Come l’Italia “brucia” i fondi Ue, il caso della Slm di Latina. Oltre 13 milioni di euro buttati al vento





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No, l’Europa non è “matrigna”. Per capire cosa è significato per l’Italia non fare tesoro dei fondi comunitari bisogna spingersi, senza spaventarsi, dentro un lugubre sito produttivo che un tempo è stata una fabbrica di produzione dello zucchero e poi doveva diventare un centro di interscambio merci gomma-rotaia e per questo ha ottenuto l’equivalente di circa 11 milioni di fondi Ue che sono stati bruciati inutilmente. Nel vero senso della parola. Questo luogo è l’area della Slm di Latina, adiacente la stazione ferroviaria del capoluogo pontino. E’ lì che dalla sua costruzione, nel 1936, ha funzionato e dato lavoro a centinaia di persone lo zuccherificio pontino, fino al 1972, quando una scelerata politica di distruzione delle piantagioni di barbabietola ha cancellato una delle eccellenze italiane, lo zucchero, appunto. Per oltre venti anni a seguire non accade nulla, lo stabilimento, vuoto, diventa l’ennesimo rudere industriale del Paese. Poi, nel 1996, con l’avvento della prima giunta di destra a Latina, guidata dal sindaco repubblichino Ajmone Finestra, si fa avanti l’idea che il Comune possa fare impresa in quel sito, costruendo un centro di logistica merci, che certamente sarebbe stato appetibile alle imprese visto che si trova accanto al binario uno della stazione. Così quell’anno l’amministrazione comunale compra capannoni e terreni dalla Sfir spa per 5 miliardi di lire. Un investimento tutto sommato, viste le potenzialità di un centro logistico. Viene dunque presentato un progetto per la conversione che l’Unione Europea finanzia con l’astronomica cifra di 22 miliardi di lire. Il progetto era ambizioso, in linea con le aspirazioni (di allora) del territorio, posto che si pensava di realizzare più o meno nella stessa area un aeroporto per i voli low cost dal Lazio, che poi invece sarà Ciampino. E si pensava ad un porto per  le due isole. E a una linea metropolitana dalla stazione al mare. Tutto questo non è mai accaduto, mentre l’equivalente di 11 milioni di euro è stato speso per realizzare il centro intermodale e creare anche una società ad hoc per la sua gestione, che si chiamò, appunto, “Società Logistica Merci”, una spa il cui capitale era detenuto al 95% dal Comune di Latina e per il restante 5% da vari altri enti pubblici locali. La Slm non ha mai effettuato alcuna attività, è stata solo una persona giuridica capace di accumulare debiti, fallirà 26 anni dopo e a seguito di un lunghissimi periodo di regime di liquidazione. La farà “morire” per forza un commissario prefettizio, uno dei tanti che hanno dovuto sanare i guai di Latina negli ultimi 30 anni. Quando la Slm fallisce e arrivano i curatori per l’inventario, nella sede legale non trovano nulla, a parte una scrivania, una sedia e una scatola di carta con alcune monete. Stop. Nel frattempo il sito ristrutturato con i soldi dell’Europa era andato in malora, finestre sfondate, la vasca di raccolta divenuta un acquitrinio, il grande capannone sventrato dai senzatetto. La città si rende conto definitivamente del disastro del centro  internodale a maggio del 2022 quando lì dentro viene stuprata una minorenne e tutti capiscono che ormai l’ex zuccherificio è un ghetto per disperati. Si scopre sempre in quei giorni che parte dell’edificio centrale era stato dato  in affitto al Tribunale di Gaeta che vi aveva stipato i vecchi fascicoli in forma di deposito. I giornalisti che documentarono la violenza fotografarono quei fascicoli in rovina e fu la prova finale del disastro. Nel contempo stava andando avanti il recupero dei crediti dal fallimento e parte del centro era già all’asta ma gli incanti sono andati sempre deserti fino a quando dall’originario valore di 7 milioni (pari al debito contratto con la banca che finanziò la nascita della società Slm per l’avviamento industriale che non c’è mai stato) si è arrivati alla misera cifra di 1,6 milioni di euro e pochi giorni fa il complesso è stato aggiudicato ad un’azienda vivaistica del posto. In queste ore un dossier del Partito Democratico rimette in fila gli errori (e gli orrori) di questa storia ma soprattutto mette a nudo il simbolo dello spreco italico dei fondi comunitari, il motivo per cui i partners europei non si fidano di noi. Perché di storie come queste è, purtroppo, costellato il Paese, soprattutto nel centro sud. La differenza è che il centro  intermodale di Latina è figlio del “buon governo del centrodestra” del fantastico “laboratorio di Latina”. Alcune figure centrali del piano Slm sono ancora oggi tra i collaboratori della Giunta in carica, prova di quanto le schegge del passato non siano passate.

“Dall’amministrazione Finestra in poi, ogni sindaco di centrodestra ha contribuito a questo disastro. Nessuno ha mai avuto il coraggio di fermare l’emorragia di denaro pubblico, nessuno ha mai assunto responsabilità concrete per il fallimento. Il centrodestra pontino ha preferito nascondere i problemi, rinviare le decisioni, scaricare le responsabilità sui successori. – scrive oggi il Pd – Il commissario straordinario Guido Nardone, nel 2010, certificò definitivamente l’incapacità dell’amministrazione di centrodestra decidendo “di non autorizzare il mantenimento della partecipazione del Comune di Latina” nella SLM. Una bocciatura senza appello dopo anni di promesse mancate. L’ex zuccherificio, che avrebbe dovuto rilanciare l’economia di Latina Scalo è stato invece un simbolo di occasioni perdute di una classe dirigente che ha tradito la fiducia dei cittadini. La vendita per 1,6 milioni di euro di un complesso che ne è costato oltre 17 rappresenta la misura del fallimento: meno del 10% del valore investito. E i cittadini continuano a pagare le conseguenze di questa débâcle attraverso i debiti comunali”.

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