PREMESSA – Considerazioni dello studio

Per la prima volta il TAR si pronuncia sul credito d’imposta ricerca e sviluppo, stabilendo che il Manuale di Frascati non si applica ai periodi 2015-2019.

Il ricorso è stato presentato da una società contro il diniego del MIMIT sulla certificazione delle attività di R&S.

Conto e carta

difficile da pignorare

 

È probabile che seguirà appello al Consiglio di Stato, quindi per il giudizio definitivo bisognerà attendere.

Intanto resta significativa la “lezione sulle fonti del diritto” che il TAR ha dato al MIMIT (e indirettamente all’Agenzia delle Entrate): un richiamo netto ai principi di base dell’ordinamento giuridico, quelli che si imparano già nei primi anni di studio del diritto.


INDICE

Sintesi

Il testo della sentenza

Carta di credito con fido

Procedura celere

 

Il pdf della sentenza


SINTESI

Il TAR Lazio (Sez. IV) ha accolto il ricorso proposto da Arco International s.r.l. contro il Ministero delle Imprese e del Made in Italy e l’Agenzia delle Entrate, annullando il provvedimento con cui era stato negato il credito d’imposta ricerca e sviluppo per gli anni 2017-2019.

1. Oggetto del contenzioso

  • La società aveva richiesto la certificazione prevista dall’art. 23 d.l. 73/2022, relativa agli investimenti in R&S.

  • Il Ministero aveva respinto l’istanza, sostenendo che le attività non rispettassero i requisiti del Manuale di Frascati (novità, sistematicità, riproducibilità).

  • Secondo l’Amministrazione, la mancanza di tali criteri faceva qualificare le attività come semplice “innovazione di processo” e non come ricerca e sviluppo.

2. Le censure della società

Arco International ha contestato:

  1. Difetto di istruttoria e motivazione: analisi superficiale e non tecnica.

  2. Violazione del principio di irretroattività: applicazione dei criteri restrittivi del Manuale di Frascati e delle Linee guida 2024 a periodi (2017-2019) in cui non erano vigenti.

  3. Illegittima applicazione retroattiva delle norme sopravvenute (d.m. 26 maggio 2020; d.P.C.m. 15 settembre 2023).

  4. Omissione del piano di controllo previsto dal d.P.C.m. 2023.

3. La decisione del TAR

  • Il TAR ha ritenuto fondati i motivi principali (secondo e terzo), stabilendo che:

    • fino al 2019 il perimetro delle attività agevolabili era definito esclusivamente dall’art. 3 d.l. 145/2013 e dal decreto attuativo 27 maggio 2015;

    • i criteri del Manuale di Frascati sono stati formalmente introdotti solo con la legge 160/2019 (Bilancio 2020) e quindi non possono applicarsi retroattivamente;

    • un regolamento (d.P.C.m. 2023) non può derogare al principio di irretroattività delle norme tributarie, sancito dallo Statuto del contribuente.

  • Pertanto, l’atto ministeriale è stato annullato e l’Amministrazione dovrà riesaminare la domanda di certificazione secondo la normativa vigente negli anni 2017-2019 (senza applicazione dei criteri del Manuale di Frascati).

4. Principi affermati

  • No all’applicazione retroattiva dei criteri restrittivi del Manuale di Frascati alle attività di R&S anteriori al 2020.

  • Il legislatore ha introdotto quei criteri solo dal 2020: prima valeva una nozione più ampia, collegata al Manuale di Oslo e alle circolari del 2016.

  • Sconto crediti fiscali

    Finanziamenti e contributi

     

  • Le imprese hanno diritto a fare affidamento sul quadro normativo vigente ratione temporis.

  • Il giudice amministrativo può disapplicare norme regolamentari illegittime (come l’estensione retroattiva contenuta nel d.P.C.m. 2023).

5. Effetti pratici

  • La sentenza rappresenta un precedente importante per tutte le imprese che hanno effettuato attività di ricerca e sviluppo prima del 2020 e che si sono viste negare o contestare il credito d’imposta sulla base dei criteri più restrittivi del Manuale di Frascati.

