Sui buoni pasto elettronici la maggioranza studia l’aumento della soglia di esenzione fiscale, con tetto a 10 euro dagli attuali 8.
La novità potrebbe arrivare con la prossima legge di Bilancio. La proposta porta la firma della senatrice Paola Mancini di Fratelli d’Italia, componente della commissione Lavoro al Senato, che ha concretizzato un indirizzo della premier Giorgia Meloni.
Buoni pasto ed esenzione fiscale a 10 euro
L’idea nasce dall’esigenza di adeguare il valore del ticket all’aumento del costo medio di un pasto, salito sensibilmente a causa dell’inflazione.
Il dossier, che modifica l’articolo 51 del Tuir, è attualmente al vaglio del ministero dell’Economia, il cui parere sarà decisivo per l’inserimento in Manovra.
Oggi i buoni pasto corrisposti al lavoratore devono essere sottoposti a tassazione ai fini dell’Irpef in capo al dipendente. Però se concessi a intere categorie, non generano reddito imponibile entro il limite massimo di:
- 4 euro in formato cartaceo,
- 8 euro in formato elettronico.
Cosa cambierebbe con la soglia a 10 euro
Con l’esenzione fiscale a 10 euro il valore massimo del buono pasto che non concorre a formare reddito salirebbe a 10 euro. Questo significa che fino a 10 euro al giorno i buoni pasto sarebbero “netti” per il lavoratore (non fanno reddito e quindi sono esclusi da tasse e contributi) e interamente deducibili per l’azienda.
Il tema si intreccia con una riflessione più ampia avviata dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che nelle ultime settimane ha ribadito la necessità di far crescere insieme salari e produttività, indicando nel welfare aziendale uno strumento strategico per redistribuire la ricchezza.
Secondo l’Osservatorio Welfare di Edenred, nel 2024 le imprese italiane hanno erogato in media 1.000 euro a dipendente in servizi e benefit, con un aumento del +10% rispetto al 2023. Se a questa cifra si sommano i buoni pasto, il valore annuo complessivo arriva a circa 2.700 euro, pari a una o due mensilità nette in più per i lavoratori del ceto medio.
Non si tratta solo di un beneficio individuale. Uno studio della Sda Bocconi, citato dal Sole 24 Ore, mostra come il comparto dei buoni pasto generi valore per lo 0,75% del Pil, sostenendo 220.000 posti di lavoro diretti e indiretti. Solo nel 2023, i consumi tramite ticket hanno portato nelle casse dello Stato 419 milioni di euro di Iva.
Attualmente sono 3,5 milioni i lavoratori che utilizzano i buoni pasto, distribuiti da 14 società emettitrici. Dal 1° settembre è inoltre entrato in vigore il nuovo tetto sui buoni pasto del 5% relativamente alle commissioni applicate, introdotto con la legge sulla concorrenza.
I vantaggi per imprese e lavoratori
Dal punto di vista fiscale, i buoni pasto non concorrono a formare reddito imponibile per i dipendenti entro le soglie di legge (oggi, come detto, 4 euro per il cartaceo e 8 per l’elettronico). Per le aziende, invece, la spesa è integralmente deducibile, senza i limiti previsti per vitto e alloggio. Un meccanismo che li rende una leva bilanciata: le imprese premiano i dipendenti senza aggravi contributivi, i lavoratori ottengono un beneficio reale in busta paga e lo Stato incassa un gettito indiretto legato all’Iva.
Altre misure in arrivo: affitti studenti e indennità di trasferta
Il pacchetto sul welfare in Manovra non si limita ai buoni pasto. La proposta Mancini include anche:
- rimborso affitti studenti con esenzione fiscale per i contributi erogati a universitari e iscritti agli Its Academy che studiano oltre 50 km dalla residenza o con tempi di viaggio superiori a 60 minuti;
- aggiornamento indennità di trasferta, dal momento che gli importi sono fermi dal 1986 e ancora espressi in lire e verrebbero rivalutati annualmente con l’indice Istat (da circa 50 euro si passerebbe a 131 euro al giorno).
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link