Una terra laboriosa come l’Umbria vede assottigliarsi il suo tessuto imprenditoriale. A lanciare il segnale d’allerta è la Camera di Commercio, che nel suo ultimo report registra un saldo negativo di 670 imprese in meno rispetto allo scorso anno. La crisi non arretra e colpisce in profondità una regione che si scopre più fragile del previsto.
Nel primo trimestre del 2025, le imprese registrate sono diminuite dello 0,23%, molto al di sopra del calo nazionale (–0,05%). Un dato che colloca l’Umbria tra le regioni più penalizzate, superata in negativo soltanto da Basilicata, Abruzzo e Piemonte. Peggio ancora, se si guarda alla variazione su base annua: –0,74%, a fronte del –0,18% nazionale.
Imprese in Umbria: 670 attività scomparse in un anno
A Perugia il calo è stato più marcato (–162 unità), ma anche Terni ha perso terreno (–49), per un totale di 211 imprese in meno nei primi tre mesi del 2025. Numeri che riflettono non soltanto difficoltà congiunturali, ma un indebolimento strutturale. Il saldo fra aperture e chiusure pende con decisione verso il rosso, e le nuove iscrizioni non bastano a compensare le cessazioni.
Il report non si limita a fotografare un andamento, ma mette in luce una trasformazione economica che appare sempre più problematica. L’Umbria perde imprese, e con esse posti di lavoro, investimenti, progettualità.
Calo record nel primo trimestre 2025: i dati della Camera di Commercio
I numeri pubblicati dall’ente camerale mostrano una regione in affanno. Le imprese umbre iscritte nel Registro sono 90.348, ma quelle attive effettivamente scendono a 81.441. Un saldo negativo netto, che si inserisce in un quadro nazionale più stabile. In un’Italia che, pur tra mille incertezze, mantiene una certa capacità di resistenza, l’Umbria arranca.
Tra le province, Perugia segna un –0,23%, Terni un –0,20%. Le aperture non decollano, mentre le chiusure aumentano. Crescono solo le società di capitali, che però rappresentano una minoranza nel tessuto regionale.
Il tessuto economico umbro: troppe micro-imprese, poche capitali
In Umbria dominano ancora le ditte individuali: oltre 33.000 in attività. Seguono le società di capitale (25.460) e le società di persone (13.840). Una composizione che rivela la presenza prevalente di realtà imprenditoriali piccole, spesso sottocapitalizzate e vulnerabili alle oscillazioni del mercato.
Nel primo trimestre 2025, le imprese individuali sono diminuite dello 0,28%, con un crollo particolarmente pesante a Terni (–0,68%). In lieve crescita solo le società di capitali (+0,54%), segnale che la struttura fa la differenza, e che le imprese più organizzate riescono a tenere meglio il passo.
Mencaroni: “Servono imprese solide, digitali e sostenibili”
Il presidente della Camera di Commercio dell’Umbria, Giorgio Mencaroni, non si limita a illustrare i dati. La sua analisi affonda nel merito: “La crisi non è più episodica. Il nostro sistema è composto da aziende troppo piccole, troppo esposte, troppo poco competitive”.
Nel commentare il rapporto, Mencaroni indica una rotta precisa: servono politiche pubbliche lungimiranti, investimenti nella digitalizzazione, incentivi per chi assume giovani, strumenti per rendere le imprese umbre più sostenibili. “Una transizione necessaria”, afferma, “che richiede visione e coesione”.
I settori più colpiti dalla crisi: commercio, agricoltura e manifattura in calo
Tra i comparti che stanno pagando il prezzo più alto figurano quelli più tradizionali: il commercio (–7.627 imprese a livello nazionale), l’agricoltura (–5.809) e la manifattura (–2.747). In Umbria, dove proprio questi settori costituiscono la spina dorsale dell’economia, il contraccolpo è evidente.
Regge invece, almeno in parte, l’area dei servizi professionali, cresciuta a livello nazionale di 2.795 imprese. Ma non basta: la perdita di imprese agricole, artigiane e manifatturiere lascia un vuoto profondo. La Camera di Commercio lancia un messaggio chiaro: senza interventi mirati, la marginalizzazione rischia di diventare cronica.
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