  • Rafforza la linea già emersa nella giurisprudenza tributaria, che ha escluso la validità di atti di recupero basati su criteri non vigenti nei periodi d’imposta oggetto di agevolazione.


LA SENTENZA

SENTENZA

Vuoi bloccare la procedura esecutiva?

richiedi il saldo e stralcio

 

sul ricorso numero di registro generale 4204 del 2025, proposto da

Arco International s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Laura Ciaffi e Vincenzo Ciaffi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Vincenzo Ciaffi in Roma, via Emilio Faà di Bruno 87;

contro

il Ministero delle imprese e del made in Italy e l’Agenzia delle entrate, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l’annullamento

del provvedimento di diniego del Mimit n. u0002244 avente ad oggetto certificazione del credito d’imposta, ricerca e sviluppo, innovazione e design, comunicato in data 10/01/2025 a mezzo pec;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

La tua casa è in procedura esecutiva?

sospendi la procedura con la legge sul sovraindebitamento

 

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero delle imprese e del made in Italy e dell’Agenzia delle entrate;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 25 giugno 2025 la dott.ssa Giulia La Malfa e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

La società Arco International s.r.l. ha impugnato il provvedimento con cui il Ministero delle imprese e del made in Italy ha ritenuto che le attività svolte dalla ricorrente non fossero ammissibili al credito d’imposta per le attività di ricerca e sviluppo istituito dall’art. 3, comma 1, del decreto legge n. 145/2013 e maturato nei periodi d’imposta 2017, 2018 e 2019. In particolare, il Ministero ha ritenuto che le certificazioni presentate ai sensi dell’art. 23, comma 2 del decreto legge n. 73 del 2022 non fossero idonee ad attestare tale qualificazione, rilevando l’assenza di tre dei cinque requisiti fondamentali previsti dal Manuale di Frascati e richiamati dalle linee guida del 2024, ossia la novità, la sistematicità e la riproducibilità dell’innovazione.

Il ricorso è affidato a quattro motivi di gravame, con cui la ricorrente lamenta, in via principale:

Richiedi prestito online

Procedura celere

 

  1. il difetto di istruttoria e di motivazione, in quanto il Ministero avrebbe limitato il controllo a un’analisi superficiale e formale delle certificazioni dei progetti di ricerca e sviluppo, senza svolgere una verifica approfondita e sostanziale dei requisiti tecnici richiesti;
  2. la violazione del principio di irretroattività e della gerarchia delle fonti normative, in quanto il provvedimento impugnato applica i criteri più restrittivi introdotti dal d.P.C.m. 15 settembre 2023 e dal d.m. 26 maggio 2020, che definiscono nuove modalità di qualificazione e certificazione delle attività di ricerca e sviluppo, invece dei criteri previsti dall’art. 3 del d.l. 145 del 2013 e dal decreto interministeriale 27 maggio 2015, in vigore per i periodi di imposta 2017-2019 oggetto di certificazione;
  3. l’illegittima applicazione retroattiva dei criteri interpretativi sopravvenuti, ripresi dal Manuale di Frascati e recepiti nelle nuove linee guida del 2024, non vigenti né conoscibili nel periodo 2017-2019, in violazione della normativa applicabile all’epoca e in particolare dell’art. 3 del d.l. 145 del 2013.

In via subordinata, ha inoltre contestato, con il quarto motivo di ricorso, la violazione di legge e dell’art. 4 del d.P.C.m. del 15 settembre 2023, avendo il Ministero omesso sia l’indicazione del “piano di controllo” previsto dalla normativa, sia lo svolgimento di una concreta e adeguata istruttoria tecnica sulle attività oggetto di certificazione. A tal fine, ha chiesto l’espletamento di una verificazione tecnica, al fine di accertare la reale natura delle attività contestate.

Resistono in giudizio il Ministero delle imprese e del made in Italy e l’Agenzia delle entrate, insistendo per il rigetto del ricorso.

Alla pubblica udienza del 25 giugno 2025 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Assistenza e consulenza

per acquisto in asta

 

La novità e particolarità delle questioni sollevate con i motivi di ricorso impongono una preliminare ricostruzione del quadro normativo di riferimento.

