e gli studenti con background migratorio sono molteplici. Oltre alle condizioni socioeconomiche familiari, che spiegano gran parte dei divari, fenomeni di penalizzazione nell’orientamento e forme di segregazione scolastica influenzano i percorsi e le scelte scolastiche, tra cui il cosiddetto white flight, ovvero la tendenza da parte delle famiglie italiane a ritirare i propri figli da scuole dove la percentuale di studenti stranieri è particolarmente alta”, spiegano nel rapporto presentato.
Un dato sul quale riflettere è quello che riguarda gli atenei: gli studenti senza cittadinanza italiana iscritti all’università sono solo il 3,9% del totale degli iscritti. Anche in questo caso, come per la scelta della scuola superiore, incidono negativamente la condizione economica e l’orientamento. Gli studenti che si definiscono “molto bravi” a scuola e che intendono iscriversi all’università sono il 61,1% tra quelli di prima generazione, il 64,4% tra quelli di seconda e il 74,7% tra coloro che hanno origini italiane. La minore frequenza all’università tende a escludere i giovani di origine straniera da lavori più qualificati, tanto che oggi in Italia solo il 17,5% dei lavoratori di origine straniera si colloca nelle tre categorie professionali più alte (dirigenti, professioni intellettuali, tecniche e scientifiche), contro oltre il 40% degli italiani.
Ma prima ancora dell’università c’è la scuola superiore, dove è ancora la condizione economica a incidere sulle scelte scolastiche: molti studenti con background migratorio privilegiano percorsi formativi che garantiscono un accesso più rapido al mercato del lavoro, come gli istituti professionali o tecnici. “Nel delineare il proprio futuro – spiega la ricerca – molti giovani con background migratorio ritengono che il riconoscimento della cittadinanza sia una condizione necessaria per poter immaginare il domani con fiducia. Oggi sviluppano forme di identità plurali, mantenendo spesso un legame, anche critico, con le culture del Paese di provenienza dei loro genitori, che vorrebbero vedere riconosciute a livello sociale in Italia, e chiedono di essere riconosciuti nelle loro identità, a partire dalla pronuncia corretta del loro nome”.
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