Guida completa all’Ires premiale 2025. Scopri come funziona il tetto al beneficio fiscale, i dubbi sul calcolo del costo degli investimenti 4.0 e la cumulabilità con i crediti d’imposta.
Nel panorama delle agevolazioni fiscali destinate alle imprese, l’Ires premiale rappresenta un’importante opportunità per quelle società che decidono di investire nella propria crescita e nell’occupazione. L’obiettivo della misura è chiaro: premiare con un significativo sconto d’imposta le realtà produttive più virtuose. Tuttavia, l’applicazione pratica di questa norma ha richiesto dei correttivi per garantirne l’equità e la sostenibilità per le casse dello Stato. Un recente decreto attuativo ha infatti introdotto dei paletti per evitare effetti distorsivi, legando più strettamente il vantaggio fiscale all’entità degli sforzi sostenuti dall’impresa. Di fronte a queste novità, molti imprenditori e professionisti si chiedono: cos’è l’Ires premiale e come funziona il tetto? Questa guida si propone di fare luce sul meccanismo dell’agevolazione, spiegando nel dettaglio il funzionamento del nuovo limite introdotto e analizzando i punti ancora incerti che attendono un chiarimento ufficiale.
Come funziona il meccanismo dell’Ires premiale?
Il meccanismo dell’Ires premiale, introdotto dalla legge 207/2024, è concepito per offrire un vantaggio fiscale concreto alle società che soddisfano tre specifiche condizioni di accesso:
- l’accantonamento di una quota di utile a riserva;
- la realizzazione di un ammontare minimo di investimenti qualificati;
- un incremento del numero dei dipendenti.
Una volta superate queste tre soglie, la normativa primaria prevedeva che la società potesse applicare un’aliquota Ires ridotta, pari al 20% invece dell’ordinario 24%, all’intero imponibile fiscale relativo all’anno 2025 (da dichiarare nel modello Redditi 2026). Il problema di questa impostazione iniziale risiedeva nella totale assenza di correlazione tra l’entità del beneficio e l’ammontare degli investimenti o delle assunzioni. In teoria, un’impresa avrebbe potuto, con investimenti e accantonamenti relativamente modesti e l’assunzione di un solo dipendente, ottenere un risparmio fiscale del 4% su un imponibile di decine o centinaia di milioni di euro. Questo avrebbe potuto generare un impatto anomalo e indesiderato sul gettito erariale, premiando in modo sproporzionato realtà con imponibili molto elevati a fronte di sforzi minimi.
Quale tetto è stato introdotto al beneficio fiscale?
Per correggere la potenziale sproporzione del meccanismo originario, il decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze dell’8 agosto 2025 ha introdotto, con l’articolo 12, un tetto massimo al vantaggio ottenibile. La nuova regola stabilisce che l’importo del beneficio fiscale, che corrisponde al risparmio del 4% sull’imponibile agevolato, non può in nessun caso superare il costo sostenuto per gli investimenti rilevanti ai fini dell’accesso al regime, ovvero quelli in beni 4.0 o 5.0. Si tratta del costo effettivamente “rimasto a carico” dell’impresa.
Per comprendere meglio, facciamo un esempio pratico. Immaginiamo una società con un imponibile Ires per il 2025 di 10 milioni di euro. Il beneficio fiscale teorico, applicando l’aliquota ridotta, sarebbe di 400.000 euro (il 4% di 10 milioni). Se questa stessa società ha sostenuto investimenti qualificati per un costo di 300.000 euro, il suo beneficio non potrà superare questa cifra. Di conseguenza, l’aliquota agevolata del 20% non si applicherà all’intero imponibile, ma solo a una sua parte. Tale porzione si calcola dividendo il costo dell’investimento per l’aliquota di risparmio: 300.000 euro / 0,04 = 7,5 milioni di euro. Su questa base imponibile si applicherà l’aliquota del 20%, mentre la restante parte del reddito (2,5 milioni di euro) sconterà l’aliquota ordinaria del 24%.
Quale costo di investimento si usa per il calcolo?
L’introduzione del tetto ha risolto un problema ma ha contestualmente sollevato nuovi dubbi applicativi, che la relazione ministeriale al decreto non chiarisce in modo esplicito. Il primo interrogativo riguarda quale sia l’esatto ammontare degli investimenti da prendere a riferimento per il calcolo del limite. Non è chiaro se il costo da considerare sia unicamente quello minimo richiesto dalla norma come condizione di accesso al regime, oppure se si debba tener conto dell’intero costo effettivamente sostenuto qualora questo sia superiore alla soglia minima.
Questa seconda ipotesi, apparentemente più favorevole per le imprese che investono di più, aprirebbe un’altra questione. La normativa prevede un “periodo di sorveglianza”, ovvero un vincolo a mantenere i beni agevolati in azienda fino al quinto esercizio successivo. Se per il calcolo del tetto si considera l’intero valore degli investimenti effettuati, anche la parte eccedente la soglia minima dovrà sottostare a questo vincolo di mantenimento? Si tratta di un aspetto non secondario, che necessita di un chiarimento ufficiale per consentire una corretta pianificazione aziendale.
Come interagisce con i crediti d’imposta 4.0 e 5.0?
Un’ulteriore area di incertezza riguarda la coesistenza dell’Ires premiale con altri incentivi, in particolare con i crediti d’imposta per investimenti in beni 4.0 o 5.0. L’articolo 12 del decreto attuativo ribadisce la piena cumulabilità tra le due agevolazioni, ma non fornisce indicazioni precise su come calcolare il valore dell’investimento da usare come tetto quando è presente anche un tax credit. Il punto nodale è il concetto di “costo rimasto a carico” dell’impresa. Questo costo va calcolato al lordo o al netto del credito d’imposta?
Storicamente, per altre agevolazioni (come indicato nella circolare 4/E/2017), ai fini del calcolo della soglia di accesso si considera il costo dell’investimento al lordo di eventuali contributi. Non è però scontato che lo stesso principio valga anche per il calcolo del tetto massimo al beneficio dell’Ires premiale. Il credito d’imposta, infatti, è contabilmente un contributo in conto impianti che riduce il costo effettivo per l’azienda.
Riprendendo l’esempio precedente, se sull’investimento da 300.000 euro l’impresa beneficia di un credito d’imposta 4.0 del 20% (pari a 60.000 euro), quale sarà il valore da usare come tetto? Sarà 300.000 euro (costo lordo) o 240.000 euro (costo netto)? La differenza è sostanziale e determinerà una diversa porzione di reddito agevolabile. Anche su questo punto, un intervento chiarificatore da parte dell’Amministrazione Finanziaria è indispensabile.
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