La burocrazia? Un nemico invisibile che pesa ingiustamente sul sistema delle Piccole e medie imprese italiane, drenando almeno 80 miliardi di euro all’anno. E anche in regioni dove magari non te lo aspetti, come in Emilia-Romagna, le Pmi pagano dazio. Si tratta di un fardello insopportabile, denuncia l’ultimo report dell’Ufficio studi della Cgia di Mestre, che “schiaccia” soprattutto le microimprese, costrette a destreggiarsi tra moduli da compilare, documenti da produrre, timbri da apporre e file interminabili agli sportelli pubblici solo per ottenere una semplice informazione.
Nonostante qualche timido passo in avanti fatto negli ultimi anni, la complessità delle norme e spesso l’impossibilità pratica di applicarle rappresentano un “dramma” insopportabile. Senza contare che i tempi medi per il rilascio di permessi e autorizzazioni da parte della nostra Pubblica Amministrazione (PA) restano tra i più lunghi d’Europa; un risultato negativo riconducibile per la Cgia in particolare a un livello di digitalizzazione dei servizi pubblici ancora troppo basso.
Di conseguenza, a pagare il conto sono le aziende, che sottraggono tempo prezioso e risorse economiche fondamentali alla loro attività produttiva. Sia chiaro, fare di tutta l’erba un fascio è sempre sbagliato, prosegue l’Associazione di Mestre: nessuno può disconoscere che anche la nostra PA presenta punte di eccellenza invidiate in tutto il mondo nella sanità, nella ricerca, nell’università e nella sicurezza.
Purtroppo però la macchina dello Stato nel suo complesso funziona mediamente con difficoltà, soprattutto in molte regioni del Mezzogiorno, dove l’inefficienza costituisce un tratto caratteristico di queste realtà pubbliche. Non solo: a preoccupare cittadini e imprese sono i tempi di risposta e i costi della burocrazia che sono diventati una patologia insopportabile anche altrove. Avremmo bisogno di un servizio pubblico efficiente ed economicamente vantaggioso. Invece, continua il report, ci ritroviamo con una macchina pubblica “scassata” che fatica a tenere il passo con i cambiamenti epocali in corso.
Un taglio di 30.700 norme
Soluzioni miracolistiche non ce ne sono. Tuttavia, la semplificazione del quadro normativo sembra una delle operazioni più auspicabili per alleggerire il peso della burocrazia. Finalmente, sottolinea la Cgia, qualche segnale importante arriva dall’azione politica della maggioranza di centrodestra. All’inizio dello scorso mese di aprile è stato approvato un disegno di legge del governo che prevede l’abrogazione di oltre 30.700 norme emanate tra il 1861 e il 1946. Una volta approvata definitivamente, questa misura ridurrà del 28% lo stock delle norme vigenti, sperando in tempi di approvazione ragionevolmente brevi.
Tra i peggiori d’Europa
Anche dal confronto con gli altri Paesi europei, emerge che la burocrazia italiana sconta differenziali d’inefficienza molto preoccupanti, aggiunge la Cgia. Secondo una recente indagine condotta dalla Banca europea degli investimenti (Bei), il 90% delle imprese italiane ha dichiarato di avere del personale impiegato per adempiere agli obblighi normativi. Tra i big dell’Unione europea, nessun altro ha registrato un risultato peggiore. Se in Francia il dato si è attestato all’87%, in Germania è sceso all’84 e in Spagna all’82. La media Ue, invece, si è stabilizzata all’86%.
Tuttavia, la cosa più preoccupante che emerge da quest’indagine è che in Italia il 24% degli imprenditori intervistati ha dichiarato di impiegare oltre il 10% del personale per espletare tutte le formalità richieste dalla legge. Un dato che scende al 14% degli imprenditori in Francia e in Spagna e all’11% in Germania, con la media Ue al 17%.
Situazione drammatica al Sud, ma…
La Cgia analizza anche la periodica indagine dell’Università di Göteborg sulla qualità istituzionale delle Pubbliche Amministrazioni nelle 210 regioni dell’Unione europea. Nella classifica 2024 spicca al primo posto la finlandese Åland, seguita sul podio dalle danesi Nordjylland e Midtjylland, mentre i risultati delle regioni italiane sul fronte della qualità della burocrazia sono stati molto modesti. La prima è il Friuli-Venezia Giulia, ma si colloca solo al 63° posto europeo. Seguono la Provincia autonoma di Trento (81° posto), la Liguria (95°) e la Provincia autonoma di Bolzano (96°). Peggio fanno la Lombardia al 121° posto e il Piemonte al 127°, con il Veneto e la Toscana rispettivamente in 130ª e 134ª posizione.
A colpire, però, nella classifica sulla qualità istituzionale delle Pubbliche Amministrazioni nella Ue è soprattutto il risultato negativo della burocrazia dell’Emilia-Romagna, maglia nera tra le regioni del Centro-Nord; si colloca infatti al 178° posto, tra la Basilicata (174ª) e la Campania (190ª). Male anche le altre regioni del Sud: Puglia al 195° posto, Calabria al 197°; con il Molise (207° posto) e la Sicilia (208°) in coda alla graduatoria generale, chiusa dalle regioni bulgare di Yuzhen Tsentralen e Severozapaden.
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