Perché non costruiamo più campioni globali? Imprese ad alto contenuto tecnologico capaci di dominare i mercati e innescare nuove tendenze sociali? Dove sta fallendo l’Europa se tutti i giganti tech hanno passaporto cinese o americano? Perché siamo appesi al gas russo o americano, materia prima di transizione, e anche sulle rinnovabili i pannelli fotovoltaici sono tutti prodotti a Pechino? E perché sulla Difesa dipendiamo dai software americani che ci impedirebbero persino di far decollare gli Eurofighter prodotti qui senza l’avallo del Pentagono?
Il divario di PIL pro capite tra l’Unione e gli Stati Uniti è passato dal 15% nel 2002 al 30% nel 2023. È dunque opinione condivisa che se l’Unione europea volesse davvero recuperare i livelli di reddito e competitività perduti ed affrontare le sfide del futuro (tra cui una devastante crisi demografica) dovrebbe smettere di comportarsi come un’accozzaglia di Paesi diversi, debolmente connessi tra loro.
Come già fanno Usa e Cina, politica commerciale, politica fiscale e politica industriale dovrebbero essere coordinate, invece che frammentate e differenziate tra governo europeo e singoli Stati nazionali, proteggendo con tariffe le industrie innovative su cui l’Ue mostra i ritardi più seri, stimolandone lo sviluppo con investimenti e sussidi appropriati, garantendo la sicurezza degli approvvigionamenti con specifici trattati commerciali con i Paesi più affidabili.
Il gap competitivo nel settore delle startup, ad esempio, si manifesta attraverso numeri impietosi. Cifre che evidenziano lacune strutturali profonde che vanno oltre la semplice carenza di capitali.
Le aziende innovative europee attraggono solo il 5% del capitale di rischio globale, rispetto al 52% degli Stati Uniti e il 40% della Cina, secondo i dati del Fmi. Nemmeno una startup fondata nell’Ue, negli ultimi cinquant’anni, è riuscita a superare una valutazione di 100 miliardi, mentre sei società americane hanno già oltrepassato la soglia dei mille.
La strategia europea riconosce che molte delle startup più promettenti finiscono per trasferirsi altrove per accedere ai capitali necessari alla crescita, ma non affronta le cause culturali di questo fenomeno.
Secondo France digitale, associazione che rappresenta l’ecosistema digitale di Oltremanica, questo fenomeno costa all’Europa fino a mille miliardi annui in valore di mercato perduto.
Una startup in Francia ha ancora più difficoltà a scalare in Italia o Germania rispetto a quanto non ne avrebbe una americana che scala da uno Stato all’altro. Serve completare il mercato unico, con armonizzazione normativa e vera libertà di circolazione dei capitali e dei servizi digitali.
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