L’acqua dei Bitcoin: una startup italiana trasforma centrali idroelettriche nel mondo in miniere digitali


di
Tiziana Tripepi

Alps Blockchain sfrutta energia in surplus per generare potenza di calcolo e cresce con investimenti per 150 milioni. Un caso di mining sostenibile che conquista mercati globali

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Francesco Buffa e Francesca Failoni, 27 e 26 anni, sono compagni di banco al liceo quando lui si innamora della tecnologia blockchain. La studia con passione, e ne parla così tanto a Francesca che anche lei si fa affascinare. Hanno appena 20 e 19 anni quando nel 2018, a Trento, fondano Alps Blockchain. Se il grande problema di questa tecnologia è l’elevato consumo di energia, la loro idea è produrre potenza di calcolo computazionale per estrarre (in gergo «minare») bitcoin, utilizzando però l’energia rinnovabile, in particolar modo quella delle centrali idroelettriche. Più istintivo lui, che non ha paura di andare incontro ai suoi sogni, più razionale lei che segue la parte amministrativa e finanziaria, sono ancora insieme ora che la loro impresa si è evoluta, ha ricavi per 57 milioni ed è presente in 5 Paesi con più di 41mila supercomputer installati nelle «mining farm» sparse per il mondo.

Pionieri

«Siamo stati pionieri di un nuovo approccio: rivitalizzare le centrali idroelettriche storiche italiane installando al loro interno delle mining farm», spiega Buffa. «In Italia, infatti, i proprietari di queste centrali possono consumare in loco l’energia prodotta; noi spiegavamo che, collocando sulla loro particella catastale i supercomputer adatti a produrre potenza di calcolo, avrebbero potuto destinare parte di quell’energia (fino al 30%) a un utilizzo più redditizio rispetto alla vendita sulla rete. Ci ponevamo come fornitori di questo servizio, installando i computer e vendendo l’energia prodotta ai pool di miner (coloro che risolvono complessi problemi matematici per validare un blocco di transazioni sulla blockchain, ndr)». I ragazzi girano tutte le centrali idroelettriche in Italia, e nel 2020 entra in funzione il primo impianto. Alps Blockchain ottiene ricavi per circa 700mila euro, l’anno dopo gli impianti salgono a 20. Ma a febbraio 2022 scoppia la guerra russo-ucraina, i prezzi dell’energia aumentano in tutta Europa e questo modello di business comincia a vacillare.
«Bisognava cercare nuovi mercati al di fuori dell’Europa», spiega Francesco che, zaino in spalla, parte per il Sud America («non conoscevo una parola di spagnolo»), e arriva in Paraguay. Qui, al confine con il Brasile, c’è la seconda centrale idroelettrica più grande del mondo, ma il paese utilizza soltanto il 25-35% dell’energia prodotta. Concludono un accordo con Ande, l’operatore nazionale di energia elettrica nazionale, per utilizzare l’energia in surplus, e realizzano i primi data center di proprietà. Poi è la volta dell’Ecuador, dove in mezzo alla foresta amazzonica si trova una centrale idroelettrica che alimenta una fabbrica. «Con il Covid avevano dovuto chiudere, l’energia non era utilizzata: abbiamo ripristinato la centrale posizionando un data center e coinvestendo con i proprietari». La strada è quella giusta: nel 2022 il fatturato sale a 17,3 milioni di euro, e Alps Blockchain attira le attenzioni di Azimut, una delle più importanti società di investimento indipendenti in Italia, che nel 2023 investe 40 milioni di euro.




















































Da fornitori a costruttori

L’ultimo step li vede in Oman, dov’è in fase di costruzione Green Data City, cittadella tecnologica progettata per ospitare infrastrutture di mining e ridurre la dipendenza dal combustibile fossile. «Per finanziare questo progetto sono utilizzate le risorse in esubero di gas naturale», continua Buffa. «Oggi Green Data City ospita la nostra mining farm, che consuma parte di queste risorse supportando così il loro piano di sviluppo orientato all’integrazione di fonti rinnovabili». A giugno 2024 Azimut investe ulteriori 105 milioni di euro per costruire l’infrastruttura in Oman e aprire il mercato nordamericano: questa volta si va in Iowa, dove i nuovi data center utilizzeranno l’eccedenza di energia eolica. «Il mondo cambia a una velocità incredibile, e lo stesso abbiamo dovuto fare noi», conclude Buffa. «Oggi siamo costruttori di infrastrutture per il mining: convertiamo l’energia in potenza di calcolo e la vendiamo al miglior offerente. Siamo l’unica azienda italiana a farlo, e siamo leader in Europa. Ma attenzione: non andiamo in questi Paesi per sfruttare le loro risorse, ma per efficientarle, sostenere la transizione energetica e aiutarle nello sviluppo delle rinnovabili». Il 52,4% dell’elettricità utilizzata per il mining di bitcoin proviene da fonti sostenibili, e di queste il 42,6% sono rinnovabili (Cambridge Digital Mining Industry Report 2025).

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