Confindustria chiede investimenti alle imprese e dimentica i salari dei lavoratori italiani


C’è un vizio antico, quasi congenito, nelle dichiarazioni di Confindustria: chiedere, pretendere, reclamare sostegni e incentivi per le imprese, come se la crescita fosse una formula magica che funziona solo ingrassando i profitti aziendali. L’ultima uscita del Presidente ne è l’ennesima conferma: non servono tagli all’IRPEF dei lavoratori, meglio puntare tutto sulle imprese. Ma nessuno, a partire dagli industriali, sembra voler ricordare che i lavoratori italiani hanno stipendi tra i più bassi d’Europa, un record di cui vergognarsi.

Si può investire in innovazione, digitalizzazione, industria 4.0, tutto quello che si vuole. Ma se la gente a fine mese non arriva a pagare bollette e spesa, di che crescita stiamo parlando? Un Paese che si regge sul lavoro malpagato è un Paese che si condanna alla stagnazione.

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E poi c’è un principio semplice, quasi elementare, che però in certi salotti sembra non valere: se i lavoratori hanno più soldi in busta paga, più spendono. E se più spendono, le imprese vendono di più, producono di più e guadagnano di più. Non è solo questione di giustizia sociale: è buon senso economico. Ma questo ragionamento, tanto chiaro nelle tasche di chi fa la spesa ogni giorno, sembra invece un tabù per chi rappresenta i grandi interessi industriali.

La verità è che Confindustria guarda sempre dalla stessa parte: quella di chi ha già, non di chi non ha abbastanza. Eppure l’Italia che si spezza è quella dei giovani che scappano all’estero, delle famiglie che stringono la cinghia, dei pensionati che fanno conti impossibili. Parlare di crescita dimenticando la dignità dei salari è un inganno colossale, l’ennesimo tentativo di scaricare i costi su chi lavora e tenere i vantaggi per chi comanda.

Il futuro dell’economia non può essere costruito sulle spalle dei lavoratori impoveriti. O l’Italia sceglie di valorizzare il capitale umano, aumentando le buste paga e restituendo dignità al lavoro, o resteremo prigionieri di un modello che arricchisce pochi e lascia indietro molti.




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