Con l’art. 3 del decreto legge 145 del 2013, il legislatore ha introdotto un credito d’imposta a favore delle imprese che effettuino investimenti nelle attività di ricerca e sviluppo.

Ai fini dell’accesso a tali benefici, l’art. 23 del decreto legge 21 giugno 2022, n. 73, convertito con legge 122/2022, ha introdotto la possibilità per le imprese di richiedere una certificazione che attesti la qualificazione degli investimenti svolti o da svolgere, classificandoli nell’ambito delle attività di ricerca e sviluppo, innovazione tecnologica e design e ideazione estetica. La certificazione, in caso di esito positivo del controllo da parte del Ministero, esplica “effetti vincolanti” nei confronti dell’Amministrazione finanziaria, con riferimento alla riconducibilità del progetto alle attività di ricerca e sviluppo, innovazione tecnologica o design e ideazione estetica.

Ai sensi dell’art. 3 del d.P.C.m. del 15 settembre 2023 tale facoltà è stata estesa non solo ai contribuenti che intendano svolgere, successivamente all’istituzione della figura del certificatore, attività di ricerca e sviluppo per accedere al credito d’imposta, ma anche a coloro che abbiano già effettuato investimenti in attività classificabili e ammissibili al credito d’imposta per ricerca e sviluppo previsto dall’art. 3 del decreto legge 23 dicembre 2013, n. 145.

Tanto premesso, in assenza di un’espressa graduazione dei motivi di ricorso, il Collegio ritiene di dover esaminare prioritariamente quelle censure che evidenziano in astratto una più radicale illegittimità del provvedimento impugnato (cfr. Cons. di Stato, Ad. plen. n. 5 del 2015). In particolare, occorre muovere dall’esame del secondo e del terzo motivo, logicamente prioritari in quanto concernono la definizione del corretto quadro normativo e interpretativo cui l’amministrazione era tenuta a conformarsi nella valutazione della certificazione.

La questione interpretativa che la presente controversia pone attiene in particolare all’applicabilità dei criteri previsti dal Manuale di Frascati dell’Ocse quale parametro di riferimento per la qualificazione delle attività di ricerca e sviluppo ammissibili al credito d’imposta riconosciuto ai sensi dell’art. 3 del decreto legge n. 145 del 2013.

In particolare, si discute se tali criteri possano essere applicati retroattivamente ai periodi d’imposta precedenti all’entrata in vigore delle disposizioni normative e interpretative che ne hanno sancito l’adozione ufficiale, ossia antecedentemente alla legge 160 del 2019 e ai successivi chiarimenti dell’Amministrazione finanziaria.

I motivi sono fondati, in quanto la spettanza del credito di imposta riconosciuto ai sensi dell’art. 3 del decreto legge n.145 del 2013 deve essere valutata esclusivamente alla luce del quadro normativo vigente nel periodo d’imposta di riferimento.

In particolare, prima delle modifiche introdotte con la legge 160 del 2019, il perimetro oggettivo dell’agevolazione era compiutamente ed esclusivamente definito dall’art. 3 del d.l. n. 145 del 2013, istitutivo della misura, e dal relativo decreto interministeriale di attuazione del 27 maggio 2015.

Il comma 4 dell’art. 3 del d.l. n. 145 del 2013 descrive, in termini positivi, le attività di ricerca e sviluppo ammissibili al beneficio, includendo:

  1. lavori sperimentali o teorici finalizzati principalmente all’acquisizione di nuove conoscenze sui fondamenti di fenomeni e fatti osservabili, senza previsione di applicazioni o utilizzi pratici diretti;
  2. attività di ricerca pianificata o indagini critiche volte ad acquisire nuove conoscenze utili allo sviluppo di nuovi prodotti, processi o servizi, al miglioramento di quelli esistenti, o alla creazione di componenti di sistemi complessi necessari alla ricerca industriale (esclusi i prototipi previsti al punto successivo);
  3. attività di acquisizione, combinazione, organizzazione e utilizzo di conoscenze e competenze scientifiche, tecnologiche e commerciali per produrre piani, progetti o disegni di nuovi prodotti, processi o servizi, o modifiche migliorative. Tali attività comprendono anche la definizione concettuale, la pianificazione e la documentazione necessarie, purché non destinate a uso commerciale. Rientrano altresì la realizzazione di prototipi utilizzabili commercialmente e progetti pilota per esperimenti tecnologici o commerciali, a condizione che il prototipo sia il prodotto finale e il cui costo di fabbricazione renda impraticabile l’uso esclusivo a fini dimostrativi o di convalida;
  4. attività di produzione e collaudo di prodotti, processi e servizi, a patto che tali attività non siano svolte con finalità industriali o commerciali.

