Il calo dei finanziamenti per allevamenti intensivi è sicuramente un segnale positivo, ma resta ancora troppo pochi rispetto alle necessità climatiche. A mettere in luce questi dati è stata Stop Financing Factory Farming – S3F, una coalizione di 25 gruppi di attivisti che si occupano di clima, diritti umani e benessere degli animali.
I numeri mostrati dagli attivisti
L’analisi ha preso in considerazione 16 istituti di finanziamento multilaterali, esaminando ogni fase della filiera zootecnica: dagli allevamenti alle strutture di macellazione, fino alla produzione dei feed animali. Tra le realtà analizzate la Banca Europea per gli Investimenti ha ridotto in modo più netto il proprio impegno industriale, con un calo del -64%, passando da 427?milioni a 154?milioni?di dollari. Anche la Iadb, la Banca Interamericana di Sviluppo, ha aumentato in modo significativo i fondi destinati alla zootecnia sostenibile con 112 milioni?di dollari investiti in sette progetti. Nel complesso, gli investimenti nella produzione di carne e latticini sono diminuiti del 31% nel 2024, passando da 3,3 miliardi di dollari a 2,3 miliardi di dollari. Tuttavia, mentre la quota di fondi destinata a progetti non industriali è cresciuta dal 2% al 10%, lo stesso è accaduto per gli allevamenti intensivi passati dal 68% al 75%. Nel complesso le imprese industriali continuano a ricevere risorse circa 5 volte maggiori di quelle con modelli più rispettosi dell’ambiente.
Le contraddizioni della World Bank Group
Tuttavia, per quanto riguarda i più cospicui investimenti nel settore della zootecnia intensiva spicca la World Bank Group che ha destinato 650?milioni?di dollari al solo allevamento industriale nel 2024, rappresentando oltre la metà dei flussi verso questo comparto. Pur in calo del 13?% rispetto al 2023, resta il principale finanziatore del settore. Il suo braccio operativo privato, la International Finance Corporation – Ifc, ha approvato tra l’altro un prestito da 40 milioni per un impianto di spremitura di soia in Bangladesh, destinata alla produzione di mangimi, alimentata da materie prime provenienti da Brasile e Argentina, regioni notoriamente colpite dalla deforestazione. Proprio per questo motivo gli analisti di S3F e altri gruppi ambientalisti denunciano una contraddizione tra gli obiettivi climatici della Banca e i suoi investimenti in allevamenti intensivi. Il contrasto è evidente: da un lato la Banca annuncia piani per raddoppiare gli investimenti nell’agricoltura fino a 9?miliardi di dollari l’anno entro il 2030, focalizzandosi su sistemi climaticamente intelligenti e agricoltura su piccola scala. Dall’altro, l’Ifc continua a finanziare allevamenti intensivi che producono tonnellate di rifiuti tossici, come nel caso dei prestiti per i mega allevamenti di suini in Cina ed Ecuador.
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