Incentivi auto elettriche 2025: fake news trappola


Siti e social sparano che ora ci sono gli incentivi auto elettriche 2025: così si segnalano molti consumatori che sono andati nelle concessionarie italiane per comprare vetture full electric con ecobonus. Ricevendo un secco no. Qual è il problema? Le fake news di quei portali. Infatti, non c’è neppure un euro di bonus statale. Venditori del tutto innocenti che allargano le braccia spiegando il guaio cibernetico.



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Incentivi auto elettriche 2025: come stanno le cose

Il governo ha prima stanziato 600 milioni di euro dal PNRR per i bandi delle colonnine di ricarica. Andati deserti. Di qui la decisione: soldi da impiegare in incentivi. Quando? Quanti bonus? Di quale importo? Con quale ISEE? Per elettriche con quale tetto di prezzo? Nessuno lo sa. L’esecutivo ha inviato la proposta alla Commissione UE: questa dirà sì o no.

Per gli automobilisti recatisi nei saloni una bella beffa. Ogni tanto c’è anche un minimo di confusione di marketing di alcune Case, quando parlano di incentivi del costruttore: non hanno nulla a che fare con gli incentivi di Stato.

Paralisi delle vendite

Intanto, le vendite di elettriche sono paralizzate in Italia. Che già è fanalino di coda fra i big d’Europa col 5% pietoso di quota mercato del nuovo. E con 300.000 full electric circolanti su 40 milioni di mezzo, spesso diesel over 10 anni. Il risultato è diametralmente opposto a quello voluto dal Green Deal 2019: più macchine vecchie e a gasolio nello Stivale. Attenzione anche a irritare i consumatori con fake news attira click sulle macchine a batteria, che di questo passo vengono sempre più detestate. Trattasi di flop senza precedenti, con tanto di disoccupazione crescente nell’automotive UE, più vari colossi sotto osservazione, in un momento di infinita incertezza.

Seconda legnata

È una seconda stangata per l’elettrico sia in Italia sia in Europa, dove si viaggia al 15% di quota: davvero misero. Eppure, ci sono sconti fortissimi delle Case affinché le multe 2026 di 16 miliardi di euro non siano appioppate. A inizio 2025, l’UE ha parlato di incentivi auto paneuropei, ossia con una cabina di regia unica. No quindi ai bonus singoli dei 27 Paesi. Poi non ce n’è fatto più nulla. Così, paralisi delle vendite, in quanto tutti giustamente attendono gli sconti governativi.

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Cosa chiede T&E: denaro in prestito alle aziende

La potente lobby verde Transport & Environment, davvero di peso nell’UE, dice che l’Europa ha bisogno di una riforma degli aiuti di Stato per le tecnologie pulite, a partire dagli incentivi alla produzione. Quindi ecobonus no lato domanda, no “soldi” ai cittadini; ma bonus lato offerta, “denaro” alle Case. Che poi era l’ultima idea del ministero delle Imprese, prima che il ministero dell’Ambiente decidesse per i futuri bonus pro consumatori (che caos bestiale). 

Secondo T&E, l’UE vuole guidare la transizione verso le tecnologie pulite, e per questo deve sostituire il suo tradizionale sistema di aiuti di Stato progetto per progetto con un sostegno automatico, finanziabile e basato sui risultati. Solo allora il denaro pubblico attirerà gli investimenti privati, aiuterà a far crescere i nuovi operatori e ridurrà i costi di produzione: tutti elementi essenziali per la competitività globale. 

L’iniziativa di punta del presidente von der Leyen, il Clean Industrial Deal, incarica il vice presidente Ribera (foto su) di modernizzare le norme sugli aiuti di Stato per servire meglio la politica industriale. Le tecnologie pulite sono al centro dell’attenzione, poiché i produttori UE vengono schiacciati dai concorrenti cinesi più economici e dai generosi sussidi statunitensi previsti dall’Inflation Reduction Act (IRA). Con bilanci pubblici ristretti, ogni euro deve contare: la priorità dovrebbe essere massimizzare gli investimenti privati ​​attraverso una spesa pubblica intelligente.

