Le nuove istruzioni operative emanate dall’Agenzia delle dogane con la circolare n. 21/2025 segnano un passaggio decisivo verso un modello di cooperative compliance, che valorizza il contributo dei professionisti nei procedimenti di rilascio e mantenimento delle autorizzazioni doganali.
L’ADM rilancia, in via sperimentale, l’utilizzo delle “conclusioni degli esperti” già previsto dall’art. 29 del Reg. (UE) 2015/2447 e dalla Circolare n. 14/2024: commercialisti, revisori, avvocati e spedizionieri possono affiancare le imprese con relazioni tecniche riconosciute dall’amministrazione, agevolando la verifica dei requisiti AEO (Operatore Economico Autorizzato).
La fase sperimentale si concentra sulla gestione delle scritture contabili e sugli standard di sicurezza, rinviando a un gruppo di lavoro l’esame della solvibilità finanziaria.
Ne deriva un nuovo spazio operativo per i consulenti, chiamati a integrare competenze fiscali, contabili e organizzative.
Un’opportunità che rafforza il ruolo dei professionisti come partner strategici nella compliance doganale e nell’internazionalizzazione delle imprese.
2) Il contributo concreto dei professionisti
1) AEO e nuove istruzioni ADM: il ruolo chiave dei commercialisti nella compliance doganale
Negli ultimi mesi l’Agenzia delle dogane e dei monopoli ha introdotto novità rilevanti che riguardano direttamente l’attività quotidiana dei professionisti che assistono le imprese nei rapporti con la dogana.
Con la circolare n. 21 del 27 agosto 2025 viene infatti avviata una fase sperimentale che rende operativo un modello di collaborazione tra autorità e operatori economici, basato sul coinvolgimento diretto di esperti iscritti agli albi professionali.
L’obiettivo è duplice: da un lato velocizzare i procedimenti di rilascio e mantenimento delle autorizzazioni doganali, dall’altro rafforzare la fiducia reciproca tra imprese e amministrazione.
Il riferimento normativo è l’art. 29 del Regolamento (UE) 2015/2447, che consente alle dogane di tener conto delle conclusioni degli esperti per verificare il possesso dei requisiti di cui all’art. 39 del Codice doganale dell’Unione.
In concreto, significa che – oltre alle verifiche svolte dagli uffici – le valutazioni tecniche di commercialisti, revisori, avvocati o spedizionieri doganali possono essere utilizzate a supporto dell’istruttoria. Non si tratta quindi di sostituire il controllo pubblico, ma di integrarlo con un contributo qualificato che consente di ridurre i tempi e rendere più fluido il procedimento; resta ferma la competenza esclusiva dell’Agenzia e la redazione della relazione circostanziata ex art. 29, par. 5, RE.
La circolare 21/2025 concentra l’attenzione, almeno in questa fase iniziale, su due profili:
- la corretta gestione delle scritture contabili e doganali (art. 39 lett. b) CDU)
- e il rispetto degli standard di sicurezza della catena logistica (art. 39 lett. e) CDU).
Per la solvibilità finanziaria (lett. c) la metodologia della fase sperimentale è rinviata all’esito di un gruppo di lavoro; restano comunque possibili le conclusioni degli esperti che l’Ufficio può considerare a mero supporto dell’istruttoria.
Per i commercialisti, questo significa che le richieste di supporto da parte delle imprese si focalizzeranno soprattutto sull’analisi dei sistemi contabili e di controllo interno, oltre che sull’adeguatezza delle procedure di sicurezza adottate.
Sul piano pratico, i professionisti devono esprimere giudizi documentati su alcuni aspetti chiave: l’idoneità del sistema di registrazione e tracciabilità delle operazioni, la presenza di un audit trail che colleghi ordini, dichiarazioni doganali e rilevazioni contabili, la corretta identificazione delle merci e l’efficacia dei controlli interni.
