Un’operazione congiunta tra la Guardia di finanza di Treviso e la Magistratura ha portato alla luce una complessa frode legata al “Bonus Facciate”, per un valore complessivo di 2,2 milioni di euro. Quattro imprenditori edili sono stati denunciati per indebita percezione di erogazioni pubbliche, e tra le province coinvolte nell’indagine figurano anche quella di Udine e di Gorizia.
La frode e le indagini
Le Fiamme Gialle del Comando Provinciale di Treviso hanno scoperto che un’impresa dell’hinterland trevigiano aveva illecitamente ottenuto crediti d’imposta per 2,2 milioni di euro, sfruttando l’agevolazione fiscale del “bonus facciate”, che prevedeva una detrazione del 50% per i lavori di ristrutturazione delle facciate esterne degli edifici.
L’indagine è partita da alcune segnalazioni di operazioni sospette di riciclaggio a carico della società edile trevigiana. Gli accertamenti successivi hanno rivelato una frode architettata da un italiano e tre stranieri, tutti titolari di imprese edili, che sono stati denunciati alla Procura della Repubblica di Treviso. L’amministratore italiano della società è stato segnalato anche per reati tributari.
Clienti ignari e finti lavori
“Per mettere in atto la truffa, gli indagati hanno simulato lavori di ristrutturazione delle facciate di abitazioni appartenenti a 24 persone. Tra queste, due risiedono nella provincia di Gorizia e una in quella di Udine. Le restanti vittime, residenti in diverse province italiane (tra cui Belluno, Bologna, Massa Carrara, Padova, Pisa, Potenza, Rimini, Roma, Torino, Vercelli, Verona e Vicenza), erano tutte totalmente ignare di essere state coinvolte nelle attività illecite. Sentiti come testimoni, gli “ignari clienti” hanno categoricamente negato di aver mai avuto contatti o concluso accordi con gli indagati. Hanno inoltre disconosciuto completamente le informazioni riguardanti i presunti lavori edili per i quali era stata richiesta l’agevolazione “Bonus Facciate”, informazioni che risultavano invece presenti nel loro “cassetto fiscale” consultabile dal sito dell’Agenzia delle Entrate.
Il meccanismo di monetizzazione
Gli indagati hanno creato falsi presupposti per ottenere il credito d’imposta, che è stato poi monetizzato dall’azienda trevigiana tramite la cessione diretta a Poste Italiane o ad altri tre imprenditori stranieri conniventi. Questi ultimi, a loro volta, hanno incassato il denaro. A conclusione delle attività investigative, la società trevigiana è stata sottoposta a verifica fiscale. È emerso che l’impresa non era in regola con la presentazione delle dichiarazioni dei redditi e sono state constatate emissioni di fatture per operazioni economiche inesistenti a favore di alcuni soggetti giuridici trevigiani. L’obiettivo è ora recuperare a tassazione i proventi illeciti.
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