SPILLO AI/ Perché non usarla contro la burocrazia anziché nel rapporto fisco-contribuenti?


L’intelligenza artificiale (AI) è un tema presente quotidianamente nei dibattiti e sarà centrale anche nei prossimi anni per le applicazioni che potrà avere. Come tutte le innovazioni, oggi spaventa, ma la sua applicazione quotidiana finirà per farla diventare un supporto di cui non si potrà fare a meno.

Stando alle dichiarazioni del Governo, è prevista una sua applicazione anche nell’ambito del rapporto fisco-contribuente e dovrebbe consentire di recuperare base imponibile, andando a individuare i possibili errori o dimenticanze che si commettono, inevitabilmente in alcuni casi, nel compilare la dichiarazione dei redditi, considerata la mole delle istruzioni imposte dalle norme, dalla prassi e dalle interpretazioni giurisprudenziali.

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Il Viceministro Leo punta alla piena valutazione di tutte le informazioni disponibili per l’anagrafe tributaria delineando un’applicazione dell’AI di tipo contenitivo da memoria allargata. Nel passato questa operazione è stata tentata più volte e non sempre con risultati pienamente positivi (stagione delle cartelle pazze, mancato incrocio di pagamenti in autoliquidazione, ecc.). Se tutto questo porterà al recupero di imponibile o imposte rimane tutto da vedere con il rischio che si traduca in un’ulteriore pressione per il ceto medio.



Sul tema si è espresso anche Vincenzo Carbone, Direttore dell’Agenzia delle Entrate, che, pur apprezzando il ruolo rilevante dell’intelligenza artificiale applicata ai controlli fiscali, sottolinea che il fattore umano resta centrale. Nel suo intervento traspare un’evidenza ancora non pienamente percepita da tutti, ovvero che oggi l’AI ancora non ha un carattere generativo capace cioè di creare autonomamente qualcosa. Un’applicazione massiccia di un algoritmo predeterminato potrebbe finire per far diventare l’AI una macchina che sforna accertamenti di continuo.

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Consapevole di ciò, ha sottolineato come “la raccolta di dati da sola non è sufficiente, è un approfondimento, ma non dà conclusioni, serve un percorso logico-giuridico che dia una motivazione, una chiave di lettura e crei un percorso argomentativo”. Apprezzabile, dunque, è la sua conclusione che, coerentemente con le sue dichiarazioni di inizio mandato, sottolinea come l’obiettivo dell’Ade sia quello di aprirsi all’innovazione, al confronto e alla dialettica, ma sempre ascoltando il contribuente, facendo analisi e partendo dai dati.

Sarebbe interessante capire se e come l’AI possa essere impiegata per intaccare la burocrazia che soffoca le imprese chiamate a destreggiarsi tra moduli da compilare, sovrapposizione di adempimenti, interpretazioni amministrative talvolta personalistiche, ecc..

La Cgia di Mestre ha recentemente affrontato il tema sottolineando quanto sia complesso avviare una attività imprenditoriale nel nostro Paese. L’argomento è stato affrontato con il varo della Zes Unica che ha il vero aspetto innovatore nell’aver accentrato presso il Ministero il rilascio di tutte le autorizzazioni necessarie per avviare le imprese. Il tema della governance applicato alla Zes, infatti, ha previsto un nuovo percorso per il rilascio delle autorizzazioni prevedendo l’introduzione dello Sportello unico digitale incaricato di presiedere al rilascio di tutti i titoli abilitativi necessari per avviare nuove iniziative industriali.

Sulla reale efficacia di questa previsione mancano informazioni, non si conoscono infatti quante siano le aziende che abbiano tratto vantaggio da questo nuovo percorso burocratico. Proprio in questo ambito, quindi, l’AI potrebbe avere un’applicazione fortemente impattante. È noto a tutti, infatti, come nel nostro Paese le norme da rispettare per avviare amministrativamente un’azienda siano particolarmente complesse, tanto che i tempi medi per ottenere il rilascio di permessi e autorizzazione è tra i più lunghi d’Europa.

Stante allo studio della Cgia di Mestre una delle cause è rintracciabile nel basso livello di digitalizzazione dei servizi pubblici che costringe le aziende a sottrarre tempo prezioso e risorse economiche importanti alle loro attività produttive. Semplificare il quadro normativo, dunque, è il primo passo da compiere, in modo da riuscire ad alleggerire il peso della burocrazia.

In questo senso va il varo di un disegno di legge che prevede l’abrogazione di qualcosa come 30.700 norme che sono state emanate tra il 1861 e il 1946. Intervento sicuramente apprezzabile che tuttavia non deve tradursi nella semplice l’abrogazione, poiché se ciò fosse ci troveremo con processi amministrativi non semplificati ma monchi, che per essere completati necessiteranno del varo di nuove norme rischiando un paradosso.

La vera risposta che si attendono le aziende che hanno risposto alla Cgia di Mestre è avviare un taglio dei tempi di rilascio delle autorizzazioni. Il 24% (contro una media europea del 17%) degli imprenditori intervistati ha dichiarato di avere il 10% della propria forza lavoro impiegata a espletare le varie formalità che sono previste dalla legge. Dunque, questa potrebbe essere un’applicazione concreta dell’AI nella versione attuale in attesa di quella che verrà.

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