Il 2026 sarà l’anno post Covid più critico per l’economia pugliese, le stime parlano di una crescita che andrà ancora a rallentare avvicinandosi alla stagnazione. Le previsioni, inserite nel Documento di economia e finanza regionale (Defr) 2026-2028, parlano di un Pil in crescita dello 0,5%, se cosi fosse vorrebbe dire una ulteriore contrazione dal 2021 in poi.
Dopo la pandemia, infatti, l’economia pugliese ha dimostrato grande resilienza e ha avuto un ottimo “rimbalzo”, superiore persino alla media nazionale, ma negli ultimi due anni la frenata è stata brusca. Dopo il -7,47% del 2020, anno dell’esplosione del Covid e delle chiusure totali, nel 2021 il Pil pugliese ha fatto registrare un +8,2% a fronte del +7,9 del Mezzogiorno e +8,3 dell’Italia. Nel 2022, l’economia pugliese è cresciuta ancora e in maniera sostanziosa, +5,4% a fronte del +5,9% del Mezzogiorno e +4,7% italiano. Dal 2023, però, la curva ha iniziato una ripida discesa pur restando competitivo: il Pil pugliese si è fermato a +1,1%, quello del resto del Sud a +1,5 e quello italiano a +0,7%. Nel 2024 è sceso sotto la soglia dell’1%, attestandosi poco al di sotto dello 0,7% e quest’anno e nel 2026 le previsioni parlano solo di un +0,5%, un dato che potrebbe essere rivisto anche al ribasso. Cifre che vorrebbero significare stagnazione dell’economia. Certo, la media nazionale non dovrebbe discostarsi di troppo ma è solo una magra consolazione.
Quel che appare evidente è che il rimbalzo post pandemia si è esaurito, ora però bisogna evitare che la “locomotiva” si fermi del tutto, andandosi ad impantanare. Una partita resa ancora più complessa dall’introduzione dei dazi statunitensi, basti pensare che soltanto nel primo trimestre del 2025 le imprese pugliesi hanno esportato verso gli Usa prodotti per un valore di 194 milioni, il 9% sul totale dell’export regionale. Gli Usa sono diventati, così, il secondo mercato di sbocco per la Puglia, un balzo in avanti che rischia di essere compromesso dai dazi. Tra gennaio e marzo di quest’anno, la Puglia ha esportato prodotti per 351 milioni verso la Germania (pari al 16,2% del totale dell’export regionale), a seguire gli Usa (194 milioni e 9% sul totale), Francia (192 milioni, 8,9%) e Spagna (173 milioni e 8%). Quali sono i principali prodotti esportati dalla Puglia? Al primo posto ci sono i medicinali e preparati farmaceutici: 208 milioni, 9,6% del totale. Seguono gli accessori per auto e loro motori (138 milioni, 6,4%); prodotti agroalimentari (126 milioni, 5,8%); altri macchinari per impieghi speciali (121 milioni, 5,6%); mobili (105 milioni, 4,9%) e prodotti da forno e farinacei (90 milioni, 4,1%). Un business che è messo a repentaglio dai dazi al 15%. Svimez ha calcolato che la Puglia potrebbe vedere andare in fumo circa 117 milioni, con 1300 posti di lavoro in bilico. Il calo delle esportazioni regionali si attesterebbe al –13%. E’ chiaro che, senza una alternativa valida al mercato statunitense, a risentirne sarà l’intero comparto economico e produttivo regionale. Nel primo trimestre 2025, il totale dell’interscambio commerciale pugliese è stato pari a circa 5 miliardi di euro, un -0,1% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente: una quota che da sola rappresenta il 14,5% dell’intero commercio del Meridione. Il 42,9% degli scambi del commercio sono rappresentati dalle esportazioni, valore di quasi 2.16 miliardi di euro, in calo dell’8,4% sul primo trimestre 2024. In totale, il saldo commerciale è in territorio negativo per oltre 716 milioni di euro. Segnali non positivi che rischiano di compromettere quanto fatto negli ultimi tredici anni, con l’economia pugliese cresciuta più velocemente della media nazionale e meridionale.
Infatti, secondo uno studio realizzato da Deloitte Economics, dal 2010 al 2023 il Pil pro capite reale è aumentato dello 0,4% annuo, il doppio del dato italiano (+0,2%) e quattro volte quello del Mezzogiorno (+0,1%). A trainare questa performance sono stati, in particolare, i comparti della ricerca sperimentale e del trasporto aereo, supportati dall’industria del mobile e da quella alimentare con Bari che si distingue come quinta provincia italiana per numero di start-up innovative nel 2024, preceduta solo da Milano, Roma, Napoli e Torino, primeggiando nella crescita. Parzialmente positivo il dato sul tasso di occupazione giovanile regionale: 16,5% nella fascia 15-24 anni e 55,9% nella fascia 25-34, valori superiori in entrambi i casi alla media meridionale, ma inferiori alla media nazionale. Sul fronte dell’innovazione digitale, le imprese pugliesi hanno registrato negli ultimi due anni un +13,4% di aziende con livello base di digitalizzazione, superando sia la media italiana (+9,4%) sia quella del Sud (+6,8%). Capitolo occupazione, l’ultimo rapporto dell’Istat traccia un quadro agrodolce per la Puglia: da un lato una crescita dell’occupazione, dall’altro però si registra un evidente calo demografico, con la perdita di 17mila abitanti nell’ultimo anno.
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