“Dati peggiori della media nazionale, no a nuovi centri commerciali”


Lavorare per avere investimenti dal pubblico su fiscalità, sull’accesso al credito, sulle regole della concorrenza con il commercio elettronico, e su strumenti innovativi come i distretti urbani del commercio per rigenerare il tessuto commerciale abruzzese. A dirlo Mauro Bussoni, segretario generale di Confesercenti, aprendo i lavori del meeting dell’associazione  nell’ambito del Meeting sulla bilateralità organizzato a Città Sant’Angelo Marina, nello spazio Rosarubra Zen, dall’Ente bilaterale del terziario e del turismo promosso dalla stessa Confesercenti e da Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl e Uiltucs-Uil. Bussoni, nella tavola rotonda con l’assessore Tiziana Magnacca e i vertici locali dell’associazione rappresentanti dal presidente Daniele Erasmi e dal direttore Lido Legnini, ha illustrato i dati del rapporto predisposto per l’occasione da Confesercenti.

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Sul fronte dei dati, nel quinquennio 2019–2024, secondo Confesercenti, in Abruzzo sono scomparse 3.092 imprese, pari a un calo dell’11,2%, un dato peggiore della media nazionale (-10,1%). La riduzione ha colpito in modo più marcato le donne imprenditrici (-13,05%) e gli imprenditori italiani (-11,3%), ma ha coinvolto anche quelli stranieri (-10,6%). In questo scenario complessivamente negativo, alcune comunità straniere – in particolare quelle di origine albanese e pakistana – hanno fatto registrare una lieve crescita del numero di imprenditori attivi.

Il tessuto imprenditoriale regionale è sempre più anziano: l’età media degli imprenditori abruzzesi è aumentata di oltre due anni, passando da 49,97 nel 2019 a 52,02 nel 2024. Un andamento che riflette il progressivo invecchiamento demografico anche a livello nazionale. In parallelo, la popolazione residente è scesa da 1.300.645 a 1.269.571 persone, con una perdita di oltre 31.000 abitanti. Tra il 2014 e il 2024, la regione ha perso complessivamente il 5% dei residenti, una flessione superiore a quella media nazionale (-3%).

Dati camerali mostrano come in Abruzzo la crisi abbia colpito in modo disomogeneo le varie categorie merceologiche. Alcuni settori hanno registrato crescite, come: elettrodomestici: +25% (da 32 a 40 esercizi); prodotti del tabacco: +13% (da 831 a 939), pescherie: +4,4%, distribuzione carburanti: +4,3; librerie: +2,8%. Tuttavia, la maggior parte delle categorie registra contrazioni anche molto forti: alimentari non specializzati: -39,2%; giornali e cartolibrerie: -27,3%; esercizi ambulanti: -20,3%; minimarket: -19,1%; mobili e prodotti per la casa: -18,4%; cosmetici e profumerie: -16,3%; ferramenta: -15,8%; abbigliamento e calzature: -15,3%; fiori e piante: -15,0%; ortofrutta: -15,0%; macellerie: -13,4%; pane e dolciumi: -11,2%

La desertificazione commerciale è oggi una delle sfide più gravi per i territori italiani. La riduzione della rete di prossimità ha colpito in modo sistemico, svuotando interi paesi di servizi essenziali. Tra il 2014 e il 2024, oltre 26 milioni di italiani hanno visto sparire definitivamente dal proprio comune una o più attività di base: alimentari, bar, edicole, distributori. Questo svuotamento fisico ha coinciso con l’esplosione dell’e-commerce. In Italia, nel 2024, si sono registrate circa 978 milioni di consegne di pacchi, 600 milioni in più rispetto al 2016. Solo in Abruzzo, si stima che le consegne abbiano superato i 21 milioni. Il 2024 si è rivelato un anno particolarmente critico per il commercio. A fronte di 23 mila aperture in Italia, si sono registrate 62 mila chiusure: un rapporto di 1 a 3, il peggiore degli ultimi dieci anni. Anche il tasso di natalità imprenditoriale si è drasticamente ridotto: si è passati da 118 nuove imprese al giorno nel 2014 a 63 nel 2024. Mantenendo questo ritmo, si rischia la totale assenza di nuove aperture entro il 2034. In Abruzzo, la dinamica è ancora più allarmante: nel 2024 si sono registrate solo 488 aperture di imprese commerciali, a fronte di 1.155 chiusure. Significa 1,3 aperture al giorno contro 3,2 chiusure.

