La navigazione e l’iceberg Trump


È più che giusto che il 47°, già 45° presidente gli Stati Uniti dAmerica imponga alle altre nazioni aderenti all’Alleanza atlantica di spendere in modo serio per la loro difesa e non contare sempre sullo Zio Sam, dopo essere stati salvati dal suo intervento durante la Prima e Seconda Guerra mondiale e, per fortuna in modo incruento, dalla minaccia sovietica con la Guerra fredda.

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Donald Trump voleva concludere la guerra in Ucraina in poche ore. Adesso si rende conto di essere stato preso per il naso da Vladimir Vladimirovič Putin, capo della Federazione russa, e fa fuoco e fiamme. Ritiene occorra fargli capire quanto l’Occidente sia disposto fino all’ultimo a sostenere l’Ucraina libera e invasa, e fornisce a essa i missili a lunga gittataPatriot”. Ma pretende li comprino gli europei – aderenti alla Nato – e l’Unione europea, per girarli a Kiev. Ha una logica. Fermare i russi in Ucraina vuol dire bloccare la Federazione russa dal cercare di imporre la sua presenza in Stati una volta del Patto di Varsavia e adesso membri dell’Unione europea e parte dell’Alleanza atlantica. In Ucraina si difende la libertà in Europa e, quindi, paghino gli europei. È vero che costoro, dopo due guerre mondiali, hanno ricostruito le loro economie coi fondi del Piano Marshall, ma è altrettanto vero che il 32° presidente gli Usa, Franklin Delano Roosevelt, approfittò delle forniture belliche e, poi, delle esportazioni nordamericane indotte da quel sostegno per incrementare la domanda, trainare l’offerta e far uscire l’economia statunitense dalla crisi della grande depressione.

John Kenneth Galbraith individuò cinque fattori responsabili della crisi: cattiva distribuzione del reddito; cattiva struttura delle aziende industriali e finanziarie; del sistema bancario; eccesso di prestiti a carattere speculativo e infine, l’ossessione per il pareggio di bilancio, con conseguente assenza d’intervento statale a sostegno della domanda. Il 31° presidente degli Stati Uniti d’America, Herbert Hoover, fece il resto, in quanto intervenne, proprio come Donald Trump, con una politica di dazi, nell’illusione di proteggere la produzione nazionale, e isolò il mercato dagli approvvigionamenti di materie prime e semilavorati indispensabili agli opifici, o rincarandone il prezzo delle loro produzioni, col risultato di restringere la domanda.

A The Donald accadrà lo stesso, anche se egli si aspetta di incassare quattrini coi quali ripianare il debito pubblico e diminuire le imposte agli americani-elettori. Quindi potrebbe non essere sbagliato trattare fino allultimo e farlo riflettere. Perciò si tratta, le danze continuano e l’orchestra continua a suonare Nearer, My God, to Thee.

Aggiornato il 16 luglio 2025 alle ore 12:06

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