Superbonus, 126 miliardi spesi per ristrutturare il 4% degli edifici


126 miliardi di euro per ristrutturare 499.709 edifici, praticamente il 4,1% di tutto il patrimonio immobiliare italiano.

Sono questi i numeri, tirate le somme, del Superbonus, l’incentivo fiscale introdotto dal governo Conte II (essenzialmente M5S, Pd e Iv) con l’obiettivo di rilanciare l’edilizia e migliorare l’efficienza energetica del patrimonio immobiliare.

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Il Superbonus nel 2025

La stima è stata fatta dall’Ufficio Studi della Cgia di Mestre. Il bilancio solleva interrogativi e contribuisce a spaccare la politica, fra chi difende il Superbonus senza se e senza ma, fra chi lo boccia senza appello e fra chi assume una posizione intermedia, cioè considerando teoricamente il Superbonus la miglior misura possibile, ma realizzata praticamente nel peggiore dei modi possibili.

Nonostante la successiva riduzione dell’aliquota al 65% (rispetto al 110% del Superbonus originario), e nonostante il progressivo irrigidimento normativo introdotto nel 2024, nei primi tre mesi del 2025 lo Stato ha dovuto sostenere ulteriori 1,8 miliardi di euro di spesa. Una crescita imputabile principalmente ai cantieri già avviati e alle pratiche ancora in fase di liquidazione, piuttosto che a nuove richieste.

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Il Superbonus nel 2025 è riservato a un pubblico ristretto, ovvero:

  • condomini;
  • edifici da 2 a 4 unità immobiliari;
  • terzo settore (Onlus, associazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale).

Per accedervi, i richiedenti dovevano aver presentato, entro il 15 ottobre 2024, una serie di documenti (cioè Cila, delibere condominiali, istanze per il titolo abilitativo).

Il Superbonus oggi premia la Campania

La crescita della spesa nel primo trimestre 2025 ha visto una forte concentrazione geografica. In testa alla classifica troviamo:

  • Campania +301,6 milioni di euro (+3,4%);
  • Marche +87,6 milioni (+2,5%);
  • Molise +19,3 milioni (+2,5%).

All’estremo opposto, le regioni con la crescita minore sono queste:

  • Sardegna +12,7 milioni (+0,4%);
  • Valle d’Aosta +3,4 milioni (+0,6%);
  • Puglia +38,1 milioni (+0,6%).

Questi dati evidenziano una forte disomogeneità territoriale nell’impiego del Superbonus.

Parlando in generale, invece, le regioni più attive sono state:

  • Veneto (5,7% degli edifici ristrutturati);
  • Emilia-Romagna (5,5%);
  • Trentino-Alto Adige (5,4%).

E le regioni meno attive sono state:

  • Sicilia (2,2%);
  • Calabria (2,6%);
  • Puglia (2,9%).

Gli effetti del Superbonus

Tirando le somme, gli effetti economici e gli effetti ambientali del Superbonus edilizio raccontano una storia in cui la promessa iniziale è stata mantenuta solo a metà.

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Secondo i sostenitori del Superbonus, la misura avrebbe dovuto generare effetti economici positivi:

  • aumento del Pil;
  • aumento dell’occupazione;
  • aumento del gettito fiscale (Irpef, Ires, Iva);
  • riduzione delle emissioni inquinanti;
  • maggiore risparmio energetico.

L’Istat, viene evidenziato, attribuisce al Superbonus un impatto sulla crescita economica tra il +1,4% e il +2,6% del Pil nel biennio 2021-2022, periodo in cui il Pil italiano è cresciuto complessivamente del +13,7%.

Ma le analisi della Banca d’Italia e della Corte dei Conti smorzano l’entusiasmo:

  • il 25% dei lavori sarebbe stato eseguito comunque, anche senza incentivo, il che si traduce in 45 miliardi di spesa pubblica non necessaria;
  • i benefici ambientali compenserebbero i costi solo nell’arco di circa 40 anni;
  • l’incentivo ha effetti redistributivi a favore dei ceti più abbienti.

I “danni” del Superbonus

Ma un’altra conseguenza inattesa del Superbonus è stata l’esplosione dei prezzi nell’edilizia: tra il 2020 e il 2023 i costi di costruzione sono aumentati del +20%, di cui la metà attribuita proprio al Superbonus. Questo ha avuto impatti negativi anche su:

  • appalti pubblici, dal momento che molti di essi sono stati sospesi o rallentati a causa della necessità di rivedere i prezzi e la cosa si è riverberata anche sui mercati complementari (finestre, porte, tapparelle, eccetera);
  • mercato del lavoro edile, con la nascita di molte micro-imprese improvvisate che ora stanno chiudendo;
  • qualità delle opere realizzate, spesso eseguite in fretta e con materiali o manodopera non all’altezza, il che potrebbe generare criticità strutturali a breve-medio termine.





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