Per la sicurezza, vanno valutati i processi di selezione dei partner commerciali, l’integrità delle unità di trasporto, le misure adottate per evitare accessi non autorizzati e le procedure interne di verifica delle merci in entrata e in uscita. In altre parole, si richiede un’istruttoria preventiva strutturata che consente agli Uffici di disporre di riscontri tecnici già organizzati, agevolando così il successivo controllo doganale.
Un elemento innovativo riguarda il richiamo al modello organizzativo ex d.lgs. 231/2001.
L’Agenzia invita a considerare la presenza e l’efficacia di tale strumento non come un mero adempimento formale, ma come indicatore della capacità dell’impresa di gestire i rischi anche in ambito doganale e fiscale.
È quindi compito del professionista valutare se il modello sia realmente calato sulla realtà aziendale, evitando approcci standardizzati, e suggerire eventuali miglioramenti o procedure alternative.
Naturalmente, la responsabilità finale rimane in capo all’amministrazione, che mantiene il potere di decidere sull’istanza.
Tuttavia, la qualità del lavoro svolto dai professionisti assume un peso rilevante: relazioni incomplete o inesatte possono infatti ripercuotersi non solo sull’affidabilità dell’esperto, con segnalazioni all’ordine professionale, ma anche sull’impresa che ha presentato la documentazione.
È quindi fondamentale assicurare indipendenza, rigore e coerenza metodologica.
Per i commercialisti, questo nuovo scenario apre opportunità ma richiede anche un salto di qualità.
Le imprese avranno sempre più bisogno di consulenze capaci di coniugare competenze contabili, fiscali e organizzative con una conoscenza specifica delle regole doganali.
Offrire un supporto qualificato nella predisposizione delle “conclusioni degli esperti” significa diventare parte attiva di un processo che mira a ridurre tempi e costi per le aziende, migliorando al contempo la compliance complessiva.
In definitiva, le nuove istruzioni operative rafforzano il ruolo dei professionisti come partner strategici nelle scelte di internazionalizzazione e gestione dei flussi commerciali, consolidando un approccio di collaborazione che potrà diventare, nel tempo, una prassi ordinaria del sistema doganale europeo.
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2) Il contributo concreto dei professionisti
Per sfruttare appieno le opportunità offerte dalle nuove istruzioni, i professionisti possono adottare un approccio organizzato che li metta nelle condizioni di rispondere con tempestività e precisione alle richieste delle imprese. È innanzitutto utile programmare un percorso di formazione specifica sui requisiti AEO e sulle check-list predisposte dall’ADM, corredando sempre la documentazione con la dichiarazione di assenza di collegamento con il professionista, così da assicurare la piena conformità alle prescrizioni. Parallelamente, risulta strategico predisporre modelli standard di relazione tecnica, da adattare di volta in volta alle peculiarità del cliente, per ridurre i tempi di lavorazione e limitare il rischio di errori. All’interno dell’attività di consulenza ordinaria dovrebbe inoltre trovare spazio la verifica periodica della tenuta delle scritture doganali e delle procedure di sicurezza logistica, così da anticipare eventuali criticità. In questa prospettiva, la collaborazione con altre figure professionali – come spedizionieri doganali, avvocati e revisori – consente di offrire un approccio realmente multidisciplinare, particolarmente apprezzato nelle fasi di audit. Infine, un’attenzione specifica dovrebbe essere riservata all’adozione o all’aggiornamento del modello organizzativo 231, calibrandolo sulle esigenze concrete della realtà aziendale in ambito doganale e fiscale, così da rafforzare ulteriormente l’affidabilità complessiva dell’impresa.
In questo modo, il commercialista non solo rafforza la propria posizione di consulente di fiducia, ma diventa un alleato strategico dell’impresa nell’ottenimento e nel mantenimento delle autorizzazioni doganali, contribuendo a consolidare la cultura della compliance e a creare valore concreto nel commercio internazionale.
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