Di contro, il comma 5 esclude espressamente dal credito d’imposta le attività che si risolvono in modifiche ordinarie o periodiche a prodotti, linee produttive, processi di fabbricazione o servizi esistenti, anche se tali modifiche comportano miglioramenti.

A  conferma  di  tale  impostazione,  anche  la  prassi  amministrativa consolidata fino al 2019 non ha mai contemplato il ricorso ai criteri del Manuale di Frascati. Dopo l’introduzione della misura, l’Agenzia delle entrate, con la circolare n. 5/E del 2016, ha fornito i primi chiarimenti interpretativi, rinviando espressamente alla circolare del Mi.s.e. n. 46586 del 2009, la quale individuava nel Manuale di Oslo lo strumento concettuale di riferimento per la qualificazione delle attività agevolabili. Questi  documenti  interpretativi                     sottolineavano                  come                la finalità dell’agevolazione fosse quella di sostenere l’impegno dell’impresa nel migliorare  processi    e               prodotti,       incrementando la                          competitività     del sistema economico, e non quella di contribuire all’incremento dello stock di conoscenze scientifiche o tecniche a livello sistemico, requisito invece previsto dal Manuale di Frascati per qualificare un’attività come ricerca e sviluppo.

Che poi, nel corso del tempo, l’Amministrazione abbia mutato orientamento è un elemento che non può essere valorizzato in suo favore; al contrario, lo stesso revirement suffraga la tesi esattamente opposta, ovvero l’originaria non applicabilità dei criteri del Manuale di Frascati.

È solo a partire dal 2018, infatti, che il Ministero dello sviluppo economico (con la Circolare n. 59990 del 2018) e, successivamente, l’Agenzia delle entrate (con la Risoluzione n. 40/E del 2 aprile 2019) hanno adottato un’interpretazione innovativa, individuando nei cinque criteri delineati dal Manuale di Frascati il paradigma di riferimento per qualificare le attività di ricerca e sviluppo (novità, creatività, incertezza, sistematicità e trasferibilità/riproducibilità).

Tale nuova impostazione interpretativa è stata però formalmente recepita e normativizzata solo con l’art. 1, comma 200, della legge 27 dicembre

2019, n. 160 (Legge di Bilancio 2020), che ha operato un richiamo espresso al Manuale di Frascati, elevando i principi in esso contenuti a criteri normativi ufficiali per la qualificazione delle attività di ricerca e sviluppo ammissibili all’agevolazione fiscale. Tale applicazione è stata poi confermata dal Ministero dello sviluppo economico nel relativo decreto attuativo del 26 maggio 2020 e nelle Linee guida approvate con decreto direttoriale del 4 luglio 2024.

Pertanto, solo a partire dal periodo d’imposta 2020, con l’introduzione del nuovo credito d’imposta per ricerca e sviluppo, il legislatore ha adottato una qualificazione più restrittiva delle attività agevolabili, vincolandone l’ammissibilità al rispetto congiunto dei cinque criteri individuati dal Manuale di Frascati: novità, creatività, incertezza, sistematicità e trasferibilità/riproducibilità. In tale contesto, è stato inoltre previsto che la “novità” richiesta debba essere intesa in senso assoluto, ossia come progresso conoscitivo non ancora acquisito a livello globale, e non più come semplice innovazione interna all’impresa, come invece consentito dall’approccio più ampio e flessibile del Manuale di Oslo.

La norma, tuttavia, non dispone che per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019.

