Cosa c’è da sapere sull’Offerta pubblica di scambio. Tra rispetto delle norme, parità di trattamento, correttezza e trasparenza nei rapporti
Quando a novembre Unicredit lanciò l’Ops, il ministro Matteo Salvini chiese al governo di sottoporla ai poteri pubblici normati dal Golden power, fin qui usati nell’acquisto da soggetti esteri di attività italiane. Per Salvini Unicredit, detenendo il 9 per cento della tedesca Commerzbank sarebbe una banca tedesca. Ora Unicredit comunica che il governo ha posto alcuni paletti, in realtà seri ostacoli all’Ops; della decisione però non sono noti i termini, solo se ne può leggere il sunto di Unicredit.
Onde la prima obiezione: mancando, per motivi ignoti, comunicazioni ufficiali, non si sa in base a quali premesse il governo ritenga applicabile il Gp. È certo singolare utilizzarlo nell’acquisto di banche italiane da banche italiane. Il governo ha invece appena comunicato di aver autorizzato, senza condizioni, le Ops di Bper sulla Popolare di Sondrio, di Mps su Mediobanca e di Bpm su Anima, gestore di fondi comuni.
A Unicredit ne sono state invece imposte di pesanti, in un caso non dipendenti dalla sua volontà; per autorizzare l’Ops su Bpm il governo le impone di cedere entro nove mesi le attività russe. Qual è, anzitutto, la relazione fra queste e l’Ops su Bpm? Per Unicredit il termine è troppo breve, ma soprattutto serve il consenso dell’illuminato leader sovietico. Che poi il tutto finisca in mano a qualche amico oligarca di buon comando è un dettaglio secondario.
Unicredit dovrà mantenere immutati per cinque anni in Bpm – di cui forse si vuole impedire la fusione in Unicredit – l’attuale rapporto tra depositi e prestiti, la rete di filiali lombarde, gli investimenti di Anima in titoli italiani; dovrà anche mantenere ferme sedi e governance nella possibile integrazione con Commerzbank. Sarebbe arduo osservare tali vincoli, che costituiscono interferenze nella gestione di cui non si ravvisa il fondamento logico e giuridico; né si vede perché obblighi analoghi non si siano imposti, ad esempio, a Bper per l’Ops su Sondrio, o a Mps per il credito al consumo di Mediobanca.
Quanto ad Anima, controllata da Bpm, deve solo gestire i denari degli investitori nell’interesse loro, non dei traballanti equilibri della coalizione, cui potrebbe in futuro anche addebitare risultati di gestione insoddisfacenti. Il governo calpesta, con sbracata improntitudine, ogni prassi di mercato; non capisce forse quali danni farà al finanziamento delle imprese, che qualche apprendista stregone crede di facilitare.
L’obbligo sulla possibile integrazione di Commerzbank somiglia infine a una poison pill a rovescio; ostacola il possibile sviluppo all’estero di una grande banca italiana, rea di non avere abbastanza coltivato i rapporti col potere romano. Un autogol per la nazione, sempre invocata da Giorgia Meloni, che farà felici i sodali tedeschi suoi e di Salvini.
Il capo di Bpm Giuseppe Castagna ha un tratto popolare e una bonomia di cui difetta il ricchissimo e cosmopolita capo di Unicredit, Andrea Orcel, ma ciò non giustifica le aspre condizioni e le palesi diversità di trattamento imposte al secondo; esse tradiscono l’ostilità del governo verso chi è reo di bloccare sul nascere il progetto del terzo polo bancario che si vorrebbe costruire sulla partecipazione acquisita da Bpm in Mps.
Quando poi l’Ops di Unicredit ha cambiato le carte è nata quella di Mps su Mediobanca, per fare su altre basi il terzo polo, cui serve il consenso del governo che invece dovrebbe uscire da Mps. Roma doveva incassare 20 miliardi dalle privatizzazioni ma, tramontata quella di Poste Italiane (ne ha scritto qui Alessandro Penati) ora rilancia su Mps.
Unicredit potrebbe sfidare il governo in tribunale ma vorrà evitarlo. Il negoziato che ora s’apre darà altri colpi alla trasparenza. Unicredit ha quasi il 6% di Generali, reale obiettivo dell’Ops di Mps su Mediobanca; il governo chiederà se andrà in assemblea, e se sì, come voterà? Giochi ognuno la partita secondo le regole. Il mercato non avrà sempre ragione, ma qui, nonostante Trump, il rispetto delle norme, la parità di trattamento, la correttezza e la trasparenza nei rapporti sono ancora d’obbligo.
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