Orsini: ‘L’Irpef non basta, servono 8 miliardi per le imprese’ – Notizie


Tagliare l’Irpef non basta. Non è intervenendo sull’aliquota sul ceto medio che si garantisce la crescita. Quello che serve è spingere la produttività, dare forza alle imprese, in poche parole “mettere al centro l’industria”. Mentre tra i partiti si scalda il dibattito sulla futura manovra, il presidente di Confindustria Emanuele Orsini interviene di fronte alla platea degli industriali emiliani tornando ad invocare un piano industriale straordinario con risorse complessive per 8 miliardi di euro.

Solo così si può creare ricchezza e solo così la ricchezza può essere redistribuita. Quello dei salari, assicura alla luce delle proposte emerse all’interno della maggioranza negli ultimi giorni, “è sempre stato un tema” per gli industriali, ma i salari non aumentano con un taglio dell’Irpef “una volta l’anno”.

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Piuttosto bisogna guardare ai contratti di produttività. E bisogna puntare sulle imprese che possono “produrre di più, guadagnare di più e distribuire le ricchezze”. E’ quella la via, spiega. Orsini pensa anche all’Europa, chiedendo di fare un salto di qualità e di attivare gli Eurobond, ma è soprattutto sui prossimi interventi legislativi e sulla legge di bilancio per il 2026 che concentra l’attenzione. L’emergenza numero uno è ancora quella energetica e per superarla serve applicare quanto prima il meccanismo del disaccoppiamento.

Un tema sul quale il governo è al lavoro con un decreto, che però ancora non è in arrivo al Cdm. Ma c’è anche un altro elemento dal quale non si può prescindere. Alla fine dell’anno sono in scadenza tutti i principali incentivi all’industria. Lo sono Industria 4.0 e 5.0 (che da sola vale 6,3 miliardi), lo è la Zes Unica per il Mezzogiorno, lo sono le principali agevolazioni per ricerca e sviluppo: il credito di imposta per l’innovazione tecnologica, quello per l’innovazione 4.0 e green ed anche quello per design e innovazione estetica sono validi fino al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre di quest’anno.

Orsini non lo cita, ma nella manovra dello scorso anno è stato rifinanziato e ridefinito il Fondo di garanzia per le Pmi, ma anche in questo caso solo per il 2025. Gli industriali pensano quindi ad un piano complessivo per 8 miliardi all’anno per tre anni che comprenda ‘incentivi 6.0’, come illustrato anche all’assemblea annuale, che rispolveri l’Ace e che semplifichino e migliorino l’Ires premiale. Le risorse non vanno considerate a fondo perduto, puntualizza Orsini: “parte degli investimenti ritornano con l’Iva, col gettito che generano le imprese e soprattutto con le assunzioni”.

Il lavoro con il governo è iniziato, garantisce ancora il presidente di Confindustria. Ed effettivamente l’esecutivo, per bocca del viceministro delle Finanze, Maurizio Leo, si è già impegnato per la stabilizzazione dell’Ires. Il titolare del Mimit, Adolfo Urso, ha invece già proposto una revisione di Transizione 4.0 e 5.0 con una sorta di accorpamento che le renda più funzionali. Per tirare le fila bisognerà però aspettare ancora. Venerdì usciranno i dati sulle entrate fiscali che potranno dare un primo orientamento sulle risorse, ma i conti si faranno ancora più in là. In queste settimane il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, vedrà e incontrerà i colleghi di governo e le delegazioni dei vari gruppi. Poi si tireranno le fila in base alle priorità politiche del governo e alle disponibilità finanziarie.

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La Lega ha già fatto sapere quali sono le sue proposte essenziali e le ha ribadite in una riunione al Mit con Matteo Salvini, a cui ha partecipato in chiave politica lo stesso Giorgetti. Si parte dalla difesa del reddito delle famiglie, dalla rottamazione, dall’estensione della flat tax al 15% ma si insiste ancora anche sulla necessità di “un maggiore contributo (da destinare a famiglie e imprese) da parte di realtà finanziarie che stanno facendo decine di miliardi di euro di profitti”. Leggi, le banche.

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