Per governare l’AI l’etica non basta, necessari controlli e presidio legalità


Sondaggio Federprivacy: l’affermazione che “non basta l’etica per governare l’AI” evidenzia una questione cruciale: mentre gli aspetti etici sono fondamentali, da soli potrebbero non essere sufficienti a garantirne un utilizzo sicuro e responsabile

Un sondaggio di Federprivacy, rivolto a circa 1000 professionisti italiani, rivela che gli esperti della protezione dei dati riconoscono l’importanza di promuovere un uso etico dell’intelligenza artificiale (63%), sottolineando però  anche la necessità di un maggiore rispetto delle normative (73%) e di un rafforzamento delle attività ispettive da parte dell’Autorità (43,2%). Inoltre, più della metà (56,9%) considera che il GDPR abbia uniformato le regole per tutti, ma si evidenziano criticità per le micro, piccole e medie imprese, spesso in difficoltà nell’applicare le normative  in modo efficace. Governare l’AI quindi richiede al tempo stesso investimenti nell’etica e nel campo legalità.

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Governare l’AI: Opportunità e prudenza

Se molti vedono l’intelligenza artificiale come un’opportunità, d’altra parte gli esperti  temono che possa sfuggire di mano, come il Premio Nobel per la fisica Geoffrey Hinton, che nei giorni scorsi l’ha  descritta in modo sibillino dal palcoscenico del Gitex Europe a Berlino: “L’AI è come una tigre. Da cucciola sembra  innocua, addirittura affascinante. Ma crescerà. E a meno che non siate certi che non vorrà uccidervi, dovreste  preoccuparvi.” E all’intervistatore che gli proponeva l’etica come principale rimedio scaccia incubi, il pioniere del  machine learning ha risposto in modo perentorio: “Le grandi aziende perseguono il profitto, non l’etica”.

Non mancano quindi le preoccupazioni per gli impatti che avrà l’intelligenza artificiale nei prossimi anni, e un nuovo  sondaggio condotto da Federprivacy, rivela l’attuale termometro della comunità dei professionisti che hanno il  compito di tutelare la privacy e la protezione dei dati delle persone.

 

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Etica e rispetto della legalità: regole e sanzioni

Il 63% degli addetti ai lavori ritiene che promuovere un uso etico dell’intelligenza artificiale abbia la priorità per  favorire la sostenibilità della società digitale, ma tutto crede fuorché ci si possa affidare solo all’etica. Se in 7 anni  di GDPR le autorità europee hanno inflitto più di 2.500 multe per un ammontare di oltre 6 miliardi di euro senza  intravedere un cambio di rotta significativo, il 73,9% dei professionisti pensa però che non occorra cambiare  gli attuali profili sanzionatori, bensì farli rispettare in modo più efficace. Piuttosto, il 43,2% di essi vorrebbe un numero maggiore di attività ispettive del Garante e della Guardia di Finanza a presidio della legalità. E  a differenza di quello che possono pensare i cittadini che vedono minacciata la loro privacy come mai prima, il  63,5% dei professionisti che vede le aziende dall’interno afferma che dal 2018 ad oggi la situazione è comunque migliorata grazie alle sanzioni più severe che sono state introdotte dal Regolamento UE sulla protezione dei dati.

“Si parla tanto di etica per affrontare le sfide dell’intelligenza artificiale, ma attualmente essa costituisce un principio  troppo astratto per offrire una guida concreta per lo sviluppo della società digitale – è il commento di Nicola  Bernardi, presidente di Federprivacy È quindi comprensibile che la comunità di addetti ai lavori invochi punti  riferimento più concreti come il rispetto delle regole. E i risultati del sondaggio mostrano obiettività e coerenza,  perché non chiedono una società digitale basata esclusivamente sulla privacy solo perché una manciata di Big  Tech non la rispetta come dovrebbe, ma ben il 78,3% indica la necessità di trovare un equilibrio per conciliare i  diritti fondamentali con l’innovazione, e questo non dovrebbe andare a discapito delle piccole realtà imprenditoriali.”

Al riguardo, se le semplificazioni proposte dalla Commissione Europea non si stanno rivelando le agevolazioni  tanto attese, il 56,9% dei professionisti riconosce che il GDPR ha effettivamente introdotto regole uguali per tutti,  ma lamenta che esso avrebbe dovuto agevolare maggiormente le micro, piccole e medie imprese, che  costituiscono la stragrande maggioranza del tessuto imprenditoriale italiano.

“Le piccole aziende non possono permettersi né di dedicare budget importanti alla privacy né di assumere un Data  Protection Officer, e se non adottano le dovute contromisure rischiano sia di esporsi a sanzioni che di perdere competitività – spiega l’Avv. Paola Casaccino, docente di diritto di internet e tutela dell’innovazione  all’Università Cattolica del Sacro Cuore Le soluzioni più efficaci per la compliance GDPR vengono proprio  dagli strumenti di intelligenza artificiale, che sono in grado di far risparmiare a un professionista fino a 12 ore di  lavoro settimanali1. Nella società che sta cambiando profondamente, concentrarsi solo sulle criticità dell’AI e  rifiutarsi di avvalersene sarebbe come intestardirsi di voler continuare a fare i conti con carta e penna mentre gli  altri usano la calcolatrice”. 

 



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