Il Position Paper prende le mosse dalla recente intesa raggiunta durante l’ultimo G7 che – come noto – esclude i gruppi societari statunitensi dall’ambito applicativo dell’imposta minima globale (GMT) prevista dal Pillar 2, per svolgere delle considerazioni e fare delle proposte per il posizionamento, su questi temi, dell’Unione europea.
In primis, viene messa in risalto la profonda trasformazione che il dibattito sulla fiscalità internazionale sta subendo in questi ultimi tempi. Il sistema, in sintesi, è segnato da una duplice crisi. Da un lato, la fragilità del framework OCSE sulla minimum tax sul quale si addensano critiche crescenti sulla sua difficoltà di implementazione e sulla mancanza di consenso tra le giurisdizioni aderenti all’Inclusive Framework. Dall’altra parte, il declino del modello tradizionale di allocazione dei diritti impositivi della residenza e della fonte; criteri che storicamente hanno regolato la distribuzione della potestà tributaria tra Stati ma che di recente risultano sempre meno adeguati a fronte della crescente digitalizzazione e mobilità dei fattori produttivi.
Partendo da questa constatazione, il Position Paper propone una riflessione strategica sull’autonomia fiscale dell’Unione Europea e sulla necessità di mettere in campo strumenti innovativi per garantire equità e competitività nel mercato unico.
Per colmare il divario competitivo con gli Stati Uniti e altre economie avanzate, l’UE dovrebbe anzitutto adottare una strategia multidimensionale che integri: i) investimenti pubblici e privati su larga scala in settori strategici, quali difesa, energia, semiconduttori, tecnologie digitali, intelligenza artificiale, telecomunicazioni e proprietà intellettuale; ii) l’attivazione rapida della Capital Market Union per mobilitare capitale privato a sostegno di progetti paneuropei; iii) un maggiore coordinamento fiscale e l’emissione di debito comune per finanziare iniziative transfrontaliere.
Questa strategia richiede anche una revisione delle politiche di incentivazione fiscale, con l’introduzione di regimi agevolativi mirati agli investimenti intra-UE e il superamento delle attuali rigidità in materia di aiuti di Stato, soprattutto per favorire il reshoring di attività produttive extra-UE
In assenza di progressi sul Pillar 1, l’UE deve anche esplorare misure alternative per rafforzare la propria autonomia fiscale e per correggere distorsioni concorrenziali, garantendo l’integrità del mercato unico.
Dovrebbe essere oggetto di nuova valutazione la progettazione di una Digital Services Tax (DST) armonizzata, concepita come strumento semplificato per la riallocazione delle basi imponibili digitali, evitando doppie imposizioni e fenomeni di pass-through sui consumatori.
Viceversa, del tutto fuori logica appare il progetto della nuova CORE Tax (COM(2025) 574 final), una imposta forfettaria progressiva sul fatturato delle imprese UE, che, al di là di evidenti distorsioni legate al suo meccanismo di applicazione “a cascata”, riguarderebbe soltanto i soggetti stabiliti in UE, ignorando del tutto il vero problema che è quello della tassazione dei profitti che i soggetti non residenti (né localizzati) realizzano tramite vendite nel territorio della UE.
Particolare attenzione viene riservata a due proposte di revisione del Pillar 2, finalizzate alla semplificazione e all’allineamento di questo regime agli obiettivi UE in materia di investimenti da operare nei settori strategici per l’Unione.
In particolare, l’UE dovrebbe valutare, anzitutto, la sospensione temporanea della direttiva sul Pillar 2, in attesa che venga definito un meccanismo globale davvero coerente e condiviso a livello globale.
In alternativa, sarebbe necessaria, nell’ottica europea, una revisione del design del Pillar 2 per: i) allineare il calcolo dell’Effective Tax Rate (ETR) agli obiettivi di investimento europei, introducendo appositi carve-out per gli incentivi fiscali diretti a stimolare gli investimenti delle imprese nei settori strategici; ii) semplificare l’architettura del Pillar 2 prevedendo una “porta di uscita” per i gruppi con ETR globale superiore a una certa soglia (es. 20%), calcolata su base consolidata (sulla base dei bilanci consolidati). Quest’ultimo approccio semplificherebbe molto i calcoli soprattutto per le imprese europee mediamente soggette a livelli impositivi congrui e rifletterebbe la logica dell’esenzione concessa, nell’ambito dell’ultimo G7, ai gruppi statunitensi sotto il regime GILTI/NCTI, giacché anche questo ultimo regime si basa su calcoli del livello di imposizione minimo a livello globale (e non per singola giurisdizione, come previsto nel Pillar 2).
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