Nuove esenzioni CSRD: meno dati ESG da rendicontare per le imprese Wave 1


Si vota oggi l’atto delegato con cui la Commissione UE dovrebbe alleggerire l’onere amministrativo per le imprese della prima ondata della CSRD (cosiddette Wave 1, ossia quelle già soggette alla precedente NFRD e tenute a rendicontare secondo la CSRD a partire dal bilancio 2024). Sul piatto un’estensione dei periodi transitori e una riduzione dei requisiti informativi, con implicazioni rilevanti anche per i soggetti finanziari.

Il nuovo quadro transitorio della CSRD: meno dati obbligatori, più flessibilità anche per le imprese “Wave 1”

Concretamente, tutte le imprese della prima ondata, comprese quelle con più di 750 dipendenti, potranno beneficiare della facoltà di omettere i requisiti relativi ai topical standards ESRS E4 (biodiversità ed ecosistemi), S2 (lavoratori nella catena del valore), S3 (comunità impattate) e S4 (consumatori e utenti finali) per gli esercizi finanziari 2025 e 2026. Finora, tale esenzione biennale era riservata solo alle imprese con meno di 750 dipendenti.

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Resta invece più restrittivo il trattamento del topical standard S1 (propri lavoratori): le imprese più piccole potranno ometterlo completamente per i primi due esercizi, mentre per quelle con oltre 750 dipendenti l’esenzione è limitata al solo 2025. Questo conferma la particolare attenzione riservata alla tutela dei lavoratori interni, che rimane un pilastro del reporting anche in fase transitoria.

L’atto delegato agisce anche su un ulteriore fronte delicato: i requisiti previsti nell’Appendice C dell’ESRS 1, relativi agli impatti finanziari attesi. L’atto congela questi obblighi per due anni, permettendo a tutte le imprese Wave 1 di omettere informazioni quantitative per indicatori come SBM-3 (Impatti, rischi e opportunità rilevanti e la loro interazione con la strategia e il modello aziendale), E1-9 (effetti finanziari previsti derivanti da rischi fisici e di transizione materiali legati al clima e alle potenziali opportunità legate al clima), E2-6 (effetti finanziari previsti derivanti da impatti, rischi e opportunità materiali legati all’inquinamento), E3-5 (effetti finanziari previsti derivanti da rischi e opportunità materiali legati all’acqua e alle risorse marine), E4-6 (effetti finanziari previsti derivanti da rischi e opportunità materiali legati alla biodiversità e agli ecosistemi) ed E5-6 (effetti finanziari previsti derivanti da rischi e opportunità materiali legati all’uso delle risorse e all’economia circolare). In altre parole, la rendicontazione sugli effetti finanziari previsti potrà essere sospesa fino al report relativo all’esercizio 2027, un aspetto che interessa direttamente le istituzioni finanziarie, spesso chiamate a integrare questi dati nei loro processi di valutazione del rischio e allocazione del capitale.

A monte di questo intervento vi è la più ampia strategia della Commissione, formalizzata con il pacchetto omnibus adottato il 26 febbraio, per ridurre l’onere normativo. Tra le proposte più incisive, vi è quella di limitare gli obblighi CSRD alle imprese con oltre 1000 dipendenti, il che ridurrebbe gli enti obbligati dell’80%. La revisione dei primi standard ESRS mira anche a ridurre i datapoint, semplificare la struttura e rendere più chiaro l’uso del principio di materialità.

Nel nuovo scenario normativo, imporre a imprese che potrebbero essere escluse dalla CSRD l’obbligo di raccogliere e rendicontare nuovi dati aggiuntivi nel 2025 e 2026 risulterebbe poco coerente. Il delegated act nasce proprio per prevenire questo rischio, evitando che le imprese Wave 1 siano costrette ad affrontare un carico informativo crescente, solo per poi trovarsi potenzialmente fuori dal perimetro normativo una volta approvata la riforma definitiva.

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Tuttavia, anche chi sfrutterà le esenzioni dovrà rispettare la safeguard provision modificata nell’ESRS 2, paragrafo 17. In particolare, le imprese che scelgono di non rendicontare E4, S1, S2, S3 o S4 dovranno comunque fornire quattro elementi sintetici: se uno di questi standard è stato valutato come materiale nel processo di valutazione (DMA); come il modello di business e la strategia tengono conto degli impatti relativi a quei temi; un resoconto, anche breve, su target e progressi (inclusi eventuali obiettivi science-based sulla biodiversità); e una panoramica su policy, azioni e metriche.

Se da un lato questa flessibilità potrà alleggerire la rendicontazione di alcune imprese, dall’altro ridurrà la quantità e qualità di dati a disposizione degli stakeholder finanziari, che spesso utilizzano le informazioni ESG per l’analisi della rischiosità e della sostenibilità dei portafogli. Non è escluso che alcune aziende, dopo aver divulgato determinati standard nel report 2024, decidano di retrocedere nel 2025, omettendo interi standard per i quali è ora disponibile una deroga, primo fra tutti l’indicatore E4 relativo alla biodiversità.

Per il settore finanziario, il messaggio è dunque chiaro: i report 2025 dovranno essere letti con maggiore attenzione e contestualizzati alla luce delle nuove esenzioni.



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