affare sporco da 2 milioni


VILLORBA (TREVISO) – Un’azienda edile di Villorba, in provincia di Treviso, gestita da un 70enne del paese, e tre ditte gestite da romeni, tra Treviso e Villorba, accusate di frode del “Bonus facciate”. È questo il bilancio di una paziente attività investigativa portata avanti dalla guardia di finanza che ha scoperto l’inganno. La ditta di Villorba aveva ottenuto indebitamente crediti d’imposta per 2,2 milioni di euro dal “Bonus facciate”, l’agevolazione introdotta dalla legge di bilancio del 2020 per accedere a una detrazione fiscale del 50% in caso di lavori di ristrutturazione all’esterno di case ed edifici. L’amministratore delegato della ditta aveva monetizzato con Poste italiane crediti per 1 milione, cedendo i restanti 1,2 milioni a tre imprese edili, di Treviso e Villorba, gestite da tre romeni di 30, 50 e 70 anni. Tutti e quattro sono stati denunciati alla Procura della Repubblica, in concorso, per il reato di indebita percezione di erogazioni pubbliche. Il solo amministratore di nazionalità italiana della società trevigiana è stato anche segnalato per reati tributari.

I controlli: clienti in mezza Italia

Le indagini sono state avviate a seguito dell’approfondimento di alcune segnalazioni di operazioni sospette di riciclaggio che riguardavano la società edile trevigiana, che hanno indotto i finanzieri del Gruppo Treviso ad iniziare una specifica attività investigativa che ha portato alla luce la complessa frode architettata dagli indagati. Per compiere l’illecito, gli indagati hanno simulato lavori di ristrutturazione delle facciate delle abitazioni di 24 persone, residenti tra le province di Belluno, Bologna, Gorizia, Massa Carrara, Padova, Pisa, Potenza, Rimini, Roma, Torino, Vercelli, Verona, Vicenza, Udine, ignare di essere state utilizzate per le illecite finalità dell’azienda trevigiana. Gli “ignari clienti”, sentiti come testimoni, hanno invece negato di aver mai conosciuto o concluso accordi con gli indagati, disconoscendo totalmente anche le informazioni riguardanti i presunti lavori edili su cui era stata richiesta l’agevolazione “Bonus facciate” presenti nel loro cassetto fiscale – consultabile dal sito dell’Agenzia delle Entrate. Così facendo, gli indagati hanno creato il falso presupposto sul quale ottenere il credito, successivamente monetizzato dall’azienda trevigiana attraverso la cessione diretta a Poste Italiane ovvero ai tre imprenditori stranieri conniventi con la predetta azienda, che ne hanno poi ottenuto, a loro volta, l’incasso.

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