Al riguardo, non può essere condivisa la tesi ripetutamente ribadita dall’amministrazione, secondo cui il Manuale di Frascati, in quanto fonte meramente interpretativa della normativa interna, potrebbe trovare applicazione retroattiva ai periodi d’imposta precedenti al suo effettivo recepimento normativo.

Innanzitutto, non può ritenersi che una prassi interpretativa possa sostituire o modificare retroattivamente il dettato normativo esplicito contenuto nell’art. 3 del d.l. n. 145/2013, che già definiva in modo completo il perimetro delle attività di ricerca e sviluppo ammissibili al beneficio fiscale; perimetro che non può poi essere artificiosamente ridotto in via meramente interpretativa, introducendo ex post presupposti ulteriori e più restrittivi rispetto a quelli già fissati dal legislatore, che ha invece disciplinato in modo esaustivo la materia fin dall’origine.

In secondo luogo, lo stesso recepimento espresso del Manuale di Frascati ad opera della legge n. 160 del 2019 conferma in modo chiaro che, fino a quel momento, i criteri ivi contenuti non avevano trovato ingresso nel nostro ordinamento. Se, infatti, il Manuale fosse stato già applicabile in forza di una presunta natura interpretativa “immanente”, non si spiegherebbe la necessità di un formale intervento legislativo per introdurlo espressamente come parametro vincolante a partire dal periodo d’imposta 2020. Ne discende, pertanto, che il legislatore ha inteso attribuire per la prima volta a tale documento una valenza normativa primaria, circoscrivendone consapevolmente l’efficacia ai soli periodi d’imposta successivi, con esclusione di ogni efficacia retroattiva. In tale contesto, l’applicazione retroattiva dei criteri contenuti nel Manuale di Frascati finirebbe per ledere il legittimo affidamento dell’impresa, che ha pianificato e realizzato le attività di ricerca e sviluppo confidando legittimamente nel quadro normativo vigente ratione temporis, delineato dall’art. 3 del d.l. n. 145 del 2013 e dal relativo decreto attuativo del 2015, e che di certo non avrebbe potuto prevedere un futuro e radicale mutamento dei criteri interpretativi – non previsti dalla normativa all’epoca vigente -, che solo successivamente e con effetto dal periodo d’imposta 2020, sono stati formalmente recepiti nell’ordinamento.

È altresì significativo osservare che neppure la prassi della Commissione europea – richiamata dal Ministero per giustificare l’applicazione retroattiva dei criteri del Manuale di Frascati – adotta, ai fini della valutazione degli aiuti di Stato in materia di ricerca e sviluppo, l’edizione del 2015 di tale documento. Al contrario, la comunicazione della Commissione del 27 giugno 2014, espressamente richiamata dalla difesa dell’amministrazione, fa riferimento all’edizione del Manuale di Frascati del 2002, che recepisce una nozione di attività di ricerca e sviluppo significativamente più ampia e flessibile rispetto a quella delineata nella versione del 2015, e quindi difficilmente compatibile con l’approccio più restrittivo seguito dalla recente prassi nazionale. Il Manuale di Frascati del 2002 si limita infatti a ritenere che un’attività rientri nella definizione di ricerca e sviluppo a condizione che il suo obiettivo principale sia quello di conseguire miglioramenti tecnici sul prodotto o sul processo (“If the primary objective is to make further technical improvements on the product or process, then the work comes within the definition of R&D”), senza che vi sia la necessità di valutare se tali miglioramenti sarebbero stati possibili sulla base dello stato dell’arte del settore di riferimento.

Del resto, la stessa Comunicazione del 2014 chiarisce che i criteri in essa stabiliti si applicano alle misure che rientrano nella disciplina degli aiuti di Stato, e non agli incentivi fiscali a carattere generale, come il credito d’imposta di cui all’art. 3 del d.l. 145/2013, che – proprio in quanto misura non selettiva – non è soggetto all’obbligo di notifica preventiva alla Commissione europea.

