Il IV Blue Forum, strategie e visioni per l’Economia del Mare – Storie e Report


Il mare, con il suo carico di storia, cultura, opportunità e bellezze naturali, torna al centro del dibattito nazionale come leva strategica per lo sviluppo del Paese. Lo ha dimostrato il IV Summit nazionale sull’Economia del Mare, conclusosi dopo tre intense giornate di confronto tra istituzioni, imprese, associazioni e rappresentanti del mondo accademico, riuniti con l’obiettivo di delineare una visione sistemica, condivisa e concreta della Blue Economy italiana.

 

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Organizzato sotto l’egida del Blue Forum Italia Network, l’evento ha messo in luce non solo il potenziale economico del settore, ma anche la necessità di un deciso cambio di passo nella governance marittima, per affrontare le sfide della sostenibilità, dell’innovazione e della competitività globale.

 

I numeri presentati durante il Forum, tratti dal XIII Rapporto Nazionale sull’Economia del Mare redatto da Ossermare con Unioncamere, Centro Studi Tagliacarne e Blue Forum, raccontano con chiarezza la rilevanza economica del comparto marittimo in Italia. Le 232.841 imprese attive in settori legati al mare – dalla cantieristica alla pesca, dal turismo costiero alla logistica portuale – generano un valore aggiunto complessivo di oltre 216 miliardi di euro, pari all’11,3% del Prodotto Interno Lordo nazionale. Una ricchezza che si traduce anche in occupazione: più di un milione di lavoratori trovano impiego nei segmenti della Blue Economy.

 

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Questi dati non solo certificano la vitalità di un ecosistema economico spesso trascurato nelle politiche di sviluppo, ma ne evidenziano anche il carattere trasversale e diffuso, in grado di attivare filiere produttive, attrarre investimenti e generare innovazione nei territori, in particolare nel Mezzogiorno, dove il mare rappresenta un’infrastruttura naturale fondamentale.

 

Uno degli obiettivi centrali del Forum è stato quello di contribuire alla definizione di un’agenda strategica nazionale in vista della nuova pianificazione marittima 2026–2028. In tal senso, il Summit ha rappresentato un laboratorio di idee e proposte, finalizzato a colmare le lacune normative e operative che ancora frenano il pieno sviluppo del potenziale marittimo italiano.

 

La necessità di adottare una governance unitaria, semplificata e orientata ai risultati è emersa con forza, riconoscendo l’urgenza di mettere mano a un sistema normativo spesso farraginoso, frammentato e incapace di rispondere in modo tempestivo alle esigenze del comparto ed in questo senso, le richieste che salgono dal mondo produttivo sono chiare: semplificare le procedure, sostenere gli investimenti, incentivare la ricerca e l’innovazione, valorizzare le competenze professionali e costruire un quadro normativo stabile, trasparente e attrattivo per gli operatori economici, anche esteri.

 

Se da un lato il mare rappresenta una risorsa economica di primo piano, dall’altro il suo pieno sfruttamento richiede una visione moderna, sostenibile e integrata. Il Forum ha sottolineato come non sia più sufficiente parlare di crescita quantitativa: la Blue Economy del futuro dovrà essere sostenibile nei modelli di produzione, circolare nell’uso delle risorse, inclusiva nelle opportunità offerte ai giovani e rispettosa degli equilibri ambientali e culturali delle comunità costiere.

 

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Particolare attenzione è stata dedicata al ruolo dell’innovazione tecnologica e del capitale umano, ritenuti i veri driver della competitività futura. La digitalizzazione dei porti, la transizione ecologica della nautica, l’energia dal mare, le biotecnologie marine, la formazione professionale e universitaria specializzata: sono questi i fronti su cui si gioca la capacità del Paese di fare del mare non solo una risorsa, ma un vantaggio competitivo.

 

Un altro filo conduttore emerso con forza durante il Forum è quello della sostenibilità ambientale. Il mare non è solo un motore economico, ma un ecosistema delicato, da preservare e valorizzare. L’inquinamento, la pressione antropica, la pesca intensiva e il cambiamento climatico rappresentano minacce reali, che richiedono una risposta coordinata e lungimirante da parte di tutti gli attori coinvolti: istituzioni, imprese, cittadini.

 

Nel dibattito è emersa la consapevolezza che la sostenibilità non è un vincolo, bensì una condizione per il progresso. Le tecnologie verdi, le energie rinnovabili marine, i porti intelligenti e a basse emissioni, il turismo marittimo responsabile possono diventare i pilastri di un nuovo modello di sviluppo che unisca crescita economica e tutela ambientale.

 

Il IV Blue Forum ha lanciato anche un messaggio culturale, forse il più importante: occorre ricostruire un rapporto profondo e consapevole tra l’Italia e il suo mare. Non si tratta solo di valorizzare l’economia marittima, ma di restituire al mare un ruolo centrale nella visione nazionale, nella formazione scolastica, nella comunicazione e nell’identità del Paese.

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Per troppo tempo, il mare è stato percepito come periferia, come sfondo. Oggi, invece, deve tornare a essere protagonista: come risorsa, come orizzonte, come parte integrante della nostra storia e del nostro futuro. Solo attraverso una rinnovata cultura del mare sarà possibile far maturare nel Paese una politica marittima forte, coerente e all’altezza delle sfide del nostro tempo.

 

Il IV Blue Forum ha rappresentato più di un momento di confronto: è stato un segnale di maturazione, un invito ad alzare lo sguardo e ad affrontare in modo organico le grandi questioni della governance marittima, dello sviluppo sostenibile e dell’innovazione.

 

Con numeri solidi, idee chiare e una comunità crescente di attori pubblici e privati pronti a fare sistema, l’Italia ha ora l’opportunità di scrivere una nuova pagina del suo rapporto con il mare. Una pagina che, se ben scritta, potrà restituire al nostro Paese non solo crescita economica, ma anche centralità geopolitica, coesione territoriale e una nuova narrazione di sé.

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I numeri presentati nel XIII Rapporto Nazionale sull’Economia del Mare parlano chiaro, ma da soli non bastano. Serve una visione, una volontà politica che riconosca finalmente il mare non solo come spazio geografico o risorsa economica, ma come cuore pulsante dell’identità italiana. L’Italia, terra protesa nel Mediterraneo, ha il dovere di pensarsi come potenza marittima, con una governance moderna, trasparente e capace di sostenere chi sul mare investe, lavora e innova.

 

olo se sapremo unire strategia e passione, sviluppo e sostenibilità, il mare tornerà ad essere il motore di una nuova stagione per il nostro Paese.

 

Nicola Silenti

 

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