le nuove rotte del made in Italy


L’export made in Italy sta vivendo una fase di trasformazione profonda. Le tensioni geopolitiche, l’aumento dei costi produttivi, la stagnazione dell’economia tedesca e il rischio di nuove tariffe negli Stati Uniti stanno spingendo molte aziende oltre i mercati tradizionali.
Se finora Germania, Francia e Stati Uniti hanno rappresentato i principali sbocchi per i prodotti italiani, oggi si affacciano nuove rotte commerciali verso Paesi come India, Vietnam, Arabia Saudita, Messico e diversi Stati africani.

Un fenomeno reso necessario anche dal contesto macroeconomico incerto. Il Pil italiano nel 2024 è cresciuto dello 0,7%, sostenuto da agricoltura e industria, ma il fatturato industriale ha registrato un calo del 3,4% (dati Istat). La domanda interna ha segnato un -3,8%, mentre l’export è sceso dello 0,5% nonostante una ripresa del commercio globale (+3,4%). Segnali che indicano come il vecchio modello export-centrico sia sotto pressione, costringendo le imprese a cercare nuovi sbocchi internazionali.

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Secondo un’indagine del Centro Studi Tagliacarne, riportata in un articolo di Affari e Finanza del quotidiano la Repubblica, il 70% delle aziende italiane sta preparando contromisure ai possibili dazi americani. Tra le risposte strategiche: il 33% intende alzare i prezzi, il 25% punta sull’espansione all’interno dell’Ue e il 18% guarda ai mercati extraeuropei. Solo il 3% valuta un trasferimento della produzione negli Stati Uniti.

Il governo italiano, attraverso la Farnesina e con il supporto di Ice, Sace, Simest e Cdp, ha messo in campo un Piano d’azione per l’export nei mercati extra-Ue d alto potenziale. L’obiettivo è accompagnare soprattutto le pmi nei processi di internazionalizzazione, puntando su aree con forte urbanizzazione e classi medie in crescita, come Africa, Asia-Pacifico, America Latina e Balcani occidentali. I Paesi target includono, in particolare, India, Vietnam, Emirati Arabi e Messico.

Secondo Sace, l’export italiano potrebbe valere fino a 85 miliardi di euro in aree strategiche come il Sud-Est asiatico (Asean), il Medio Oriente, l’America Latina e l’Africa. Proprio in quest’ultimo continente, Tanzania, Algeria e Angola emergono come nuove frontiere per i settori infrastrutturali, agroalimentari, energetici e sanitari. In Tanzania, ad esempio, Sace ha attivato una push strategy finanziando il gruppo Metl, che in cambio si è impegnato a includere fornitori italiani nei propri progetti.

Un altro fronte promettente è l’America centro-meridionale, considerata logisticamente vantaggiosa rispetto agli Stati Uniti. Per sostenere le imprese interessate, Simest ha introdotto un finanziamento agevolato per investimenti green, digitali e produttivi, con un tasso dello 0,4% e una quota a fondo perduto fino al 20%. Le pmi, startup e imprese innovative che investono almeno il 30% in quell’area o vi generano il 5% del proprio export potranno beneficiarne.

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