Assicurazioni su terreni, fabbricati e macchinari contro i rischi catastrofali. L’Ivass: “Approccio universalistico e mutualistico”.
Un iter complicato, una naturale avversione delle imprese che l’hanno spesso percepita come una forma di patrimoniale mascherata in un momento di grande incertezza geopolitica. Le divisioni tra le forze di maggioranza e opposizione durante la lunga gestazione parlamentare che si è protratta fino all’ultimo giorno utile. Ognuna con le sue constituency di riferimento. Quelle storicamente più vicine al popolo delle partite Iva hanno provato a frenare l’obbligo della stipula di polizze contro le calamità naturali, e hanno ottenuto l’ultima proroga.
Tuttavia, c’è da considerare il conto pesante per le casse dello Stato ogni volta che c’è da intervenire in caso di catastrofe in un paese sotto-assicurato come il nostro. Ma tra alcuni mesi l’Italia dovrà essere pronta e anche il mercato assicurativo si dovrà adeguare. Le medie imprese hanno ottenuto uno slittamento fino al primo ottobre 2025 per assicurarsi contro le catastrofi. Per le micro-imprese, il termine è stato spostato al primo gennaio 2026. Dal primo aprile solo per le grandi imprese, ma non si terrà conto, per i prossimi 90 giorni, dell’inadempimento nell’assegnazione di contributi e agevolazioni pubbliche.
L’Italia ha un rischio sismico tra i più elevati in Europa e un alto livello di dissesto idrogeologico e certo l’emergenza climatica non agevola il quadro. Dunque, siamo sotto la lente anche per frane e alluvioni. Peccato che le coperture assicurative stipulate dalle imprese per coprirsi dai danni relativi a questi fenomeni estremi sono di gran lunga inferiori rispetto al totale delle infrastrutture esistenti. Ciò determina effetti patrimoniali pesanti per i cittadini e per lo Stato.
Finora la fiscalità generale è intervenuta ex-post sostenendo le riparazioni dei danni e i ristori per chi veniva colpito. Con polemiche ricorrenti perché vengono spesso giudicate tardive e insufficienti.
Il ridotto numero di polizze si deve in parte a scelte di natura culturale. Pochi imprenditori ritengono utile coprirsi. D’altronde l’Italia per tanti anni è stata priva di uno schema regolamentato per la gestione delle calamità naturali che prevedesse una mutualizzazione del rischio con la partecipazione congiunta del settore assicurativo e dello Stato come soggetto pubblico. Dopo anni di vacatio, dal primo luglio diventerà dunque obbligatorio per le imprese stipulare una polizza per assicurare terreni, fabbricati e macchinari.
Le uniche imprese per le quali l’obbligo è stato posticipato al 31 dicembre sono quelle della pesca e dell’acquacoltura. Per la copertura dei danni fino a 30 milioni di euro, le polizze assicurative possono prevedere uno scoperto, che rimane a carico dell’assicurato, pari al 15% massimo. Mentre per importi assicurati superiori ai 30 milioni di euro o nel caso di grandi imprese la percentuale di danno a carico dell’assicurato è negoziabile tra le parti, fermo restando l’obbligo di copertura assicurativa.
Le polizze prevedono limiti di indennizzo a seconda della somma assicurata. Fino a 1 milione di euro la copertura è totale. Per la fascia da 1 milione a 30 milioni di euro il limite di indennizzo non può essere inferiore al 70% della somma assicurata. Oltre 30 milioni di euro la determinazione di massimali o limiti di indennizzo è rimessa alla negoziazione tra le parti.
La normativa prevede che si tenga conto di questo obbligo anche nell’assegnazione di contributi. Questo significa che le aziende che non stipulano l’assicurazione contro le calamità naturali vengono escluse da agevolazioni e contributi pubblici. Devono essere assicurate “le immobilizzazioni a qualsiasi titolo impiegati per l’esercizio dell’attività di impresa”. Dunque, terreni, fabbricati, impianti e macchinari, attrezzature industriali e commerciali.
Per i fabbricati il decreto precisa che devono essere assicurati anche tutte le opere murarie e di finitura, compresi fissi e infissi, opere di fondazione o interrate, impianti idrici ed igienici, impianti elettrici fissi, impianti di riscaldamento, impianti di condizionamento d’aria, impianti di segnalazione e comunicazione, ascensori, montacarichi, scale mobili, altri impianti o installazioni di pertinenza del fabbricato compresi cancelli, recinzioni, fognature.
Non ci sono sanzioni dirette in caso di inadempienza, ma di fatto non ci si può sottrarre perché le imprese rischiano di perdere gli indennizzi in caso di eventi avversi.
La mancanza di una copertura assicurativa potrebbe avere conseguenze gravi sulla vita dell’impresa, perché le banche potrebbero giudicare l’esposizione rischiosa e non erogare credito. “Il nuovo corso italiano sui rischi catastrofali delinea un approccio universalistico e mutualistico, in grado di ammodernare il sistema nazionale di gestione dei rischi fisici e di resilienza, intesa come capacità di assorbire e superare situazioni di shock. Pone le premesse per ridurre la sotto-assicurazione nel settore danni”, dice Stefano De Polis, segretario generale dell’Ivass, l’authority di vigilanza sul settore assicurativo.
“Solo un’ampia diffusione della copertura tra le imprese potrà contenere i prezzi. L’obiettivo di garantire le risorse finanziarie necessarie per una rapida ripresa dell’attività produttiva dopo una calamità richiede che le coperture siano adeguate e proporzionate ai rischi effettivi delle aziende e che i tempi di erogazione degli indennizzi siano certi e celeri. Su questo – dice De Polis – sarà utile fare tesoro e valorizzare l’esperienza della gestione degli eventi dell’estate 2023 che hanno messo in evidenza colli di bottiglia nelle fasi di accertamento e liquidazione dei danni”.
L’articolo originale è stato pubblicato sul numero di Fortune Italia dell’aprile 2025 (numero 3, anno 8)
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