Nell’editoriale di Terra e Vita n. 15/2025 la presidente di Federunacoma Mariateresa Maschio spiega perché il settore delle macchine agricole è fondamentale per l’evoluzione e la resilienza dell’agricoltura
Nata nel 1945, nel contesto di un Paese che usciva distrutto dalla guerra e che doveva garantire la sicurezza alimentare e ricostituire un tessuto produttivo, l’associazione italiana dei costruttori di macchine agricole ha vissuto tutte le fasi salienti della nostra vita economica e sociale. La riconversione dell’industria bellica verso le attività produttive, le grandi migrazioni dalle aree rurali verso le città industrializzate, l’adesione alla comunità europea, le crisi economiche e le emergenze ambientali, sono solo alcune delle fasi storiche che le nostre industrie hanno saputo affrontare, elaborando strategie e servizi specifici per il settore, investendo nella ricerca e nell’innovazione.
Ma un dato è rimasto costante in questi decenni. La crescita della domanda a livello globale e il sostanziale oligopolio di quei Paesi, come Italia, Germania, Stati Uniti e Francia, che potevano vantare un primato nella meccanica agricola, con standard produttivi inarrivabili per i concorrenti.
Negli ultimi anni, tuttavia, la meccanica agricola ha subito trasformazioni importanti, e lo scenario di settore appare oggi assai più complesso.
È noto che le nostre imprese hanno dovuto fronteggiare negli ultimi anni alcune emergenze, come la crisi della produzione e della logistica dovuta alla pandemia, la crisi delle forniture e dell’energia legata alla guerra fra Russia e Ucraina, le restrizioni commerciali determinate dai nuovi assetti geopolitici, vedi fra l’altro il blocco dei transiti nel Mar Rosso da parte degli Huthi. Ma più di ogni altra cosa pesano oggi le strategie commerciali degli Stati Uniti e della Cina, Paesi che, da fronti diversi, stanno attaccando l’economia europea.
L’America di Trump minaccia dazi sui nostri prodotti, che possono penalizzare anche le industrie della meccanica agricola, che già nei primi tre mesi di quest’anno hanno visto un calo del 37% delle esportazioni negli Stati Uniti (fino a ieri il nostro primo mercato). La Cina, a fronte delle restrizioni commerciali americane, cerca nuovi sbocchi in Europa con un’imponente offerta di prodotti della meccanica a prezzi estremamente competitivi, tali da mettere in crisi le produzioni continentali.
L’industria italiana delle macchine agricole si trova insomma tra due fuochi e deve reagire con interventi a ogni livello. Dal potenziamento della ricerca e dell’innovazione per mantenere un vantaggio rispetto alla concorrenza, fino all’esplorazione di nuovi mercati emergenti.
Ma il rilancio dell’agromeccanica ha bisogno, prima di tutto, di una cornice politica forte nella quale inserirsi. L’Unione europea ha competenza esclusiva in materia di dazi, e questo rappresenta un primo scudo rispetto al rischio di una frammentazione delle politiche commerciali nazionali che finirebbe per indebolire i singoli Paesi. Ma l’Europa deve tornare protagonista anche ad altri livelli, per esempio rilanciando il proprio modello di agricoltura, altamente qualitativo ed ecocompatibile, che richiede tecnologie avanzate come appunto quelle prodotte nel continente. E potenziando gli incentivi per la meccanizzazione, anche attraverso l’azione del Cema, l’associazione europea dei costruttori.
Nell’ambito della Pac la meccanizzazione deve essere considerata un elemento strutturale, così che ogni intervento in agricoltura possa prevedere la diffusione di tecnologie specifiche.
La Pac rappresenta da oltre cinquant’anni un riferimento per l’economia del continente. Rappresenta un “patto” per lo sviluppo dell’agricoltura che mai come in questo momento merita di essere rinnovato e reso più forte.
di Mariateresa Maschio
presidente di FederUnacoma
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