Tale ricostruzione normativa trova pieno riscontro nell’orientamento consolidato della giurisprudenza tributaria, che a più riprese ha accertato l’illegittimità degli atti di recupero emessi dall’Amministrazione finanziaria quando fondati sull’applicazione retroattiva dei criteri del Manuale di Frascati, non ancora recepiti nell’ordinamento nei periodi d’imposta di riferimento (cfr. C.t.p. Aosta, n. 12 del 2022; C.g.t. Palermo, n. 1686 del 2023; C.g.t. Cosenza, n. 5736 del 2023; C.g.t. Lecce, n. 738 del 2024; C.g.t. Bologna, n. 79 del 2025; C.g.t. Bologna, 116 del 2025; C.g.t. Brescia, n. 46 del 2025; C.g.t. Napoli, n. 1694 del 2025; C.g.t. Oristano, n. 9 del 2025; C.g.t. Vicenza, n. 92 del 2025).

I medesimi principi risultano, infatti, pienamente applicabili anche al caso di specie, sebbene l’impugnazione non riguardi un atto di recupero dell’Agenzia delle entrate, bensì il provvedimento ministeriale con cui è stata disconosciuta la validità della certificazione prevista dall’art. 23 deld.l. n. 73 del 2022.

L’applicazione retroattiva dei criteri previsti dal Manuale di Frascati non può neppure trovare fondamento nell’art. 3, comma 5, del d.P.C.m. 15 settembre 2023 né nelle relative Linee guida di attuazione, che hanno esteso tali principi anche alle certificazioni relative ai periodi d’imposta 2015-2019. Tale disposizione, di rango meramente regolamentare, non può infatti costituire la base normativa per un’estensione retroattiva dell’applicazione del Manuale.

Un simile intervento retroattivo si porrebbe infatti in evidente contrasto con il principio di irretroattività delle norme tributarie, sancito dall’art. 11 delle Preleggi e rafforzato in ambito fiscale dallo Statuto dei diritti del contribuente, che lo eleva a principio generale inderogabile dell’ordinamento. È pur vero che l’irretroattività assume una portata assoluta e inderogabile soltanto in materia penale, come previsto dall’art. 25 della Costituzione; tuttavia, poiché in ambito tributario tale principio è posto da una legge ordinaria, esso può essere derogato esclusivamente da una norma di pari rango. Di conseguenza, una norma secondaria, come il d.P.C.m. in questione, non può legittimamente introdurre una deroga a tale principio, estendendo retroattivamente l’applicazione dei criteri del Manuale di Frascati.

Alla luce di quanto esposto, si impone pertanto la disapplicazione di detta disposizione regolamentare, ancorché non impugnata, nella parte in cui estende retroattivamente l’applicazione dei criteri del Manuale al credito d’imposta previsto dall’art. 3 del d.l. 145/2013. La giurisprudenza, ormai pacifica, ammette infatti un sindacato incidentale, esercitabile anche d’ufficio dal giudice amministrativo, volto a verificare la legittimità delle norme regolamentari (cfr. Cons. di Stato, 24 luglio 1993, n. 799).

Venendo al caso in esame, l’Amministrazione ha fondato la propria valutazione negativa esclusivamente sull’applicazione dei criteri previsti dal Manuale di Frascati, come recepiti nelle Linee guida del 2024. Tale provvedimento, come si legge espressamente nelle premesse dell’atto amministrativo impugnato, richiama e ribadisce l’obbligo per il certificatore di conformarsi ai cinque criteri fondamentali individuati dal Manuale (novità, creatività, incertezza, sistematicità, trasferibilità/riproducibilità), assumendoli come paradigma vincolante anche per l’interpretazione dell’art. 3 del D.L. n. 145/2013.

Su queste premesse, il Ministero ha motivato il disconoscimento del beneficio evidenziando la “mancanza e comunque la mancata dimostrazione per tutti e 5 i progetti (…) del superamento di almeno 3 dei 5 requisiti fondamentali previsti dalle Linee Guida alla Sezione 1.1.3”, con specifico riferimento ai criteri della novità, della sistematicità e della riproducibilità.

