Mercato del lavoro in Liguria, analisi Hays: tasso di occupazione 67,3%, da maggio a luglio 44.690 nuove assunzioni


Difficoltà nel reperire “veri” esperti di intelligenza artificiale, skill gap sempre più marcato dovuto alla rapida evoluzione tecnologica, equilibrio vita privata-lavoro, maggiore attenzione al benessere mentale e alle tematiche della diversity e inclusion: sono queste, secondo la società di recruiting Hays Italia, alcune delle principali sfide che manager, imprenditori e Hr dovranno affrontare nel 2025 per rendere le proprie aziende moderne e attrattive.

Sfide che si inseriscono in una fase del mercato del lavoro ligure dinamico: nel 2024 il tasso di occupazione nella regione è al 67,3%, un dato superiore alla media nazionale (62,2%). Numeri positivi che si riflettono anche nelle previsioni per i prossimi mesi: secondo l’elaborazione della società di recruiting Hays su base dati “Unioncamere-Anpal, Sistema Informativo Excelsior”, da maggio a luglio le imprese liguri prevedono di assumere 44.690 risorse, +1,8% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. A livello territoriale, la provincia con il più alto numero di nuovi ingressi previsti, sempre nel trimestre, è Genova con 21.180 assunzioni, seguita da Savona (10.290), La Spezia (6.940) e Imperia (6.290). Le provincia più dinamica per crescita rispetto allo stesso periodo del 2024 è Imperia (+6,6%).

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“Il futuro del lavoro non è solo una questione di tecnologie, ma di visione – dichiara Manuela Vergano, director di Hays Italia – Nel 2025, le aziende che sapranno distinguere il talento autentico, colmare il divario di competenze e mettere al centro la persona – con il suo bisogno di flessibilità, benessere e inclusione – saranno quelle capaci di costruire un vantaggio umano prima ancora che competitivo. È il momento di investire nel potenziale delle persone, perché è lì che nasce l’innovazione più vera”.

 

I principali trend del 2025

Microcredito

per le aziende

 

L’intelligenza artificiale continuerà a essere protagonista anche nel 2025. Se da un lato la quota di professionisti che dichiara di utilizzare tecnologie o strumenti di Ia generativa è passata dal 20% nel 2023 al 43% nel 2024 -segnale che questa tecnologia viene ormai percepita più come un’opportunità che come una minaccia per l’occupazione-, per il 2025 l’attenzione si sposterà sulla difficoltà per le aziende nel distinguere i veri esperti di Ia dai “pseudo-esperti”. Molte imprese, infatti, si concentrano ancora su applicazioni molto specifiche dell’intelligenza artificiale, come il supporto alla produttività e l’automazione dei processi, trascurando invece gli impieghi strategici più estesi della tecnologia.

La rapida evoluzione tecnologica sta ampliando il divario tra le competenze richieste e quelle effettivamente disponibili sul mercato. Settori come tech, banche & assicurazioni, ingegneria, manifattura e life sciences mostrano un deficit di centinaia di migliaia di ruoli vacanti a livello globale. In particolare, emerge che il 50% della forza lavoro globale ha più di otto anni di esperienza, mentre i network emergenti — come India, Colombia, Malesia e Polonia — sono popolati prevalentemente da giovani con meno di tre anni di esperienza.

Per rispondere a questa crescente discontinuità nelle competenze, secondo Hays, sarà fondamentale adottare strategie di formazione continua, puntando su programmi di Hire-Train-Deploy per trasformare i talenti esistenti in nuove figure chiave. Parallelamente cresce anche la richiesta di programmi di formazione strutturata: secondo Hays Italia, l’85% delle aziende italiane investirà quest’anno in Hr e training, destinando il 41% dei fondi a programmi di formazione, il 40% a iniziative di retention e il 31% alla riorganizzazione.

Un altro elemento chiave per il 2025 riguarderà l’equilibrio tra vita privata e professionale. Lo scorso anno ben il 45% dei professionisti si è trovato in difficoltà nella gestione dell’equilibrio tra lavoro e vita privata, soprattutto per attività molto stressanti, distanza casa-lavoro, gestione dei figli e dei genitori anziani, ecc. Per questo lo smart working diventa fondamentale. Ma in un momento in cui molte aziende stanno incentivando il rientro in presenza, cosa accadrebbe se le imprese eliminassero definitivamente il lavoro da remoto o lo riducessero sensibilmente? Tre quarti dei lavoratori coinvolti inizierebbero a cercare una nuova occupazione (68%, con le donne al 72%) o lascerebbero immediatamente il proprio lavoro anche senza avere un’alternativa (7%). I più critici sono le donne, hanno un’età tra i 25 e i 34 anni, lavorano in aziende di grandi dimensioni e coprono posizioni junior o intermedie.

Il benessere mentale è forse uno dei temi che nell’ultimo anno ha registrato la crescita più significativa, con un impatto diretto sulle performance aziendali. Per i lavoratori rappresenta un elemento estremamente importante, eppure, per sette professioni su dieci risulta ancora poco integrato nella cultura aziendale. Attualmente, solo poco più di un terzo delle aziende (35%) offre iniziative o programmi dedicati al benessere mentale. Un dato che, se da un lato evidenzia una criticità, dall’altro apre nuove opportunità per chi guida l’impresa. Il benessere mentale può diventare infatti uno strumento strategico per manager, imprenditori e responsabili Hr che vogliono costruire organizzazioni moderne e allineate alle aspettative dei dipendenti.

Per il 2025, su cosa dovrebbero puntare le aziende? Oltre alla flessibilità oraria, l’attenzione dovrebbe concentrarsi su consulenze psicologiche, programmi di gestione dello stress, attività fisiche o sportive, programmi di mentoring o coaching, nonché su eventi sociali e di team building, fondamentali per rafforzare il senso di appartenenza e il benessere complessivo dei team.

Anche il tema della Diversity, equity & inclusion sarà centrale nel 2025; negli ultimi anni, infatti, è cresciuta anche la sensibilità verso i temi legati all’inclusione. Le politiche implementate dalle aziende devono raggiungere tutta la popolazione aziendale, compresa quella femminile che ancora subisce alcuni pregiudizi. Secondo una recente survey di Hays, il 37% dei professionisti individua nel pregiudizio di genere e nella discriminazione il principale ostacolo per le donne nel mondo del lavoro, seguito da modalità di lavoro rigide (28%), disparità salariale (26%) e assenza di programmi di mentoring (9%). Nonostante i progressi compiuti, questi dati evidenziano come molte organizzazioni debbano ancora lavorare per costruire ambienti realmente inclusivi anche per ridurre il turnover dei dipendenti. La creazione di ambienti più equi e supportivi non rappresenta solo una questione di giustizia sociale, ma anche un fattore determinante per la competitività e la capacità innovativa delle imprese.

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