Sanità, 1.600 imprese devono ridare alla Regione 56 milioni: «C’è chi fa mutui e chi affonda»


di
Gloria Bertasi

I fornitori obbligati a ripianare gli sforamenti dei budget delle Usl. Anni di guerre legali, ora la tagliola

Prestito personale

Delibera veloce

 

Più di 56 milioni da versare alla Regione entro lunedì 8 settembre e l’incognita su cosa accadrà se la scadenza non sarà rispettata, se saranno cioè applicate more o restrizioni alla partecipazione a gare future. Dopo anni di ricorsi (oltre 2.600 su scala nazionale) contro una norma, quella del payback, definita dalle categorie iniqua e dopo un pronunciamento della Corte costituzionale, è arrivato il momento, per le aziende che forniscono macchinari e dispositivi sanitari al pubblico, di pagare. Ma non tutte riusciranno a farlo: «Le grandi aziende hanno accantonato ma c’è il rischio che molti tra i fornitori più piccoli siano costretti a portare i libri in tribunale è concreto», dice Sveva Belviso, presidente di Fifo Sanità Confcommercio. Il problema è reale: per mettere il punto su una questione aperta da anni l’8 agosto Roma ha approvato un decreto legge che ha appunto fissato al mese successivo la scadenza del payback.

La vicenda inizia nel 2011

In Veneto sono 1596 le imprese, piccole e grandi, coinvolte per un tesoretto di oltre 56,5 milioni (su 520 milioni nazionali), pari al 25% del totale inizialmente previsto per il periodo dal 2015 al 2018, ossia più di 226 milioni su un totale di 2 miliardi. La vicenda è complessa e bisogna andare indietro di quindici anni: è il 2011 e il governo impone un tetto per arginare il capitolo costi nella sanità. Nel 2015 Bruxelles apre un’infrazione all’Italia per eccesso di debito pubblico e in questa circostanza l’allora premier Matteo Renzi introduce il payback: i privati devono risanare il 50% dello sforamento regionale nelle spese sanitarie. La norma resta lettera morta fino al 2022 quando il governo di Mario Draghi, con il decreto Aiuti ter, decide di applicarla: parte il braccio di ferro tra imprese della sanità e Roma con i 2.600 ricorsi (molti dei quali respinti a maggio dal Tar del Lazio). A dirimere la vicenda due sentenze del 2024 della Corte costituzionale: il payback limitato ad un periodo di tempo preciso può essere inteso come un contributo di solidarietà. E va pagato. Si apre la trattativa con il governo di Giorgia Meloni e si arriva al compromesso del 25%. Un mese fa la legge non seguita dai chiarimenti dei decreti attuativi. «Un disastro — dice Marta Mussini, vicepresidente di Confimi Industria Sanità —. È la prima volta che ci troviamo ad affrontare una situazione simile, ieri (giovedì, ndr) abbiamo avuto un confronto con i referenti della Conferenza Stato Regioni (gli assessori alla Sanità di Emilia-Romagna e Lombardia, ndr) e nessuno aveva risposte. In un mese le aziende che non hanno sufficiente liquidità non sono riuscite ad accendere mutui: cosa accadrà da martedì a chi non paga?».




















































«Servono misure eccezionali»

In Veneto — al terzo posto dopo Puglia e Lombardia per sforamenti — c’è chi deve versare pochi spiccioli, come Smeg 52 euro, 10 Sodi scientifica, 63 Me.Ber e 66 Strumedical, ma sono casi isolati. Walder tecnologie supera il milione di payback, Abbot sfiora 1,6 milioni e Promed li supera. Scendono a 458 mila e 408 mila euro Bard e Biomerieux Italia mentre Clini-lab risale a 559 mila e Teleflex a 590. L’elenco è lungo: quasi 1600 aziende in 28 pagine che palazzo Balbi ha reso pubbliche online. «La riduzione dell’onere al 25% è un primo passo — commenta Fabio Faltoni, presidente di Confindustria dispositivi medici —. Ma l’assenza di misure di esenzione per le Pmi e il pagamento a 30 giorni pongono le aziende, spina dorsale del Sistema sanitario e dell’economia italiana, in una situazione di sofferenza su cui è necessario un immediato intervento delle Regioni». Confindustria, Confimi e Confcommercio chiedono «l’eliminazione definitiva della norma» e al contempo «la revisione dei tetti di spesa senza scaricare sui fornitori oneri insostenibili». Non venisse accolta la richiesta, per il 2019-2022 si stimano sforamenti di 4 miliardi su scala nazionale al netto dei costi della pandemia. «È ingiusto che il privato si accolli la copertura del debito pubblico», protestano le aziende.

Sconto crediti fiscali

Finanziamenti e contributi

 

A rischio le attività

L’urgenza ora è trovare una soluzione a fronte di una deadline che molti non rispetteranno in Veneto. «Chi ha entro i 100 mila euro dovrebbe riuscire a pagare, chi supera questa soglia farà molta fatica, oltre i 500 mila c’è chi sarà costretto a valutare se proseguire l’attività», osserva Mussini. «Ci sono aziende che forniscono strumenti salvavita, cosa accade loro? — domande Belviso —. Chi non si mette in regola potrà ancora accedere alle gare di fornitura?». Se la situazione non sarà aggiustata ci potrebbero essere ricadute sul sistema sanitario con la fuga dalle gare pubbliche: per evitarlo le categorie hanno chiesto di inserire nei capitolati di gara il payback.

Contributi e agevolazioni

per le imprese

 

6 settembre 2025 ( modifica il 6 settembre 2025 | 17:26)

Richiedi prestito online

Procedura celere

 



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link

Conto e carta

difficile da pignorare