Elettrico: oggi andiamo male

Per il gruppo verde, gli attuali quadri normativi sono carenti. Forniscono per lo più aiuti forfettari per singoli progetti, a seguito di lunghe negoziazioni basate su criteri soggettivi come il gap di finanziamento. Ciò significa che le aziende non sanno in anticipo quali aiuti riceveranno, rendendoli non finanziabili e difficilmente in grado di sbloccare capitali privati. Oggi una fabbrica di batterie può destreggiarsi tra cinque strumenti, ognuno con regole distinte. Fondamentalmente, i pagamenti forfettari non riducono i costi marginali di produzione, un fattore chiave per la competitività globale. Solo i grandi operatori storici con team legali e Stati membri ricchi e dotati di ingenti risorse amministrative possono districarsi nel sistema. I nuovi arrivati ​​(startup) non possono e non vogliono. Urge abilitare un sostegno automatico e condizionato per l’aumento della produzione e la localizzazione nell’ambito del prossimo Quadro di Aiuti di Stato del Clean Industrial Deal.

I soldi alle Case

A differenza dei sussidi tradizionali, gli aiuti basati sulla produzione vincolano il sostegno ai volumi di produzione effettivi. Pagano per la consegna, non per le promesse, quindi i contribuenti premiano solo il successo. Possono crescere con la crescita, scadere nel tempo e includere condizioni Made in UE, garantendo benefici alle industrie locali, ai lavoratori e ai consumatori. È così che funziona l’IRA statunitense. Con semplici crediti basati sulla produzione, ha sbloccato oltre 110 miliardi di dollari di investimenti privati ​​in tecnologie pulite. Le aziende si sono riversate perché il sostegno ha ridotto i rischi dei progetti e ha offerto prevedibilità. Nel settore manifatturiero delle tecnologie pulite, dove conta di più, la Commissione intende ancora vietare gli aiuti basati sulla produzione e attenersi al vecchio e lento sistema, basato su singoli progetti. Questo porta a ritardi, incertezza giuridica e perdita di opportunità.

Circa 25 euro per kWh

T&E parla di aiuti alla produzione unitaria per i prodotti finali: 25 €/kWh per le celle delle batterie con massimali per azienda e tassi decrescenti man mano che le società crescono e perdono la curva di apprendimento. Poi bonus per le regioni con contenuto locale e coesione, per far sì che gli aiuti si diffondano nelle catene di approvvigionamento europee e distribuire i benefici. Quindi aiuti subordinati al controllo europeo. 

Dramma Northvolt

A onor del vero, va detto che il precedente drammatico di Northvolt spaventa. Un fallimento totale, con la concorrenza cinese troppo forte: lentezza, prodotti di qualità giudicata inferiore, necessità di una montagna di quattrini in prestito per sopravvivere. L’azienda svedese fondata con la missione di costruire celle e sistemi di batterie sostenibili è un monito, è l’icona del flop. Mirava a raggiungere una capacità di produzione annuale di celle di 150 GWh entro il 2030, con un focus sull’integrazione di materiali riciclati e sulla minimizzazione dell’impronta di carbonio. Ma il Dragone l’ha stritolata. Con CATL (leader planetario) e BYD imbattibili, anche grazie all’impiego massivo di Intelligenza Artificiale.

Era iniziata con tanti politici green che sorridevano innanzi alla fabbrica per le foto ricordo del successo. È finita con l’istanza di fallimento (Chapter 11) negli Stati Uniti nel novembre 2024 e successivamente col default in Svezia nel marzo 2025. I suddetti politici? Spariti. Per associare il meno possibile la loro faccia alla sconfitta elettrica.

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