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A pesare sul futuro delle piccole attività di paese c’è anche il contesto geopolitico ed economico. Secondo l’osservatorio Efbs, l’introduzione di nuovi dazi rischia di avere ricadute dirette proprio sulle microimprese: si stima che il 32% delle attività commerciali di prossimità nei piccoli comuni rischi la chiusura a causa dell’aumento dei costi legati alle importazioni. Erasmi ha dichiarato:

“La chiusura delle attività economiche comporta una perdita di occupazione reale, ma ha conseguenze sull’intera vivibilità del territorio. La chiusura dei servizi di prossimità è quasi sempre il preavviso di chiusura di molti servizi pubblici e di pubblica utilità  partire dagli sportelli bancari e postali e dagli stessi bancomat, fino a servizi periferici della sanità territoriale e, non da ultimo, delle istituzioni scolastiche. La qualità della vita dei comuni viene drasticamente ridimensionata. La desertificazione commerciale e la conseguente scomparsa di molti servizi inizia a coinvolgere anche i centri di medie dimensioni e interi quartieri delle città più importanti.”

Legnini ha aggiunto:

“Sul fronte del commercio l’Abruzzo vive una condizione più critica rispetto alla media nazionale, ma gli strumenti sono alla portata della Regione Abruzzo e delle amministrazioni locali. Innanzitutto fornendo agli imprenditori gli strumenti conoscitivi del mercato digitale, esploso in pochi anni: i titolari e gli addetti hanno l’esigenza di una formazione di massa per conoscere meglio il mondo del web e individuare le potenziali strategie per trovarne beneficio. Basti pensare alla capacità rivoluzionaria dell’Intelligenza artificiale e del suo utilizzo. Le risorse per questa operazione formativa ci sono grazie ai Fondi strutturali, che vanno utilizzati per sostenere innovazione e formazione anche nel settore del retail, al pari di altri grandi comparti economici.

Confesercenti propone di aggiornare il modello dei centri commerciali naturali, troppo a lungo dimenticati dalla Regione Abruzzo, per investire sui Distretti urbani del commercio, sul modello vincente di città e centri minori che, alle prese con le medesime sfide dell’Abruzzo, sono riusciti a dare nuove opportunità al retail e incrementare la qualità della vita di quartieri e centri storici: se la Regione manifesta la volontà concreta di ascoltare, l’associazione è pronta a fornire proposte, buone prassi, suggerimenti e consigli operativi.

Occorre, però, fermare il tentativo ormai ciclico di trasformare le aree industriali in centri commerciali, operazione che va immediatamente archiviata perché provocatoria nei confronti delle imprese, e inutile sul piano economico come dimostrato dai dati indicati in questo documento: l’Abruzzo non ha bisogno di operazioni che agevolino l’uscita dal mercato di migliaia di micro, piccole e medie imprese del commercio, operazioni che vedrebbero sorridere solo i soggetti interessati alle grandi operazioni immobiliari. E va ribadita la moratoria alla grande distribuzione organizzata che scade a fine 2025.

I centri storici non hanno bisogno di nuovi iper: hanno bisogno piuttosto di politiche di sostegno a chi investe e ristruttura i locali commerciali, hanno bisogno di politiche di rigenerazione dei mercati scoperti e dei mercati coperti, hanno bisogno di sinergia fra enti pubblici e soggetti privati per non trasformare le vie delle città in garage senza servizi, hanno bisogno di una fiscalità di vantaggio per chi opera nelle aree più difficili.”

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