Sotto il profilo della novità, in particolare, l’Amministrazione contesta la mancanza di una dimostrazione adeguata del requisito inteso in senso assoluto, ovvero come incremento dello stock di conoscenze scientifiche a livello settoriale e non semplicemente aziendale. Secondo l’Amministrazione, la società avrebbe omesso di fornire una descrizione adeguata dello stato dell’arte e un confronto articolato con le soluzioni tecnologiche già disponibili, come richiesto dalle Linee guida e, a monte, dallo stesso Manuale di Frascati. Ritiene, quindi, che le attività di ricerca svolte siano autoriferite, cioè circoscritte all’ambito interno dell’impresa, e non idonee a produrre risultati nuovi e rilevanti a livello generale.

La valutazione del Ministero si è perciò basata solamente sull’applicazione dei criteri del Manuale di Frascati, formalmente recepiti solo a decorrere dal periodo d’imposta 2020, applicandoli retroattivamente al credito d’imposta maturato dalla ricorrente e disciplinato dall’art. 3 del decreto legge n. 145/2013.

Al riguardo, non può essere condiviso l’assunto difensivo secondo cui il Ministero avrebbe escluso l’ammissibilità delle attività al credito d’imposta principalmente in quanto riconducibili all’innovazione di processo, attribuendo invece un rilievo meramente secondario alla mancata sussistenza dei criteri del Manuale di Frascati.

In primo luogo, i due profili – da un lato, la qualificazione delle attività come innovazione di processo e, dall’altro, la carenza dei requisiti di novità, sistematicità e riproducibilità – non sono autonomi, ma strettamente interconnessi: è proprio l’adozione da parte dell’amministrazione di una nozione restrittiva di “ricerca e sviluppo”,mutuata dai criteri stringenti del Manuale di Frascati, a indurla a classificare le attività come “mera innovazione di processo”. In altri termini, è proprio perché l’amministrazione ha assunto come parametro il concetto di “novità assoluta” – ossia un incremento dello stock di conoscenze scientifiche e tecnologiche a livello globale – che ha ritenuto che l’attività non integrasse una vera e propria attività di ricerca e sviluppo, declassandola a semplice innovazione interna.

In secondo luogo, il provvedimento impugnato dedica oltre dieci pagine all’esame dettagliato dell’insussistenza dei criteri previsti dal Manuale di Frascati, soffermandosi con ampie argomentazioni sul difetto di novità, sistematicità e riproducibilità. La mancata rispondenza a tali criteri ha perciò costituito l’asse portante della motivazione, e non certo un argomento accessorio o secondario.

Da tali considerazioni discende la fondatezza del secondo e del terzo motivo di ricorso, con i quali la ricorrente ha censurato l’illegittima applicazione retroattiva dei criteri previsti dal Manuale di Frascati dell’OCSE – e del d.m. 26 maggio 2020 che li ha formalmente recepiti – come parametro vincolante per la qualificazione delle attività di ricerca e sviluppo ammissibili al credito d’imposta di cui all’art. 3 del decreto legge n. 145 del 2013.

Tanto determina, in accoglimento del secondo e del terzo motivo, l’annullamento del provvedimento impugnato, previa disapplicazione dell’art. 3, comma 5, del d.P.C.m. 15 settembre 2023 e delle relative linee guida di attuazione, nella parte in cui estendono l’applicazione dei criteri del Manuale di Frascati al credito d’imposta di cui all’art. 3 del decreto legge n. 145 del 2013. L’amministrazione dovrà pertanto rideterminarsi,  conformandosi  al  corretto  quadro  normativo  e interpretativo delineato in motivazione.

L’esame del primo motivo, relativo al difetto di istruttoria e di motivazione, resta assorbito, atteso che l’amministrazione sarà tenuta a rieditare il potere in base ai criteri applicabili ratione temporis.

Parimenti assorbito è il quarto motivo, proposto in via meramente subordinata, che resta superato dall’accoglimento dei motivi principali.

La portata interpretativa della pronuncia giustifica la compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato, nei termini e con gli effetti di cui in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 giugno 2025 con l’intervento dei magistrati:

Francesco Mele, Presidente Marianna Scali, Primo Referendario

Giulia La Malfa, Referendario, Estensore

L’ESTENSORE                                  IL PRESIDENTE

Giulia La Malfa                                    Francesco Mele

IL SEGRETARIO

 



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link

Finanziamenti personali e aziendali

Prestiti immediati