all’Aquila sei persone sotto processo


L’AQUILA Capitale degli alberi da frutta, frutti di bosco e in guscio: singolare “etichetta”, almeno a giudicare dai lauti guadagni (fino anche a 1 milione di euro) dichiarati da diverse aziende del posto; peccato però che si tratti di una truffa ben organizzata da sei campani. La singolare truffa è stata portata a galla dai militari della Sezione di polizia giudiziaria della Guardia di Finanza in servizio alla Procura dell’Aquila, coordinati dal sostituto procuratore Simonetta Ciccarelli (ora in Cassazione), in veste di pm della Direzione Distrettuale Antimafia. Cinque uomini e una donna dovranno affrontare il processo a fine mese con la pesante incriminazione di associazione per delinquere finalizzata alla realizzazione di numerose truffe mediante l’utilizzo di imprese fittizie, con danno alle casse dello Stato. Si tratta di Alfonso Russo, Domenico Aversa, Agostino Sommaiuolo, Silvestri Catone, Giuliano Corso ed Eleonora Rea, tutti di Napoli e dell’hinterland campano, alcuni dei quali assistiti dall’avvocato Romina Ciampa del Foro dell’Aquila. A capo dell’organizzazione, Russo, accusato di aver predisposto, in veste di consulente, un’adeguata struttura per il compimento dell’attività delittuosa, in particolare nella creazione di imprese, accompagnate poi per l’iscrizione alla Camera di Commercio Gran Sasso Italia, attività strumentale a richiedere ed ottenere sovvenzioni pubbliche sulla base di documentazione falsa presentata dagli altri indagati, che non avrebbero avuto i presupposti per accedere a tali finanziamenti.

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I DETTAGLI

Sempre secondo quanto ricostruito dai militari della Pg delle Fiamme Gialle, l’iscrizione alla Camera di Commercio delle società sarebbe avvenuta a ridosso dell’approvazione delle varie misure varate dal Governo volte ad aiutare la ripresa economica durante la pandemia, che prevedevano condizioni preferenziali per i soggetti con sede operativa nel territorio di comuni colpiti da precedenti eventi calamitosi, come la città dell’Aquila, causa sisma del 2009. Gli altri indagati, a vario titolo, sono accusati di essersi prestati a ricoprire la carica di titolari delle ditte individuali esercenti la “coltivazione di alberi da frutta, frutti di bosco e in guscio” fittiziamente attive all’Aquila, concedendo procura speciale al Russo per l’iscrizione nel registro delle imprese, oltre ad aver richiesto ed ottenuto il contributo a fondo perduto destinato a sostenere le attività economiche danneggiate dall’emergenza coronavirus. Sempre secondo l’accusa, le liquidità acquisite dall’Agenzia delle Entrate (circa 800 mila euro) sarebbero state da ognuno drenate dai conti correnti dedicati mediante trasferimenti a catena, con giro di fondi tra i medesimi associati e/o verso soggetti ad essi collegati e verso l’estero, a favore di soggetti ricorrenti. Indennizzi i cui ricavi sono stati calcolati tra le differenze delle dichiarazioni (false) presentate, in particolare tra i ricavi (fino a 400 mila euro annuali pre-emergenza) e quelli passati (fino a 30 mila euro) causa emergenza Covid-19.

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