Circolare ma non più di tanto


Da ranocchio a principe azzurro. Il rifiuto, lo scarto, generalmente brutto e maleodorante, sta diventando sempre più importante e centrale nell’economia di un paese come il nostro che non è dotato di materie prime. Un processo già in atto da anni ma che oggi, in un contesto segnato da continui stravolgimenti sul fronte geopolitico e sanitario, assume ancora più centralità.

L’approvvigionamento di materie prime sta diventando, infatti, sempre più complicato e costoso incidendo fortemente sul settore imprenditoriale italiano.

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L’ECONOMIA CIRCOLARE, intesa nella sua complessità che non è solo gestione del mero rifiuto, può diventare allora la principessa intorno a cui far ruotare il rilancio del nostro Made in Italy. Ma tutti, politici, imprenditori e consumatori, dobbiamo crederci di più.

DI QUESTI TEMI SI E’ DISCUSSO alla «Conferenza nazionale Circolarità per il rilancio del Made in Italy», svoltasi a Roma lo scorso 15 maggio, durante la quale è stato presentato il nuovo Rapporto sull’economia circolare, del Circular Economy Network (CEN), promosso dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile e realizzato in collaborazione con ENEA. Il Rapporto, alla sua settima edizione, conferma ancora una volta il primato italiano tra i 27 Paesi Ue per livelli di circolarità, in seconda posizione dopo i Paesi Bassi ma in prima posizione nel confronto con le altre principali economie europee (Germania, Francia e Spagna). Segna inoltre un aumento della produttività delle risorse, con un miglioramento del 20% rispetto al 2019.

OTTIME LE PERFORMANCE anche nella gestione dei rifiuti. Il nostro tasso di riciclaggio dei rifiuti urbani è cresciuto, nel 2023, di 3,2 punti percentuali rispetto al 2019, attestandosi al 50,8%. Ma il rapporto segna anche alcuni dati negativi tra i quali spicca la dipendenza dalle importazioni di materiali. Nel 2023 questa è stata pari al 48% del fabbisogno complessivo, valore nettamente superiore a quello dell’Ue che nello stesso anno si è attestato al 22%. Il costo delle nostre importazioni è salito da 424,2 Mld€ nel 2019 a ben 568,7 Mld€ nel 2024, con un aumento del 34%.

UNA VERA SPADA DI DAMOCLE sul settore produttivo e il Made in Italy. «Basti pensare che l’importazione di materiali come combustibili fossili, minerali, metalli e biomasse di vario genere, costa circa 500 miliardi», spiega Edo Ronchi, presidente del CEN e della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile. Insomma in un contesto economico e politico sempre più incerto, le materie prime giocano un ruolo fondamentale e l’Italia deve decidere da che parte stare. «Se rafforzare la sua leadership nella circolarità o perdere questo vantaggio», dice ancora Ronchi, indicando la strada da seguire.

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«PER FAR DECOLLARE DAVVERO l’economia circolare dobbiamo cambiare prospettiva. Oggi si punta troppo sulla gestione dei rifiuti e troppo poco su azioni a monte, come progettare prodotti che durano di più e si possono riutilizzare. Inoltre, il mercato delle materie prime seconde è ancora debole, e mancano strumenti efficaci per monitorare i veri progressi sulla circolarità, che non si misurano solo dai rifiuti. Per superare questi ostacoli, bisogna rendere più convenienti per tutti le scelte sostenibili; usare la leva fiscale per premiare chi riduce gli sprechi e introdurre criteri circolari anche negli acquisti pubblici. L’economia circolare non è solo una buona idea per l’ambiente ma è un’occasione concreta di innovazione e sviluppo».

A CONFERMARE LA NECESSITA’ di un cambio di prospettiva anche l’Enea, che ha partecipato alla stesura del Rapporto. «Per limitare la nostra dipendenza dall’importazione di materiali – dice Claudia Brunori, direttrice del dipartimento di Sostenibilità, circolarità e adattamento al cambiamento climatico dei Sistemi Produttivi e Territoriali di ENEA – è urgente l’implementazione di un sistema economico basato su un approccio circolare a partire dall’eco-design e dall’innovazione di prodotto, che garantisca un approvvigionamento sostenibile e sicuro delle materie prime, con particolare riguardo a quelle critiche e strategiche. Una grande opportunità di innovazione e competitività è legata alle biotecnologie circolari, con applicazioni nel settore industriale e nell’agrozootecnia».

A TESTIMONIARE LA VIRTUOSITA’ ITALIANA in tema di circolarità, la fitta partecipazione alla Conferenza, in veste di protagonisti, oltre che di imprese e filiere sostenibili impegnate in modelli virtuosi di circolarità, anche di consorzi (tutti senza fini di lucro) che, sul territorio nazionale, si adoperano per trasformare e riutilizzare materie prime. Tra questi: il Conai, consorzio nazionale imballaggi, a cui aderiscono circa 640 mila imprese, che rappresenta un efficace sistema di recupero, riciclo e valorizzazione dei materiali di imballaggio di acciaio, alluminio, carta, legno, plastica, bioplastica e vetro; i Consorzi Cobat, un sistema dedicato alla raccolta, al trattamento e all’avvio al riciclo di prodotti giunti a fine vita che oggi conta oltre 4000 iscritti e 5 filiere produttive; Erion, un sistema multi-consortile per la gestione di differenti tipologie di rifiuti: dai prodotti elettronici alle batterie, dagli imballaggi ai prodotti del tabacco, al tessile. Il Conou, Consorzio nazionale per la gestione, raccolta e trattamento degli oli minerali usati che conta 1.052 consorziati e che assicura che l’olio lubrificante usato non rimanga un rifiuto pericoloso e non si disperda nell’ambiente, ma torni ad essere rigenerabile all’infinito.

«PER QUANTO CI RIGUARDA – dice Riccardo Piunti, presidente Conou – la filiera italiana di raccolta e rigenerazione degli oli usati, è leader assoluta in tutta Europa con percentuali di recupero che sfiorano il 100%. Una leadership che però richiede un costante sforzo per essere mantenuta e garantita nel tempo e che può accrescersi lavorando sul consolidamento degli standard di qualità e sull’innovazione». E non è solo questione di leadership ma di vantaggi reali e concreti che si otterrebbero da una un’ottimizzazione della circolarità.

SECONDO CASSA DEPOSITI E PRESTITI, l’adozione di pratiche circolari ha già portato a un risparmio di 16,4 miliardi di euro per le aziende manifatturiere. Ma il potenziale stimato arriva a 119 miliardi entro il 2030. La Fondazione per lo sviluppo sostenibile calcola che i benefici per l’Italia derivanti da una crescita annua del tasso di riciclo dell’1,5%, da una riduzione della produzione di rifiuti dell’1% e del consumo di materiali del 3,5%, genererebbe al 2030 un aumento del tasso di riciclo fino all’89,8% (+18%) e, soprattutto, una riduzione di 40 milioni di tonnellate della dipendenza da importazioni con un risparmio di 82,5 miliardi di euro. Per non parlare dell’impatto climatico: La Commissione Ue stima che l’aumento della circolarità possa ridurre i costi del sistema energetico in Europa del 7% tra il 2031 e il 2050, pari a 45 miliardi di euro di risparmio annuo.



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