E’ previsto un decreto legge per definire le risorse necessarie per “salvaguardare” l’indotto dell’ex Ilva. In questa fase “complessa”, potrebbe non essere colpito tutto l’indotto. Inoltre, le attività di manutenzione degli impianti potrebbero garantire lavoro e continuità “a svariate aziende del territorio”. Il governo punta a istituire un gruppo tecnico insieme ai commissari, “con l’obiettivo di distinguere tra le imprese che hanno subito danni effettivi e quelle che non ne hanno risentito”. Sono le parole del ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, facendo il punto durante il tavolo che si è tenuto oggi al ministero delle Imprese, e alla presenza – anche in collegamento – dei rappresentanti delle associazioni dell’indotto ex Ilva, sulle azioni da intraprendere nei prossimi mesi per quanto riguarda l’occupazione, la continuità lavorativa delle aziende coinvolte e il piano di decarbonizzazione dell’impianto siderurgico tarantino. “Solo così potremo garantire ristori adeguati, basati su dati oggettivi, anziché su stime approssimative” ha sottolineato Urso, garantendo il supporto del governo nei confronti del sistema produttivo, affinché si superi “questa fase delicata”.
Il ministro ha nuovamente fatto appello alla collaborazione “con responsabilità” delle parti, dalle istituzioni alle aziende: “Sono certo che anche la Regione farà la sua parte. Ci vuole la massima collaborazione”. Il governo sta lavorando a un accordo di programma con la Regione, il Comune, la Provincia, l’Autorità portuale e gli altri dicasteri per un futuro basato su tre forni elettrici, impianti Dri, cattura della Co2 e piena decarbonizzazione del sito siderurgico. “Realisticamente – ha continuato Urso -, la costruzione di un forno elettrico richiede circa quattro anni: il nostro Piano prevede una transizione graduale ma strutturata su dodici anni, con la realizzazione di un forno ogni quattro anni che potrà contare, in parallelo, sul preridotto dei Dri a loro volta alimentati a gas”. Il ministro ha poi ricordato le tre le condizioni necessarie per la riuscita del Piano: il consenso all’approdo della nave rigassificatrice, l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) e la continuità produttiva per evitare il collasso degli impianti e la perdita di quote di mercato.
Il ministro delle Imprese avrebbe anche evidenziato come con la regione Puglia sia in corso “un confronto costruttivo anche sull’Aia e rispetto allo stazionamento temporaneo di una nave rigassificatrice, condizioni preliminari per ogni negoziato”. Il Piano del consorzio azero di Baku Steel avrebbe subito modifiche in seguito all’incidente avvenuto il 7 maggio, che ha compromesso l’Altoforno 1 e che ha comportato il dimezzamento della produttività. Per i prossimi sette-otto mesi la produzione sarà infatti dimezzata a Taranto, passando da 4 a 2 milioni di tonnellate all’anno, “con un solo altoforno in funzione e con ripercussioni dirette anche sugli altri stabilimenti. Supereremo anche questo ostacolo imprevisto”, avrebbe comunicato il ministro alle associazioni dell’indotto, ribadendo che “noi non molliamo. Dobbiamo prendere atto delle conseguenze: meno produzione, meno occupazione, con la necessità di più risorse pubbliche”. Pur in un contesto di attività produttiva ridotta, l’indotto potrebbe mantenere un ruolo centrale per le attività manutentive e per il rilancio di Taranto, contribuendo all’esecuzione degli interventi necessari ad abilitare il rialzo dei livelli produttivi e il ripristino degli impianti. Urso ha inoltre ricordato che l’Altoforno 2 è attualmente in manutenzione e potrebbe tornare operativo solo tra quattro-cinque mesi. Successivamente, sarebbe la volta dell’Altoforno 4, per una manutenzione programmata della durata di due-tre mesi. “Nel frattempo – ha aggiunto – affronteremo l’impatto occupazionale con responsabilità insieme a sindacati e istituzioni locali”.
Perché le trattative con Baku proseguano servono tre cose: “Aia, autorizzazione al rigassificatore e che gli impianti siano in marcia. Queste sono le tre cose. E’ chiaro che non puoi andare a chiedere a un investitore: metti un miliardo per questa transizione. Bisogna che li metta lo Stato”, ha affermato il presidente di Confindustria Taranto, Salvatore Toma. E’ necessario, quindi, la rimessa in moto dell’Altoforno 1 “e forse anche il 2. Questo significa che ci sarà bisogno da parte dello Stato italiano – e loro prevedono di fare un decreto legge nei primi giorni di giugno – di tanti soldi a disposizione, che stanno cercando insieme ai commissari di quantificare quanti sono, ma sicuramente ci vorranno diversi soldi”, ha ribadito Toma. Anche per il presidente di Aigi Taranto, Nicola Convertino, le trattative con il Baku “proseguiranno sicuramente”. Il Piano del possibile acquirente azero “è cambiato, si sono allungati i tempi”, ha ricordato. Convertino ha poi illustrato le due fasi in atto nei prossimi mesi: una di medio termine e l’altra di più lungo termine, che porterà alla decarbonizzazione. Quella di medio termine, invece, “è quella che porterà subito gli altiforni, almeno due, a un minimo di produzione, con una certa scadenza e programmazione di quello che sarà il futuro”, ha aggiunto Convertino. Il numero dei lavoratori dell’indotto che potrebbero essere impiegati nelle manutenzioni “è difficile stimarlo, ma certamente ci saranno molti lavori da fare che coinvolgeranno le aziende dell’indotto, sia nel medio periodo che nel lungo periodo”, ha aggiunto. Nel frattempo “sarà un momento di pace istituzionale, abbiamo notato una collaborazione positiva tra regione Puglia e il governo”, ha chiosato Convertino.
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