Venture Capital, così la finanza di Cassa Depositi e Prestiti scommette sul biotech all’italiana


di
Massimiliano Del Barba

La presidente di Cdp Venture Capital sgr Anna Lambiase: «Pronto il piano per investire oltre mezzo miliardo di euro nelle biotecnologie made in Italy»

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Fra le pause del rumore bianco che dipinge l’Italia come un Paese refrattario all’innovazione c’è la voce à rebours di una ricerca scientifica, quella delle biotecnologie, che non solo resiste, ma rilancia.
 
L’ultimo studio sul comparto realizzato dall’Aifi ricorda non a caso come il mercato italiano del private capital sia cresciuto negli ultimi anni proprio nei settori del medicale e delle biotecnologie verso cui, fra il 2019 e il 2023, sono stati indirizzati 7,5 miliardi di euro, distribuiti su 500 operazioni. Un dato è emblematico: se a livello globale nel 2021 il comparto valeva 720 miliardi di euro, si stima che questo valore triplicherà entro il 2030.

E l’Italia? La fotografia fornita da Federchimica Assobiotec parla di un comparto costituito da circa 800 imprese per un fatturato che sfiora i 14 miliardi di euro, un’occupazione che ha superato le 13 mila unità e una distribuzione di prodotto che premia la salute (75%) seguita dall’ambiente (18%) e dall’agricoltura (7%).




















































Certo è che, guardando ai dati, l’industria biotech italiana necessita di investimenti robusti, soprattutto per cogliere l’occasione offerta dalle nuove politiche restrittive degli Stati Uniti e dalla conseguente fuga di molti ricercatori altamente qualificati in cerca di una nuova collocazione.

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Di qui il riposizionamento di CdP Venture Capital Sgr, il braccio della Cassa Depositi e Prestiti istituita nel 2020 proprio per promuovere il la finanza di ventura in Italia. Spiega la presidente Anna Lambiase: «Il nostro nuovo piano industriale al 2028 pone forte enfasi su sette macro-aree strategiche, fra cui appunto l’healthcare & lifeScience. L’Italia occupa una posizione di leadership nel settore: è seconda in Europa per produzione farmaceutica ed è sesta per pubblicazioni di ricerca medica, secondo l’Indice Nature. Ma siamo anche un hub chiave a livello europeo, supportato dal Pnrr, che destina 15,6 miliardi alla sanità, a cui si aggiungono 15 miliardi di fondi Ue per le startup deep-tech».
 
Chiaro che in un contesto come questo, il venture capital giochi un ruolo cruciale per favorire la nascita e la crescita di aziende in grado di portare sul mercato prodotti e soluzioni innovative. «Nel 2024 — continua Lambiase — il settore ha attirato 440 milioni di investimenti in circa 57 round e fino a oggi Cdp ha approvato circa 350 milioni di investimenti nel comparto, sia direttamente che indirettamente, con una strategia che copre l’intero ciclo di vita delle startup, dal pre-seed al late stage».
 
Tra gli investimenti più significativi dei veicolo presieduto da Lambiase c’è la startup Iama Therapeutics, che sviluppa approcci terapeutici innovativi nel campo dei disturbi neurocognitivi, Tensive, che produce protesi innovative con l’obiettivo principale di offrire ricostruzione naturale del seno nelle pazienti con tumori maligni, e Klis Bio, attiva nel campo della medicina rigenerativa, che sta lavorando a una fibroina di seta per la ricostruzione del nervo della mano. «L’Italia ha forti capacità ed expertise nel settore healthcare & lifescience. Tuttavia, vi è una bassa conversione della ricerca in brevetti e startup: genera 96 brevetti l’anno rispetto ai 631 del solo Fraunhofer Institute — conclude Lambiase —. È necessario agire per valorizzare la ricerca italiana e ridurre il divario con il mercato. Per questo entro il 2028 abbiamo l’obiettivo di investire oltre mezzo miliardo di euro, sia direttamente che indirettamente, nel biotech made in Italy».

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